il Fatto Quotidiano, 21 agosto 2024
Gli studenti disabili hanno assistenza solo se i Comuni hanno i soldi
È inquietante veder stabilire da un tribunale, anzi dal principale tribunale amministrativo, che i diritti di uno studente disabile sono subordinati alle compatibilità di bilancio del Comune in cui è residente. Eppure è quello che è successo con la decisione 7989 con cui la terza sezione del Consiglio di Stato, pubblicata il 12 agosto, ha respinto l’appello di due genitori che s’erano già visti dare torto dal Tar dell’Emilia Romagna: il loro Comune aveva ridotto da 13 a 7 le ore di assistenza per l’autonomia del figlio per “esigenze finanziarie”.Va chiarita, per capire la vicenda, la differenza tra le ore di sostegno e quelle chiamate oggi in causa. Le prime sono garantite e assegnate dall’amministrazione scolastica: sulla base del Pei (Piano educativo individualizzato) il dirigente scolastico invia all’ufficio scolastico regionale la richiesta complessiva di posti di sostegno in modo che possano essere assegnate le risorse nell’ambito di quelle riservate all’organico dell’autonomia e in tempo utile per l’ordinario avvio dell’anno.Le ore di assistenza per l’autonomia in genere vanno a completare le prime e sono sempre definite dal Pei: vengono però svolte da educatori individuati e, quel che qui rileva, pagati dai Comuni. Altra informazione necessaria: il Piano educativo è redatto dal cosiddetto Glo, gruppo di lavoro operativo per l’inclusione, composto dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe, dai genitori del bambino e dalle figure professionali specifiche, interne ed esterne alla scuola.E qui torniamo alla nostra storia, che si è svolta nel 2022. Il Tar dell’Emilia Romagna l’anno scorso aveva respinto il ricorso dei genitori sostenendo che le ore di assistenza educativa previste per il figlio “rispetto a quelle di sostegno non sarebbero affatto vincolanti per gli enti locali”: la settimana scorsa il Consiglio di Stato ha – in buona sostanza – confermato quella decisione. A detta dei giudici amministrativi, infatti, “il Piano educativo individualizzato si limita a formulare motivate proposte e non già determinazioni conclusive. Conseguentemente, residua in capo all’amministrazione comunale un irriducibile margine di apprezzamento discrezionale da esercitarsi con prudente equilibrio a mente del rango fondamentale dei diritti sottesi alle misure di inclusione scolastica: le concrete modalità di conformazione della prestazione risentono, da un lato, del limite complessivo delle risorse disponibili (corsivo nostro, ndr) e, dall’altro, delle specifiche modalità attuative nonché degli standard qualitativi previsti dal menzionato Accordo in sede di Conferenza unificata”.Parole che hanno lasciato sbigottita la Fish, Federazione italiana per il superamento dell’handicap, che ha definito la sentenza “un duro colpo per i diritti degli studenti con disabilità”, peraltro in contrasto aperto con la giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale e con lo stesso Consiglio di Stato, che nel 2017 riconosceva l’autorità esclusiva del Glo nella determinazione del Pei. “Di fronte a queste gravi incongruenze auspichiamo – spiega il presidente della Fish Vincenzo Falabella – che venga convocata al più presto un’adunanza generale del Consiglio di Stato affinché sia adottato un orientamento coerente e rispettoso dei diritti degli studenti con disabilità, che non possono e non devono essere soggetti a interpretazioni riduttive o condizionamenti di natura economica”.Una speranza che arriva anche da Adriana Bizzari, responsabile scuola di Cittadinanza Attiva: “Siamo di fronte a un salto indietro rispetto ai piccoli ma incoraggianti risultati raggiunti in questi anni ovvero l’aumento delle certificazioni e la diminuzione delle barriere architettoniche. Confidiamo nel fatto che a sezioni congiunte si possa esprimere un parere diverso”.Sul piede di guerra anche Antonio Affinita, direttore generale del Movimento italiano genitori: “Ancora una volta a rimetterci, oltre ai ragazzi, sono le famiglie già notevolmente compromesse fiscalmente da un sistema che di certo non le supporta e non agevola il loro ruolo educativo nei confronti dei figli. Queste sentenze gravano sempre su noi: basti pensare che l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, legittimo diritto di qualsiasi essere umano, viene menzionata come elemento attuabile a seconda della disponibilità di fondi degli enti locali. Le normative, soprattutto relative a un tema così delicato, dovrebbero andare nella direzione opposta, ovvero verso l’abbattimento di qualsiasi disparità sociale”.Perplessità condivise dai “Genitori democratici” che hanno letto attoniti la sentenza: “Subordinare ai vincoli di bilancio – dice Laura Trocchia al Fatto – l’insieme complessivo delle misure richieste significa di fatto condizionare ogni prestazione alla valutazione discrezionale dell’amministrazione comunale, sacrificando non soltanto il diritto allo studio degli studenti con disabilità, ma anche quello ad una piena inclusione sociale, irrimediabilmente compromessi da decisioni che di anno in anno possono mettere in discussione l’efficacia e la stabilità del loro percorso di vita senza essere sorrette da valutazioni di natura sanitaria o specialistica, ma soltanto da ragioni economiche”.