Corriere della Sera, 20 agosto 2024
La siesta fa bene
Alla fine il riposino la vince sui pregiudizi. Sbaglia chi lo disprezza, declassandolo fra le abitudini per gente del Sud, collegandolo alla trita immagine del messicano che sonnecchia sotto il sombrero. Adesso, dopo anni di controversie, la comunità scientifica certifica l’utilità e i benefici di quei venti-trenta minuti trascorsi in posizione orizzontale, in balìa del sonnellino pomeridiano.
Rigenerante ed efficace «dal punto di vista cognitivo, produttivo e fonte di benessere psicologico oltreché di energia» lo promuove fra i corretti stili di vita Oliviero Bruni, professore di Neurologia e Psichiatria infantile presso il dipartimento di Psicologia dello sviluppo e sociale all’Università la Sapienza di Roma.
Bruni elenca una serie di lavori pubblicati da autorevoli riviste internazionali in base ai quali poterlo riscattare una volta per tutte dai luoghi comuni. Del genere: dormire dopo pranzo è da scansafatiche, una perdita di tempo, fa rimbambire, eccetera.
Peccato che, man mano che aumentano i pro, il rito del sonnellino sia sempre meno praticato anche fra le popolazioni meridionali. Uno studio condotto in Spagna nel 2017 ha scoperto che il 60% degli intervistati saltavano il dolce appuntamento e chi continuava a mantenerlo riusciva a non saltarlo solo nei giorni liberi. Stessa tendenza in Francia e Italia, secondo la Bbc.
Alla riabilitazione del nap del dopo pranzo ha contribuito di recente anche il settimanale The Economist che gli ha dedicato un servizio di primo piano. Concludendo che la siesta non andrebbe liquidata come una tradizione dell’Europa meridionale, ma andrebbe adottata in ogni latitudine come momento prezioso per ricaricare le pile.
In appena 13 minuti, ricorda Bruni, il pisolino aumenta la produttività sul lavoro del 2-3%, rafforza le capacità di attenzione (+ 0,17%) e fa crescere l’indice di benessere mentale. Ci sono vantaggi anche dal punto di vista della pazienza. Nell’ambito del ritmo circadiano (il meccanismo che determina l’alternarsi di sonno e veglia) il riposo pomeridiano occupa uno spazio ben preciso perché coincide con il naturale calo dell’attenzione di metà giornata, anche nel caso non si consumi un vero e proprio pasto.
Restano però dei dubbi non ancora chiariti dagli specialisti. Innanzitutto, quanto deve durare la pausa? Bruni indica una durata di 20-30 minuti. Gli abitudinari che si tengono su questa lunghezza temporale, gli snapers, hanno il 21% di probabilità in meno di sviluppare pressione alta. Al contrario, quelli che indugiano per oltre mezz’ora su letto o divano tendono a ingrassare e a sconfinare nell’obesità.
E se limitiamo il sonnellino a 5-15 minuti? «Male non fa – secondo Bruni – però i benefici sono limitati nel tempo e svaniscono nel giro di 1-3 ore», mentre eccedere nella misura può creare una sorta di rimbambimento. La fonte di tutte queste informazioni è una revisione sistematica di diversi studi pubblicata su Sleep Medicine Reviews a ottobre del 2022.
Un capitolo a parte sono i bambini. Metterli a dormire dopo mangiato è comunque un bene per loro prima di tutto e in secondo luogo per i genitori che si possono concedere una pausa. Si è visto che la nanna pomeridiana aiuta il consolidamento della memoria e facilita l’apprendimento e la parola. I piccoli, se riposati, recepiscono più in fretta i suoni e più velocemente li riproducono.
Poi ci sono gli atleti. E qui nascono le incertezze sulla durata ottimale. Per alcuni ci si deve mantenere sui canonici 20-30 minuti, per altri è meglio si prolunghi tra 35 e 90 minuti. Per quanto riguarda il momento giusto in cui collocare il riposino, non c’è una regola. Tutti i momenti del pomeriggio vanno bene, anche le 5 se gli impegni non permettono di rispettare l’orario post prandiale.