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 2024  agosto 20 Martedì calendario

Tregua, lo scatto di Blinken «Ho l’ok di Netanyahu, ora tocca solo ad Hamas»


GERUSALEMME Come sempre nei negoziati difficili, dove le posizioni delle controparti restano distanti, la diplomazia sceglie la via delle formule ambigue e delle soluzioni graduali, rinviate nel tempo. Questo è avvenuto ieri durante la nona tornata di colloqui a Gerusalemme dal 7 ottobre tra il segretario di Stato americano Antony Blinken e i dirigenti israeliani. I media locali riportano che, dopo tre ore di incontro con Benjamin Netanyahu e il suo staff, quest’ultimo ha infine detto a Blinken di «approvare la nuova proposta di mediazione americana per la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas in cambio del cessate il fuoco a Gaza». Blinken alla conferenza stampa congiunta è stato chiaro. «I nostri incontri sono stati molto costruttivi. Israele sostiene le nostre proposte-ponte. Adesso è arrivato il momento che Hamas faccia lo stesso», ha detto sorridendo a Netanyahu.
Prima di esaminare che significato abbia tutto ciò, occorre capire cosa emerge di nuovo. In primo luogo, dopo le numerose frizioni e incomprensioni tra Washington e Gerusalemme negli ultimi mesi, appare evidente che i due alleati cerchino di fare fronte comune. Agli israeliani conviene in ogni caso. L’amministrazione Biden, invece, sembra ormai sempre più condizionata dalla campagna elettorale interna in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Il voto ebraico resta importante, anche a costo di pregiudicare il proprio ruolo di mediatore. E infatti gli esponenti di Hamas hanno subito criticato la svolta. In un comunicato reso noto già domenica sera, il movimento islamico palestinese ha accusato Israele di cambiare le carte in tavola «imponendo nuove domande e condizioni per prolungare la guerra a Gaza» e imputato a Washington di essersi allineata alle posizioni israeliane. Da qui la seconda considerazione, per cui la nuova luna di miele tra Netanyahu e Blinken non è affatto foriera di accordo. Se ne riparlerà nei prossimi giorni con i mediatori egiziani al Cairo e a Doha con i qatarioti. La navetta di Blinken procede ad oltranza: a Washington si continua a sperare in un cessate il fuoco entro la fine di questa settimana. Che poi ciò sia possibile resta ancora tutto da verificare.
Ma il punto più caldo, che era già stato trattato nei negoziati di Doha giovedì e venerdì scorsi e verrà affrontato nei prossimi giorni. Riguarda la condizione israeliana di mantenere i suoi soldati nel Corridoio Philadelphia, lungo il confine tra Gaza e il Sinai egiziano. A ciò, si aggiunge la richiesta di operare nel corridoio di Netzarim, che separa il Nord di Gaza dal Sud. La formula di compromesso mira a una presenza militare israeliana limitata, che potrebbe diminuire nel tempo nelle due aree a seconda delle circostanze. In buona sostanza: Israele si riserva il diritto di potere colpire in ogni momento e non intende affatto abbandonare del tutto il territorio di Gaza, come invece Hamas continua a chiedere.
Il nodo
Gli israeliani vogliono mantenere soldati nel Corridoio Philadelphia, al confine Gaza-Egitto
Ma il processo diplomatico resta complicato anche dal proseguire delle violenze sul campo. Hamas rinforza le sue colonne in Cisgiordania e annuncia la ripresa degli attentati terroristici in Israele. Pare che un suo militante kamikaze abbia provato a compiere un attacco l’altra sera a Tel Aviv e sia rimasto ucciso per un suo stesso errore. I militari denunciano il crescere delle cellule armate islamiche in Cisgiordania. Il quotidiano Yediot Ahronoth riporta di 15 battaglioni costituiti sul modello di quelli che operavano a Gaza. Nuovi civili palestinesi sono intanto morti sotto i bombardamenti a Gaza, forse una quarantina, dove è deceduto anche un soldato israeliano.
I comandi dello Stato ebraico intanto riducono lo stato di allerta a fronte di un possibile attacco missilistico iraniano, ma resta alta la tensione al confine col Libano, dove la milizia sciita di Hezbollah annuncia la morte di due suoi combattenti.