La Stampa, 19 agosto 2024
Ecco il "piano del generale" Opa sovranista e addio vecchia Lega
Sembra tutto così scritto. Un generale, un libro fondativo di un movimento, tesi forti, scandalose, il salto in politica, un partito preso a prestito e infine l’approdo al culto personale. Sembra tutto così già visto. Un gruppo di reduci, veterani, che neanche troppo velatamente evocano il modello di piazza San Sepolcro dove nacquero i Fasci di combattimento, sulle parole d’ordine dell’uomo forte Benito Mussolini. Lì, ieri, erano soldati scampati alla Prima guerra mondiale, spezzati dalle trincee, rabbiosi per le mutilazioni e il senso di abbandono. Qui, oggi, sono di nuovo soldati, incursori, paracadutisti a riposo, che cercano rivalsa e accusano il proprio esercito e il proprio Stato di averli lasciati esposti agli effetti dell’uranio impoverito, la battaglia su cui ha lentamente costruito il proprio mito Roberto Vannacci.
La nascita del partito del generale segue un disegno preciso, che La Stampa è in grado di ricostruire con fonti dirette e dichiarazioni ufficiali. C’è un piano, un percorso, un obiettivo, protagonisti, punti fermi, e diverse variabili che i collaboratori di Vannaci non vogliono sottovalutare. Il movimento prende forma e coraggio, guardando già alla prossima tappa che sono i congressi regionali e poi il congresso federale della Lega, il partito guidato e dominato da Matteo Salvini nelle cui fila Vannacci è stato eletto eurodeputato da indipendente, ma dentro il quale in pochi scommettono resterà a lungo.
Ieri, su questo giornale, annunciando la nascita del movimento politico, il tenente colonnello Fabio Filomeni ha detto chiaramente che «al momento non c’è alcun rapporto» tra la Lega e “Il mondo al contrario”, l’organizzazione ispirata dal libro del generale. Il passaggio chiave della risposta è l’indicazione temporale – «al momento» – che dà l’idea di una cautela e di un lavoro di attesa paziente. La stessa espressione viene utilizzata dal braccio destro di Vannacci poco prima, quando tiene a precisare che il militare, che è stato suo superiore in divisa in tanti teatri di guerra, «al momento non è il nostro capo». A spiegarci meglio quale siano le intenzioni e l’orizzonte che si sono dati il generale e i suoi uomini è Marco Belviso. Giornalista, fondatore di due testate attive in Friuli Venezia Giulia – Il perbenista e Il Corsaro della Sera – che danno grande spazio a autori sovranisti, di destra e di sinistra, Belviso è il coordinatore per il Nord Est de “Il mondo al contrario”. «Abbiamo diviso l’Italia in sei aree, corrispondenti alle circoscrizioni per le Europee. Ognuno ha il proprio coordinatore territoriale». Contemporaneamente sono nati altri comitati. Uno di questi è “Noi con Vannacci”, plasmato sui comitati che cinque anni fa, sul modello degli Amici di Beppe Grillo, hanno fatto crescere il consenso nazionale di Salvini. È stato fondato dall’ex senatore leghista Umberto Fusco, anche lui un militare, e a settembre sarà battezzato a Viterbo con una festa in onore dell’ex capo della Folgore.
Ci sarà anche il gruppo di Filomeni, perché, la causa è comune e il partito del futuro avrà spazio per tutti. Creato come affiliazione locale, è spuntato pure “Gli amici del Nord Est X Vannacci” (anche questo esplicitamente ispirato ai primi esperimenti grillini) con nel simbolo l’evidente e spregiudicato richiamo alla Decima Mas. Di nuovo, l’animatore è Belviso.
La campagna del Nord Est è quella considerata cruciale da Vannacci e dai suoi incursori. Da lì passa la vittoria per l’egemonia sui sovranisti. «Quasi tutto dipenderà dai congressi della Lega» spiega Belviso: «Se, come prevedibile, vince la linea di Salvini, noi scommettiamo sulla rottura con la vecchia guardia, quella più legata al sogno federalista di Umberto Bossi, quella dei governatori del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga». Vannacci farà da spettatore interessato a una scissione. Da mesi, nel Nord Est i leghisti fedeli a Zaia e a Fedriga sono ferocemente impegnati a contrastare il generale, criticando la scelta che ne ha fatto il segretario: «Per Salvini candidarlo è stata una mossa della disperazione. Non poteva fare altro. Senza Vannacci, senza i suoi 500 mila voti, ora la sua Lega è data al 6%. Se si spacca e c’è una scissione, può crollare al 3-4%».
A quel punto potrebbe partire l’opa del militare. «È il nostro asso pigliatutto. Ma più che prendersi la Lega lo immagino come leader di un polo, un cartello con Salvini. Non credo che quest’ultimo molli la segreteria». Sono i Patrioti italiani, l’"Europa sovrana” che è il nome temporaneo immaginato per il futuro partito (anche se non convince tutti). In quest’ottica «la polarizzazione con Zaia, che è diventato il paladino dei diritti Lgbt e dei nuovi italiani ci aiuta», perché sposta verso Vannacci chi ne sposa le tesi che solleticano omofobia e xenofobia.
Quando la popolarità e il consenso saranno a buon livello, solo a quel punto, Vannacci vestirà i panni del capo. «È una calcolatore e uno stratega» ci racconta una fonte dell’Esercito che lo conosce bene e che per ragioni di divisa non può parlare contro un eurodeputato. Il ministero della Difesa è un osservatore inquieto di questo fenomeno che a qualcuno ricorda la comicità di Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli, mentre ad altri rievoca il tintinnar di sciabole del “piano Solo”. Lo scontro con il ministro Guido Crosetto ha contribuito a far crescere il mito anti-sistema di Vannacci. Ieri è stata letta con attenzione dai vertici politici e militari della Difesa quella battuta di Filomeni: «Tranquilli non stiamo preparando un golpe». E altre due fonti hanno esposto a La Stampa dubbi e timori sui potenziali pericoli dell’operazione Vannacci. Che – ci spiegano – è organizzata da ex ufficiali e ex militari di grado, ma risulta molto attrattiva per tanti sottufficiali in carriera.
Due sono i motivi. Primo, le critiche alla Nato e le richieste pressanti di rafforzare la difesa nazionale ed europea, autonoma dagli Usa, aumentando il budget e gli armamenti. Secondo, l’uranio impoverito. Per fine settembre Filomeni e Belviso hanno organizzato un convegno a Udine: «Ci sarà l’ex ministra Elisabetta Trenta, scienziati e il colonnello Carlo Calcagni, che più volte ha chiesto, inascoltato, un intervento di Crosetto. Abbiamo invitato anche Giorgia Meloni e il presidente Sergio Mattarella». Una provocazione, perché Filomeni accusa il Capo dello Stato di aver nascosto, quando era ministro della Difesa, l’uso dei proiettili all’uranio impoverito a Sarajevo, anche se gli atti parlamentari riportano come fu proprio Mattarella a volere la Commissione d’inchiesta Mandelli che indagò su quei fatti, risalenti alla guerra in Jugoslavia. «Dodici mila ammalati e seicento morti non sono pochi – conclude Belviso – La battaglia per la verità sull’uranio ha dato un’immagine di eroismo e nobiltà a Vannacci. Il suo progetto piace ai militari perché tra di loro c’è grande cameratismo. Sono uomini che si fidano ciecamente perché si sono coperti le spalle a vicenda e hanno condiviso la tenda». —