il Fatto Quotidiano, 19 agosto 2024
La formidabile vita del signor Mitra, cioè di Uzi Cairo, oggi il signor melograno di Puglia ieri carrista nell’esercito israeliano
La formidabile vita del signor Mitra, cioè di Uzi Cairo, oggi il signor melograno di Puglia ieri carrista nell’esercito israeliano.
«Nasco nell’anno in cui Israele mette sul mercato l’Uzi, il mitra riconosciuto da tutti come prova eccellente della tecnologia militare israeliana»
Perciò Uzi, la chiamano come il mitra.
«Mia sorella lo propone a mia madre, che accetta. Uzi sembra un buon nome, una buona idea».
Oggi ha 74 anni. Quaranta anni fa lascia nella sua terra, Israele, la famiglia, sua moglie e i bambini. Lascia anche il suo occhio sinistro, reciso da una granata nella guerra del Kippur che combatte come carrista.
«I miei cinque compagni muoiono, io trascorro 56 giorni in rianimazione. Mi convinco che la guerra a Tel Aviv è divenuta compagna di vita, quasi un’incombenza quotidiana. Domando: israeliani e palestinesi saprebbero vivere senza una guerra, accetterebbero la pace? Dico di no».
E allora che fa?
«Decido di visitare la terra di mio padre, un italiano giunto in Israele nell’epilogo disastroso della seconda guerra mondiale. Lui ha sposato una ebrea irachena e deciso di vivere in Israele».
Lei arriva a Copertino, in provincia di Lecce.
«Capisco che in agricoltura Israele è avanti di almeno 40 anni. Di là la tecnologia è al servizio della produzione. Bisogna cavare l’acqua dalla pietra e dalla sabbia? Troviamo il modo, punto».
In Italia cosa trova?
«Qui in Puglia solo ulivi e una produzione assistita, impigrita dalle provvidenze di legge».
Arriva la xylella, il terribile nemico.
«E butta giù un’intera economia, perché tutti producevano solo olio. Mentre io avevo naturalmente già provveduto a diversificare».
Perché ha pensato di produrre il melograno?
«Gusto eccellente, qualità antiossidanti fuori dal comune, mercato aperto e domanda crescente. La mia varietà di melograno, ibridata in Israele, è adesso coltivata in tutto il mondo. A oggi 4.000 ettari, il prodotto tira».
I suoi campi non hanno il problema dell’acqua.
«Certo che no! Canalizziamo l’acqua piovana, abbiamo un laghetto artificiale, 8mila metri quadrati per sette metri di profondità, sufficiente per i 45 ettari pugliesi di nostra diretta gestione. Investimento effettuato nel 2009 – altro che emergenza siccità! – con l’obiettivo di risparmiare anche energia grazie al fotovoltaico. Irrigazione a goccia, esatta previsione delle necessità. Essere previdente fa fare buoni affari, infatti oggi possiamo anche venderla».
Le contestano le coltivazioni poco identitarie con il genius loci. Le così cambia il volto del Salento.
«Coltivo ciò che il mercato richiede. La Romagna ha perso quintali di pere (varietà coscia), uccise dalla malattia. Io qui ho innestato, dopo aver fatto studiare in Israele la resistenza agli agenti patogeni, un tipo di pera, la eden, dal sapore unico, buonissimo. È un danno per il Salento che si produca anche la pera? Qual è il problema?»
Ha messo a coltura frutti esotici: l’avocado.
«Sapore specialissimo, un fiume di bontà. Domanda interna ed estera crescente».
E il mango.
«Io studio il mercato, investo, produco e poi vendo».
Qui era tutto olio.
«Poi però è stato tutto xylella, il cimitero. Bisogna diversificare, difendere la terra dalle malattie, e l’industria dai colpi della natura».
L’accusano di essere un imprenditore aggressivo.
«Non utilizzo finanziamenti pubblici, parla l’azienda che ho costruito, quel che rende, il futuro impostato, gli obiettivi raggiunti».
I colleghi italiani sono legnosi, impigriti dai bonus?
«Anch’io mi sento italiano, intendiamoci. Devo ammettere però che spesso qui l’arrendevolezza è un principio costitutivo dell’imprenditoria. In Israele ogni cosa è difficile, ma se c’è un problema si trova sempre una soluzione. Qui si abbandona la soluzione per fare del problema il principio e la fine della discussione».
L’Italia è senza acqua.
«Ecco una totale falsità. L’Italia ha l’acqua che le serve, anzi ha tanta di quell’acqua che poterebbe venderla. Basterebbe provare ad affrontare il problema (e risolverlo!)».
Uzi, il mitra nel nome.
«Solo nel nome, basta pallottole. In Israele si vive sotto pressione, è tutto più complicato rispetto a quel che si fa qui, bisogna dirlo».
Qui cosa si fa?
«Si vive con l’animo sgombro dal dolore, dai lutti perenni, dal buio di una guerra infinita».
Lei oggi è ricco.
«Io oggi sono felice».
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