la Repubblica, 19 agosto 2024
Biografia di Yoko Kamikawa
PECHINO – Il curriculum, di tutto rispetto, ce l’ha. Studi ad Harvard, già ministra della Giustizia e dal settembre scorso prima donna a capo della diplomazia nipponica da vent’anni a questa parte. Ora che Fumio Kishida ha annunciato che non si candiderà alle elezioni per la leadership del partito conservatore giapponese del mese prossimo – e dunque lascerà il proprio posto di primo ministro – all’interno della Ldp è già iniziata la sfida. Un nome circola da mesi: quello della ministra degli Esteri Yoko Kamikawa. Ce la farà – se dovesse decidere di candidarsi – a sfondare il muro di cravatte che domina i piani alti della politica nipponica? Sarà pronto il Giappone ad avere la sua prima donna premier?
Negli ultimi sondaggi se la sta cavando niente male, sempre nella top 5 dei futuri primi ministri che i giapponesi vorrebbero. Fa parte della stessa corrente di Kishida all’interno della Ldp. E l’opinione del dimissionario leader dovrà contare pur qualcosa nella scelta del suo successore. Kamikawa è rispettata anche dalle altre correnti del partito e potrebbe emergere come candidato di compromesso. Resta da vedere se riuscirà a raccogliere abbastanza appoggi. Dopo gli scandali che hanno travolto il partito negli ultimi mesi, soprattutto quello relativo ai finanziamenti, «il suo stile composto e di basso profilo potrebbe essere ciò di cui la Ldp ha bisogno», scriveva il think tank Lowy Institute. Nata a Shizuoka, 71 anni, laureata alla Facoltà delle Arti e delle Scienze dell’Università di Tokyo, un Master in Politiche pubbliche a Harvard, borsista in America dell’allora senatore Usa Max Baucus, Kamikawa è entrata in Parlamento nel 2000. È già stata ministra della Giustizia tre volte nei governi di Shinzo Abe e Yoshihide Suga (firmando, nel 2018, la condanna a morte dei 13 membri della setta Aum Shinrikyo responsabili dell’attacco al gas sarin nella metropolitana di Tokyo del ’95: mossa che le ha fatto guadagnare il rispetto dell’ala conservatrice della Ldp, ma pure la scorta a vita per lei e la sua famiglia). L’anno scorso, a settembre, dopo un rimpasto di governo, è entrata nel gabinetto di Kishida. Una battaglia in salita la sua, però, dato che solo il 12% dei deputati dell’Ldp sono donne. E secondo il Global Gender Gap Index 2023 il Giappone è al 138° posto su 146 in termini di empowerment politico femminile. Kamikawa è già stata oggetto di commenti sessisti. L’ex premier Taro Aso l’ha chiamata “obasan”, parola usata per le donne anziane che può avere una connotazione dispregiativa, apostrofandola come “non bella”. Ma ha pure fatto uno scivolone lei stessa a maggio quando parlò di “ruolo fertile delle donne”, affermazioni poi ritirate con tanto di scuse. Kamikawa se la dovrà vedere con altre figure di peso della Ldp papabili a prendere il posto del dimissionario Kishida. Secondo la stampa giapponese l’ex ministro della Difesa Shigeru Ishiba, molto popolare, ha già espresso l’intenzione di candidarsi alla leadership del partito (e dunque del Paese): ci ha provato già quattro volte. Anche il ministro del Digitale Taro Kono è in corsa: già a capo degli Esteri e della Difesa, perse proprio contro Kishida alle ultime elezioni presidenziali del partito. Ha la reputazione di essere un anticonformista, sua la battaglia per eliminare dalla burocrazia l’uso degli obsoleti floppy disc. Tra gli altri papabili anche Toshimitsu Motegi, segretario generale della Ldp, fama da duro negoziatore. Shinjiro Koizumi, ex ministro dell’Ambiente che a settembre andò a surfare al largo di Fukushima per placare le polemiche sulla sicurezza dopo il rilascio delle acque contaminate trattate dalla centrale nucleare. E poi l’ex ministro della Sicurezza economica Takayuki Kobayashi e l’attuale ministra dello stesso dicastero: un’altra donna, la “lady di ferro giapponese” Sanae Takaichi, ammiratrice di Margaret Thatcher, ultra-conservatrice, ex batterista heavy metal, assidua frequentatrice del santuario Yasukuni, considerato in tutta la regione un simbolo del passato militarista del Giappone.