la Repubblica, 19 agosto 2024
Come si deve parlare dei cani
Subito un’avvertenza, rivolta alle scuole di scrittura: in Qualcosa di simile ai suoni del bosco (e/o) – otto racconti sui cani – Maurizio Braucci, sceneggiatore napoletano, non usa un solo aggettivo! Scrivere bene non significa una prosa necessariamente ornata. L’autore sa bene, ad esempio, che dire “mare” è molto più che dire “mare scintillante”!La letteratura intorno ai cani è sterminata (Braucci ha concorrenti temibili): dal cane Argo dell’Odissea a Zanna Bianca di Jack London, da Cervantes a Bulgakov, da Virginia Woolf a Pennac, e in Italia almeno l’ultima poesia di D’Annunzio (I cani del nulla) e un romanzo di Cassola. Il più spiritoso? Manganelli, che deplora l’attitudine dei cani a divinizzare i loro padroni! La pagina più memorabile: in Morte a credito di Céline il povero randagio preso per strada dal protagonista si suiciderà lanciandosi dai piani alti. Aveva preso così tante botte che non distingueva più tra una percossa e un gesto di affetto. Nei racconti di Braucci i cani sono padroni assoluti. Proviamo a ripassarli. “Bestia d’amore” mette in scena un cane che azzanna un bambino, rompendo l’antico patto con gli uomini, ma si riscatta “adottando” come padroncino un piccolo ladruncolo. Nell’“Ululato” i cani con i loro “acuti richiami” segnano «i luoghi della terra dove le anime dei defunti vengono a visitare i vivi». Nel picaresco “Cane fortunato” il lupo-husky Ventidue dopo infinite vicissitudini conclude che «non esisteva privilegio più grande di quello di essere in vita». Nei “Randagi” otto cani sporchi e malridotti accompagnano ogni mattina a scuola, come angeli custodi, i bambini del paese. Quando i cani saranno catturati i bambini li libereranno con uno stratagemma (è la storia più disneyana). Nel “Mutuo appoggio”, racconto crudele e bellissimo, cinque criminali in un paese di frontiera aspettano il momento propizio per scappare. Di giorno notano una coppia di cani: lei è cieca, legata con il guinzaglio al compagno, che la guida. Essendo criminali incalliti studiano il modo migliore per far soffrire i due cani. E lo trovano: il più risoluto decide di accecare lui, così da condannarli alla rovina. Ma non siamo sicuri che lo farà davvero. Il finale resta sospeso. In seguito quel criminale diventa buono e dona le sue ricchezze ai poveri. In “Lupo di mare” il cane si è umanizzato, si chiama Dino, e ha al suo servizio degli ominidi! Essendo un cane di campagna va a visitare il mare “elemento vasto e misterioso” ma sarà tradito dal fratello: torna a casa amando ancora di più quello che ha, i suoi luoghi originari. “Eterna e luce” sono i nomi di due cagne da caccia che prima spariscono e poi riappaiono incinte: la drammaticità della vicenda è risarcita dalla fiducia nella vita che continua.Il “Re dei cani” è Birillo, il più reietto e sventurato, che però diventa leader di un gruppo di cani abbandonati. Vedendo l’ombra al suo fianco si convince che è un altro cane, che gli infonde fiducia, perché è un cane più astuto e deciso di lui. A un certo punto però teme che l’ombra diventi il capobranco e allora vorrebbe affrontarla, ma si accorge che quella, che ha rizzato pelo e coda come lui, è pronta a tutto. Quando scopre che si tratta di una proiezione, si libera del suo doppio – vincente e feroce – in un gioioso ululato di fratellanza con l’intera specie canina. Un apologo da meditare. In questi racconti di cani si parla di cose umanissime: ansia di libertà, accettazione del diverso, pericoli che ci terrorizzano, centralità del caso nell’esistenza. In essi scopriamo il cane non tanto come amico dell’uomo ma come “compagno di specie” che ci rievoca «la zona d’ombra in cui non c’è né umano né animale, bensì le due cose fuse insieme», come scrive Asor Rosa, che al suo cane e al suo gatto dedicò nel 2005 Storie di animali e altri viventi.Da questa zona d’ombra possiamo ricavare insegnamenti preziosi. Nel “Mutuo appoggio” non sappiamo se il cane è stato accecato dal criminale. Il sacerdote che gli dà l’estrema unzione lo viene a sapere ma non può svelarlo, concludendo che gli esseri umani si dividono tra quanti credono e quanti no.Non conta tanto e solo la verità fattuale, ma la nostra “fede”. Ecco, personalmente sono fiducioso: credo che alla fine il criminale, preso da pietà, non abbia affondato il coltello.