Corriere della Sera, 18 agosto 2024
Intervista al padre di Sharon Verzeni
BERGAMO «Sono state settimane molto dure, ma in qualche modo bisogna tirare avanti». La voce di Bruno Verzeni è esausta, esce dalla gola di un uomo che sembra faticare a capire la tragedia in cui è stato catapultato da quella notte, quando ha avuto la notizia dell’assassinio della figlia, ma deve comunque trovare le parole per dirlo.
«Si tira avanti – spiega – anche grazie alla fede e alla tanta gente che ti fa sentire il suo affetto e la sua vicinanza, lo abbiamo visto anche al funerale. Tutte le persone che conoscevano Sharon, dagli amici al gruppo dell’oratorio, ci sono state molto vicine. E si tira avanti anche pensando a lei, al suo carattere, a com’era: non avrebbe mai voluto che io provassi odio. Non lo provo, ma certo voglio che venga fatta giustizia».
Qual è la prima immagine che le viene in mente quando pensa a Sharon?
«Un’immagine che non esiste. Ho il grande dispiacere che non potrò più accompagnarla all’altare. È un momento al quale avevo pensato spesso, lo aspettavo con ansia. Non sapevo proprio come immaginarmelo nei dettagli anche perché non sapevo che tipo di vestito avrebbe scelto: anche per questo Sharon voleva dimagrire e faceva le camminate serali. Ma il suo matrimonio sarebbe stato un momento importante per lei e anche per tutta la nostra famiglia. Si sarebbe sposata l’anno prossimo nella nostra chiesa di Bottanuco, non avevano fissato la data anche perché ormai le nozze in chiesa sono poche e quindi c’era tempo. Ma la stavamo aiutando a cercare il ristorante. Aveva seguito il corso per fidanzati nella parrocchia di Terno d’Isola, dove abitava, perché era più comodo andarci appena tornata dal lavoro. E quando è terminato, tra marzo e aprile, era così contenta che mi aveva anche inviato la foto del diploma del corso».
Si dice che negli ultimi tempi si fosse avvicinata a Scientology.
«Lei era religiosa ma nella media, un po’ come tutti dalle nostre parti. Non so quanto fosse interessata veramente a Scientology, perché a quanto mi diceva erano stati il suo datore di lavoro e le colleghe del bar di Brembate a invitarla a fare dei corsi sulla positività o sul rilassamento. Ma non ho idea di quanto in effetti potesse essersi veramente avvicinata, non mi aveva detto niente di più».
Può avere conosciuto qualcuno sul luogo di lavoro o a questi incontri?
«Non credo, perché Sharon era una ragazza dal carattere solare ma non era molto espansiva. Aveva certo i suoi amici ma non un giro di conoscenze molto largo, perché non dava facilmente confidenza agli estranei, al lavoro o in paese».
Voi familiari venite aggiornati dagli inquirenti sull’andamento delle indagini?
«So solo quello che leggo sui giornali, gli inquirenti sono in contatto con il nostro avvocato ma non si sbilanciano nemmeno con noi. Lasciamoli lavorare, spero che trovino l’assassino prima che possa fare del male a qualcun altro».
Il fidanzato di Sharon, Sergio Ruocco, è stato sentito per cinque ore nei giorni scorsi.
«Mi è sembrato sereno anche se è stato incalzato a lungo. Con lui abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto».
Da quella notte sono trascorse quasi tre settimane. Lei è riuscito a farsi un’idea di quello che è successo?
«No, proprio perché non riesco a immaginare che qualcuno possa avere voluto fare del male a una come lei. È per questo che mi chiedo sempre: perché?».