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 2024  agosto 15 Giovedì calendario

Spiaggia e fastidi

Caro Direttore Feltri,

dall’alto della sua saggezza che oserei definire piuttosto spicciola, cioè pratica e semplice, mi saprebbe spiegare perché io, comune cittadino lavoratore che paga le tasse, sgobba tutto l’anno e si concede una decina di giorni al mare, debba sopportare le continue intrusioni dei venditori ambulanti, in particolare africani e indiani, che tentano di rifilarmi la qualunque mentre io me ne sto disteso sotto l’ombrellone a leggere o a sonnecchiare? Sono molto infastidito da questo incessante via vai che mi sembra addirittura aumentato quest’anno. Forse le sembrerò maleducato, poco paziente, intollerante, ma non chiedo tanto. Soltanto di essere lasciato in pace. Come la risolviamo?

Bruno De Cristoforo



Caro Bruno,
per fortuna non frequento le spiagge, anzi non le ho mai frequentate. E la ragione è semplice: per sottrarmi alla vista del malcostume imperante. E quando dico «malcostume» non intendo il costume da bagno poco donante. Sono convinto che nei lidi siano predominanti cafoneria, volgarità, mancanza di rispetto verso il prossimo, chiassosità, il che fa delle spiagge i posti meno indicati per riposare, rilassarsi e ricaricare le batterie mentali a meno che non si tratti di aree site su isole deserte, difficilmente raggiungibili. Bambini e anche adulti che giocano a palla lanciando schizzi su chiunque, gente che getta rifiuti di ogni genere ovunque, che urla, che fa baccano, che usa il mare alla stregua di una latrina pubblica, che fuma e getta mozziconi sulla sabbia, che crede che la spiaggia le appartenga e dunque non rappresenti un luogo pubblico dove la mia libertà termina proprio nel punto dove comincia quella dell’altro. Penso che la presenza di venditori ambulanti sia l’ultimo dei problemi. Insomma, fingiti sordo e ignora se proprio non ti va di comunicare a ripetizione: «No, grazie, non mi interessa». A mali estremi la maleducazione rappresenta una forma assolutamente legittima di autotutela. Dunque non ti giudico e comprendo la tua insofferenza.
Detto questo, tuttavia, mi preme specificare che ciò che mi è davvero insopportabile del fenomeno che mi sottoponi è un aspetto specifico: l’illegalità che in Italia si esercita, vive e prospera alla luce del sole. E di sole in spiaggia ce n’è tanto, eccome. E non me la prendo con migliaia e migliaia di poveracci che battono le nostre coste in lungo e in largo, carichi di roba da vendere, sudati e stremati, bensì con coloro che quella merce forniscono costringendo questi disperati a propinarla da abusivi, lavorando ogni santo giorno per ore ed ore. Il bottino andrà nelle tasche delle organizzazioni malavitose che gestiscono questo racket. Trattasi di una forma spregiudicata di sfruttamento dell’essere umano da parte dell’essere umano, del debole da parte del forte. Una schiavitù contemporanea non meno vergognosa e grave rispetto ad altre di epoche lontane. Anzi, mi correggo, forse ancora più turpe poiché oggigiorno i progressi sul piano del riconoscimento dei diritti umani sono consolidati e viviamo in Paesi democratici e civili dove tali fatti non dovrebbero proprio avvenire. Infine, faccio presente che codesto fenomeno degli ambulanti, anche chiamati «vucumprà», è strettamente correlato all’immigrazione clandestina, incoraggiata e vista con favore dalla sinistra per lustri. Sono i clandestini, ovvero gli irregolari, a finire nelle maglie della criminalità organizzata e ad essere manovalanza a bassissimo costo delle mafie.
Vorrei che te ne ricordassi ogni volta che uno di questi poveracci ti domanda se gradisci comperare le ciabatte, il copricostume, l’elastico per i capelli o il braccialettino di plastica. Magari, qualche volta, la tua esasperazione lascerà il posto alla pietà e gli offrirai un bicchiere d’acqua.