la Repubblica, 15 agosto 2024
Centri estivi cari e impossibili
Elisa Bondi, operaia 36enne di Arezzo, quest’anno per pagare i centri estivi ai suoi due figli di tre e sette anni ha dovuto chiedere un prestito in banca. «L’ho fatto per stare più tranquilla – racconta – altrimenti non sarei riuscita a portarli in vacanza. A luglio tra tutti e due ho speso più di 500 euro: ma chi ce la fa?». Poi c’è Carolina Piretta, 30 anni, che ha appena lasciato il figlio di sette mesi al marito, prima di attaccare il turno alle 14. Lui lavora al bar dell’autostazione, lei come ausiliare della sosta. «Ci vediamo un’oretta a metà giornata – spiega – per il resto ci scambiamo il bambino. Non abbiamo aiuti. Di ferie se ne riparla nel 2025». Incastri, vacanze alternate col marito o compagno, campi estivi a pagamento, suppliche ai nonni, carico mentale misto a isteria, sudoku di agende, smart working, congedi parentali e la traversata del deserto di agosto, dove l’offerta di centri estivi sparisce o si riduce quasi ovunque. Non fidatevi delle foto che vedete su Instagram. L’estate è un incubo, per migliaia di famiglie italiane. Un tunnel – rovente – da attraversare. E putroppo, un moltiplicatore di disuguaglianze.L’ansia dei genitori inizia in primavera, con i famigerati click day. «Alle 9 e 12 di mattina i voucher per i centri estivi erano già finiti – continua Elisa Bondi, che ha pure scritto al Comune di Arezzo per protestare – È un metodo assurdo, quello del click day, chi prima arriva meglio alloggia, non hanno neanche l’accortezza di dare la precedenza a chi ha un Isee più basso. Solo per luglio la grande mi è costata 375 euro, scegliendo il centro più economico. E il piccolo 200, perché la materna resta aperta ma si paga. I nonni dei bimbi lavorano, noi abbiamo stipendi normali. Ma come fa una famiglia a sopravvivere in estate?».E allora parliamo del calendario scolastico, anche se farlo significa sollevare il solito vespaio. Quest’anno per la maggior parte dei bambini italiani (la competenza è regionale) l’estate dura quattordici settimane, delle quali solo due, o per i più fortunati tre, di ferie vere. Ne restano undici. Quasi ottanta giorni, come il giro del mondo di Phileas Fogg. Deteniamo il record di una delle pause estive più lunghe d’Europa, anche rispetto agli altri Paesi mediterraneicome Spagna e Grecia.Secondo un’indagine di Adoc e Eures, il costo medio di una settimana di centro estivo in Italia, nel 2024, è stato di 154 euro (218 a Milano) il 10% in più del 2023. Per un solo figlio e otto settimane significa oltre 1.200 euro a famiglia, da moltiplicare per eventuali fratelli e sorelle. A Bologna Maria Grazia Porto per sette settimane ne spende mille, di cui trecento di contributo comunale: lei lavora in un centro per disabili aperto 365 giorni all’anno e prevede di fermarsi solo per le due settimane di ferie che ha a disposizione in agosto. Sua figlia Martina Sofia (anni sei) con quaranta gradi, a Bologna, sta per entrare nella sua quinta settimana consecutiva di centro estivo. La petizione per cambiare il calendario scolastico lanciata dal blog Mammadimerda insieme all’Ong We World a settembre 2023 ha già raggiunto 60mila firme, e l’obiettivo, spiega una delle autrici, la torinese Francesca Fiore, è consegnarle al ministro Giuseppe Valditara. «Vogliamo capire – dice – se c’è l’impegno a cominciare a parlarne».Tra le firme c’è quella di Chiara Faggioli, 34 anni, architetta con due bimbi di uno e tre anni. «Siamo rimasti al calendario agricolo di quando i bambini smettevano la scuola a giugno per aiutare nei campi – si lamenta – peccato siano passati cento anni». Chiara Gius, sociologa nonché una delle animatrici di Cinnica, la libera consulta per i diritti dell’infanzia del capoluogo emiliano, ha due figli di 7 e 9 anni. «Gli adulti – ragiona – hanno ricordi bellissimi delle loro estati a casa della nonna. Ma la realtà oggi è diversa. I nonni non sono distribuiti democraticamente dallo Stato e non c’è più la mamma che passa l’estate coi figli, mentre il marito lavora. I figli delle famiglie immigrate del mio quartiere stanno sempre in casa, perché per uscire fa troppo caldo, e dalle otto di sera si ritrovi tutti al parco. Ci sono dislivelli economici evidenti». Lo sottolinea anche Valentina Chindamo, 35 anni, di Vicenza, docente di economia in un istituto professionale. «Ho sempre lavorato in contesti diversi dai licei – dice – e vedo la fatica delle famiglie. Faccio parte della categoria, e so che le ferie di un insegnante sono al massimo 36 giorni l’anno, non certo tre mesi: a giugno siamo a disposizione, fino a luglio ci sono gli esami e a fine agosto si riprende con le riunioni. Per questo non capisco perché non si possano sfruttare quei mesi per fare attività, diverse dalla classica lezione frontale. Ma è un tema tabù».Le obiezioni più comuni a una revisione del calendario scolastico di solito sono due: il caldo e il fatto che “la scuola non è un parcheggio”. «Per il caldo – replica Fiore del blog Mammadimerda – bisognerebbe cominciare a pensare a degli investimenti per dotare tutte le scuole di aria condizionata. Altrimenti cosa faremo tra quindici anni, quando magari i 40 gradi dureranno da maggio a settembre? Sul fatto che la scuola non sia un parcheggio sono d’accordo. E infatti penso che il vero parcheggio sia la casa, la tv o lo smartphone».L’argomento della scuola in estate è molto dibattuto in Trentino, perché dopo il Covid tutte le materne sono state prolungate fino al 31 luglio. Un servizio sfruttato dal 70% delle famiglie, ma osteggiato dalle insegnanti. «Qui non abbiamo parenti – spiega Rachele Catania, 41 anni, che vive a Trento – Potremmo utilizzare il congedo, però anche io che lavoro nel pubblico non so quanto mi verrebbero incontro se ne chiedessi un mese in estate. Penso debba cambiare la mentalità».Il ministero dell’Istruzione ha stanziato 400 milioni per permettere alle scuole di restare aperte più a lungo, ma questa possibilità è a discrezione del singolo istituto. E il rischio è che al Sud siano meno ricettivi. Sotto alle Due Torri, l’assessore alla scuola Daniele Ara pensa che la revisione del calendario scolastico debba diventare un tema politico: «È una questione da porre con forza, nella campagna elettorale per le regionali». Quest’anno sui centri estivi l’amministrazione ha stanziato 1,5 milioni in più per gli studenti disabili. Non è così ovunque in Italia, purtroppo. Danilo Rasia, dell’associazione di genitori con figli disabili Passo Passo, sintetizza: «Quella dei campi estivi è una delle richieste che ci arriva di più dalle famiglie, ma i Comuni agiscono in ordine sparso. E dopo la terza media è peggio, perché non ci sono più neanche quelli». E la chiamano estate.