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 2024  agosto 15 Giovedì calendario

In morte di Angela Corradi, la gangster che si fece suora

Milano – Avere vent’anni o poco più nella Milano degli anni ’70 e schierarsi da criminale contro lo Stato e contro la polizia. Se non si parte da quel clima, è difficile raccontare una figura assurdamente lineare come quella di Angela Corradi, detta Angela della Svastica, morta l’altro giorno a 73 anni, funerali già celebrati nella chiesa di Santa Giustina ad Affori. La metropoli era allora attraversata dalla tragica violenza politica degli “Anni di piombo”, aveva visto nel 1974 l’arresto del capomafia Luciano Liggio in via Ripamonti e Francesco Turatello, detto Francis Faccia d’Angelo, era salito in vetta alla Milano nera: era il boss, l’amico sotterraneo di politici e il nemico esplicito di chiunque osasse ostacolare il suo cammino dorato. Come avevano tentato di fare Renato Vallanzasca, detto il bel René, e il suo mucchio selvaggio, “la banda della Comasina”. Angela Corradi non stava al quartiere Comasina, ma in una delle case di ringhiera di via Osculati, quartiere di Affori. Un po’ più verso il centro, sulla stessa direttrice, in via Imbonati, abitava Antonio Colia, detto Pinella, ovverosia Jolly: il vincente del gruppo, il vero cervello. Nel loro giro era imprescindibile “Nanu”, un ex parà della Folgore: Rossano Cochis. Più una decina di altri gangster, tra i quali il giovanissimo Tino Stefanini e il più (relativamente) anziano Vito Pesce. Vallanzasca, che stava di casa a Lambrate, tra tutti era il più “glamour”. La banda, abituata a un non sporadico uso di stupefacenti, si era votata alle rapine alle banche e agli uffici postali: «Ma quale organizzazione? Noi andavamo in giro in auto e se vedevamo una filiale buona, entravamo con le armi in pugno», ha raccontato Cochis al cronista, aggiungendo un dettaglio rivelatore: «Renato diceva che con me armato davanti, lui in mezzo e Pinella dietro a coprire le spalle, potevamo portare a termine qualsiasi azione». È in questo contesto testosteronico che approda Angela: alta, magra, folle, dura. Un bel naso. Uno sguardo inquietante. Guida la macchina, porta le armi, spara con il mitra. Chissà perché tra tutti i banditi lei, che raccontava di essere stata modella, sceglie di mettersi con il più basso di statura e il più strano, quel Vito Pesce che nelle strade aveva fama da killer e che poi, durante la detenzione, sceglierà di fare lo scopino (le pulizie) nel carcere di san Vittore. Angela condivide con la banda covi, notti, ruberie e assalti. C’è dietro le quinte quando la banda, nel 1974 in piazza Vetra, assalta un’agenzia di riscossione delle tasse e non arretra quando c’è da sparare: e là muoiono, cadendo uno sull’altro, un poliziotto e un gangster. E Angela in prima persona compare durante varie rapine, sino all’ultima sparatoria che coinvolge Vallanzasca, quella della fuga fallita da San Vittore (aprile 1980), che riesce – per poche ore di libertà – solo al più carismatico della banda, Colia-Pinella. Ferito a un gluteo, Vallanzasca era stato catturato subito: e – attenzione – sempre dentro quel carcere aveva celebrato il suo matrimonio. Testimone di nozze, dopo tanto odio e tante sparatorie tra bische e night, era stato l’odiato-temuto Francis Turatello, fotografato durante la cerimonia con camicia aperta e catenone d’oro al collo: anche lui con la svastica al posto del Crocefisso. Con Renato in carcere e, pare, non più lucido; Cochis annegato durante una nuotata sul Gargano; Colia schiantato in moto contro un palo; Pesce che campicchia in un campo nomadi, Angela era sopravvissuta a un microcosmo che – purtroppo per le tante vittime che ci hanno avuto a che fare – coniugava crimine e delirio. Da donna d’azione qual era, ha sempre tenuto la bocca chiusa, anche quando, con “i Vallanzasca” dissolti tra morti e celle, restò solitaria, infelice e povera, com’era stata da ragazzina, figlia di un acrobata paralizzato e di una ex circense diventata colf. Nell’84 era scampata a un ultimo agguato. Chissà: di certo la sua auto era stata bucata dai proiettili e lei aveva già raccontato di aver udito – letteralmente – la voce di Dio. Le diceva: “Io ci sono”. Era così diventata una suora laica e assicurava di occuparsi di derelitti. Se molti esseri umani pensano di essere un mistero, “suor” Angela (mai preso i voti) lo era di sicuro.