Corriere della Sera, 15 agosto 2024
Intervista a Bo Derek
Ma il nome Bo?
«Lo decisi a 17 anni. È l’età in cui vuoi essere libero e un po’ sciocco. Il mio vero nome è Mary Cathleen. Mi piaceva l’idea di diventare qualcun altro. Avevo cercato tanti nomi, Roberta, Giulia…Un giorno un ragazzo mi ha chiamato Bo e mi sono detta, ok, sono io».
Bo Derek, la donna più desiderata degli Anni 80, sogno proibito dell’immaginario maschile, ha 68 anni e a parte qualche ruga sul volto non glieli daresti mai.
Come vive il passare del tempo?
«Cosa posso farci? Nessuno può sfuggire agli anni che avanzano. Invecchiare è stato uno shock. Non è una cosa avvenuta gradualmente. Poi vai a casa e devi far pace con te stessa, ti abitui e l’età diventa comoda».
La più grande follia che un uomo ha compiuto per lei?
«Ma sai, avevo 17 anni quando ho incontrato John Derek, che ne aveva 30 in più ed è stato mio marito fino alla sua morte. Ci siamo sposati in Grecia perché, essendo minorenne, in California sarebbe stato illegale. Abbiamo aspettato la mia maggiore età tra il montaggio e la postproduzione del film C’era una volta un amore».
Era geloso?
«Forse sì, a 17 anni sei bella in tutto. A quell’età pensi di essere in controllo di te stesso. Se guardo indietro e rivedo le nostre fotografie insieme mi dico: mamma mia cosa ho fatto. Mi chiedevo, ma i miei si arrabbieranno?».
Che tipo di famiglia era la sua?
«Tipica middle class americana. Un fratello e una sorella. La mattina a scuola, il pomeriggio a fare surf in spiaggia».
Qual è la cosa di cui è più orgogliosa?
«Il ruolo conquistato a Hollywood in un’epoca in cui era molto dura per le donne. C’erano solo tre Studios. Tutti mi dicevano: devi fare così e devi fare colà. Oggi le attrici hanno più possibilità, ci sono più ruoli anche grazie allo sviluppo dei film indipendenti e allo streaming. E hanno più diritti: al mio tempo non sapevi nemmeno a chi chiedere certe cose. Negli Anni 80 non c’erano tante celebrità. Non esistevano i social media. Potevo incontrare una persona famosa e non sapere che lo fosse».
Com’era Hollywood?
«Divideva le donne in due categorie: le attrici e le belle ragazze. Ma c’è stato un periodo in cui potevo scegliere di fare quello che volevo. Hollywood è una carta di credito che apre tutte le porte, se oggi posso parlare di fauna acquatica e mi rispondono tutti, lo devo al cinema».
Il film «10» cosa ha rappresentato per lei?
«Molto. Anche se appaio in dieci minuti, ma l’idea di lavorare con quel genio di Blake Edwards alla regia mi faceva impazzire. Non mi aspettavo granché, ero impreparata al successo. La pettinatura con le treccine che copiarono tutte le ragazze fu un’intuizione di mio marito John».
Lei è animalista.
«Ho scritto anche un libro sui cavalli, la mia passione. Arnold Schwarzenegger mi ha nominata Ambasciatrice dei diritti dei cavalli. Il fisico lo tengo in esercizio anche pulendo le stalle nella mia fattoria. Gli animali sono meglio di noi, non fanno calcoli e vanno oltre le apparenze. Io sono qui davanti a lei, concentrata a non dire stupidaggini mentre lei mi starà giudicando».
La famosa foto in cui è nuda a dorso di cavallo?
«La scattò mio marito John. Mi diceva: salta sull’elefante, buttati in acqua, monta a cavallo. Mi sentivo una Barbie nelle sue mani. Non era il migliore dei registi ma ha fatto fare un sacco di soldi agli Studios. E soprattutto era una persona adorabile. Era amico delle sue ex mogli, Linda Evans, Ursula Andress, donna selvaggia e pazza, starle accanto mi spaventava a morte, ma siamo diventate amiche. Lo stesso mi era accaduto con Shirley McLaine. Sul set di In amore si cambia, all’inizio mi trattava con freddezza. Così ogni giorno sul set le portavo un piccolo regalo e ho fatto breccia nel suo cuore».
E il suo cuore...
«È occupato da 22 anni da John Corbett, l’ho conosciuto a un party in cui si aveva un accompagnatore al buio. Io ero single, mio marito era morto da cinque anni. È stato amore a prima vista».
Provava imbarazzo per le scene sensuali?
«Non c’è mai divertimento nelle scene sensuali. Ora c’è l’intimacy coordinator. Io sarei preoccupata, perché mi dicono che sono persone che ricevono training in un giorno soltanto. Cosa ti può consigliare dopo un giorno?».
La cosa più strana che le è capitata sul set?
«Baciare in bocca un uomo in presenza di un orangotango in Tarzan, l’uomo scimmia».
Recitò per Vanzina.
«In Sognando la California. Carlo era un galantuomo. L’Italia ha un posto speciale nel mio cuore. Dino De Laurentiis mi offriva tanti suoi progetti. Mi voleva per King Kong ma non avevo esperienza. Però accettai L’orca assassina, il mio primo film importante, mi riportava a una delle mie passioni, gli Oceani. Oggi mi occupo della loro preservazione».
Ha rimpianti?
«Eccome. Il più grande è il no a Blake Edwards per Nei panni di una bionda. Non ero pronta a interpretare un uomo nel corpo di una donna, e stavo girando un altro film».
C’è un ruolo che avrebbe voluto fare?
«Negli Anni 80 mi chiamò Roberto Benigni e non potei lavorare a un suo film di cui non ricordo il titolo. È un altro rimpianto. Me ne pento ancora oggi. Adoro ridere».