Corriere della Sera, 15 agosto 2024
I racconti di Scott Fitzgerald
Racconta Francis Scott Fitzgerald che Il posteriore del cammello , short story contenuta nei Racconti dell’età del jazz , la sua raccolta più celebre, «venne scritta in una sola giornata nella città di New Orleans, col preciso scopo di comprare un orologio da polso in platino e diamanti che costava seicento dollari». Iniziata alle sette del mattino venne terminata alle due di quella stessa notte. Fitz lo spiega nel «Sommario», una sorta di prefazione in cui sintetizza la trama e lo spirito di ogni racconto. Il posteriore del cammello , uscito nel 1920 sul «Saturday Evening Post», parla di un uomo, Perry Parkhurst, che decide di partecipare a una festa in maschera dove ci sarà tutta la società che conta: nel negozio è rimasto soltanto un grande costume da cammello che deve essere indossato da due persone, così Perry ingaggia il suo tassista per «occupare» la parte posteriore. Fitzgerald confessa che quello è il racconto che gli piace meno, ma che gli ha procurato il maggior divertimento perché la storia «era assolutamente vera». Le brevi presentazioni ai racconti sono gustosi, divertenti metaracconti: a proposito del celebre Lo strano caso di Benjamin Button , storia di un uomo che nasce vecchio e diventa giovane fino a rimpicciolirsi e scomparire, Fitzgerald riporta la «sconcertante» lettera mandata da un anonimo lettore alla rivista che lo pubblicò: «Vorrei dirvi che come scrittore di racconti mi sembrate un bel matto. Ho visto parecchi pezi di cretino in vita mia ma di tutti i pezi di cretino che ho visto voi siete il pezo più grosso. Detesto sprecare un pezo di carta per voi ma lo farò».
Sono 178 le storie brevi che Fitzgerald produsse in circa vent’anni: oltre ad offrirgli un utile terreno di sperimentazione, gli garantirono enorme popolarità e una discreta riserva di denaro. Per lui – scrive Hemingway in Festa mobile — comporre short story era come prostituirsi perché dalle riviste ricavava il necessario per dedicarsi ai romanzi. Nelle raccolte pubblicate in vita lo scrittore inserì soltanto una quarantina di racconti e di quell’accurata selezione, messa in atto anche intervenendo sui testi, modificandoli e integrandoli, si trova ampia traccia nella corrispondenza con Maxwell Perkins, suo editor per tutta la vita. Ora minimum fax li pubblica tutti assieme, per la prima volta in Italia, con il titolo I grandi racconti, ordinati cronologicamente in due volumi che contengono le quattro raccolte: Maschiette e filosofi, uscita nel 1920 (traduzione di Luca Merlini); Racconti dell’età del jazz (1922, tradotti da Giuseppe Culicchia); Tutti gli uomini tristi (1926)e Adunata (1935), entrambe nella versione di Luca Briasco che cura anche la bella e circostanziata prefazione in cui ricostruisce il rapporto di Fitzgerald con le short story, a partire dall’estate del 1919 quando scrisse la prima — La testa e le spalle — mentre lavorava alla revisione del primo romanzo, Di qua dal paradiso.
Essendo consapevole della qualità disuguale di quei lavori scrive Briasco, «Scott cercò di isolarne gli apici, accompagnandoli con racconti più leggeri ma rappresentativi di un’epoca». Nelle prove migliori si riconosce la prosa tesa ed elegante che caratterizza i romanzi, la studiata economia compositiva che non spreca nessuna parola, nessuna immagine, l’arsenale linguistico a cui attinge. La «formula» editoriale sarà sempre la stessa: ognuno dei quattro romanzi — Di qua dal paradiso, Belli e dannati,Il grande Gatsby , Tenera è la notte — verrà seguito da una raccolta di racconti, «con l’intento di sfruttarne e prolungarne il successo».
Per questo grande scrittore nato nel 1896 da genitori della piccola borghesia cattolica irlandese, morto di infarto a 44 anni e vissuto nel centro del mondo — la New York dell’età del jazz, la Parigi degli espatriati americani, la Costa Azzurra degli artisti — il bisogno di denaro, tema molto esplorato e dibattuto da biografi e critici, era un movente fondamentale per la scrittura, in qualche modo parallelo all’ispirazione. Briasco gli fa opportunamente i conti in tasca: dal 1919 il cachet per i racconti passa da trenta a mille dollari e continua a salire fino ai 4 mila dollari che nel 1929 un giornale gli paga per un solo racconto. Nell’aprile del 1925, quando viene pubblicato Il grande Gatsby , Fitzgerald scrive in una lettera: «Guadagno 2.000 dollari a racconto e la qualità continua a peggiorare: la mia ambizione è arrivare a un punto nel quale potrò scrivere solamente romanzi. L’ultimo anno ho scritto almeno dieci autentiche porcherie, e senza neppure la spontaneità delle prime cose». La necessità di sposare qualità letteraria e successo commerciale è ben presente in Fitzgerald, così come la consapevolezza che i gusti del grande pubblico e il livello letterario dei testi difficilmente coincidono: a Perkins, parlando della raccolta Tutti i giovani tristi , dirà che, a parte uno, i testi sono così buoni da aver «fatto fatica a venderli».
Dalla fine degli anni Venti le royalties cominceranno a scendere, tanto che nell’autunno del 1939 lo scrittore confesserà al medico che aveva in cura la moglie: «A quanto pare ho perso completamente il dono che mi permetteva di scrivere racconti commerciali, basati sul tema “un-ragazzo-conosce-una-ragazza” e il risultato in termini di guadagni è catastrofico». Gli anni precedenti, d’altronde, sono stati molto complessi, segnati dall’avanzare della malattia mentale che, per tutti gli anni Trenta, porta Zelda, scrittrice, pittrice, moglie e musa, a una serie infinita di ricoveri ospedalieri. Anche per questo, nel 1937, depresso e dipendente dall’alcol, Fitzgerald aveva disperatamente cercato un modo per fare soldi a Hollywood scrivendo sceneggiature di film che non sarebbero passati alla storia (per una sola settimana lavorò anche a Via col vento). Nel 2004 circa duemila pagine tra stesure, adattamenti, scritture per la casa di produzione Mgm sono state acquistate dall’Università della Carolina del Sud, testimonianza della parabola di un maestro rimasto troppo a lungo prigioniero del suo mito. Quando morì, il 21 dicembre 1940, lo scrittore che aveva messo in pagina lo swing dei ruggenti anni Venti e il loro malinconico declino era ormai quasi dimenticato e soltanto postumo ebbe la fama e il riconoscimento che aveva cercato in vita.