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 2024  agosto 15 Giovedì calendario

Biografia di Maria Bianca Cita

Estate 1968: per la prima volta gli americani chiamano uno straniero per partecipare a una campagna di perforazioni sul fondo degli oceani a bordo di una loro nave. Quello straniero è una donna italiana: Maria Bianca Cita. «Perché mi hanno invitato? L’ho saputo dopo: conoscevo i fossili», ammetterà con candore la professoressa percorrendo la sua carriera scientifica. Maria Bianca Cita, scomparsa lunedì un mese esatto prima di compiere 100 anni, era conosciuta come «la signora degli abissi». Anche il presidente Mattarella nel messaggio di cordoglio ha voluto ricordare «l’insigne scienziata di fama internazionale, pioniera degli studi sull’ambiente marino». «È stata prima in tutto», ricorda Elisabetta Erba, una sua ex allieva e ora professoressa ordinaria di Paleontologia e paleoecologia al dipartimento Scienze della Terra dell’Università di Milano, cattedra che fu della stessa Cita. «Nel 1946 fu il primo laureato in assoluto in geologia a Milano sotto la direzione di Ardito Desio, nel 1989 la prima presidente dalla Società geologica italiana». La spedizione del ‘68 fu una pietra miliare per la geologia. A bordo della Glomar Challenger, grazie alle sue conoscenze dei microfossili planctonici, Cita data con precisione le rocce recuperate dal Deep Sea Drilling Project. È un passaggio chiave, che porta a identificare l’espansione dei fondali a partire dal materiale eruttato nelle dorsali oceaniche, base della teoria della tettonica a placche. «In un mondo, quello della geologia e ancor di più della geologia marina, che era molto maschile, portò una visione differente», aggiunge Erba. «La sua competenza e la capacità di fare ricerca in modo appassionato ma rigoroso, fin da subito le hanno permesso di essere riconosciuta e accettata come un’eccellenza nel suo settore: non era scontato. Ero una dottoranda quando nel 1984 mi volle a bordo di un’altra spedizione che scoprì, tra Creta e la Libia a 3.500 metri di profondità, un bacino anossico, cioè senza ossigeno disciolto nell’acqua». Il Mediterraneo è stato il protagonista di un’altra scoperta di Maria Bianca Cita. In una spedizione del 1970 furono inaspettatamente recuperati dai fondali dei campioni di gesso che nessuno sapeva spiegare. Tutti tranne lei: li aveva trovati identici nell’Appennino e datati a circa 5 milioni di anni fa. Nasce allora l’ipotesi che il Mediterraneo si prosciugò completamente e l’evaporazione permise la deposizione di sale e gesso. Poi lo stretto di Gibilterra si riaprì e le acque tornarono a salire. «Era una vera prof. Quando passava nei corridoi della facoltà si percepiva la sua autorevolezza, senza incutere timore», ricorda Erba. «Una ricercatrice nata, brava a dare fiducia e opportunità ai suoi studenti. Anche a più di 90 anni veniva spesso in facoltà, la vedevo nel suo ufficio accanto al mio assorta a leggere articoli scientifici». Cita partecipò anche a due missioni del batiscafo Alvin, in grado di arrivare fino a 4 mila metri di profondità. «Non aveva paura, dottoressa?», le chiesero. «La scienza è scienza, quando ti danno un’opportunità la prendi. E poi sul fondo ho visto cose meravigliose».