Corriere della Sera, 15 agosto 2024
Un caso italiano per il figlio di Biden
New York - Un «caso italiano» per Hunter Biden: nel 2016, il figlio del presidente Joe Biden che allora era vicepresidente di Obama, cercò l’assistenza dell’ambasciata americana a Roma per «un progetto potenzialmente redditizio in Toscana nel settore energetico». Lo rivela il New York Times , entrato in possesso di documenti che l’amministrazione Biden «per anni aveva evitato di rendere pubblici». I documenti mostrano che il figlio di Biden scrisse almeno una lettera all’ambasciatore americano in Italia John R. Phillips, chiedendogli assistenza a nome della compagnia ucraina Burisma (Hunter era nel consiglio di amministrazione). I funzionari dell’ambasciata, secondo il quotidiano, erano a disagio per questa richiesta giunta dal figlio del vicepresidente in carica a nome di una azienda straniera. «Voglio stare attento a non promettere troppo», rispose un funzionario del dipartimento commerciale dell’ambasciata a cui fu dato il compito di scrivere a Hunter. «Questa è una azienda ucraina e, per tutelarci, il governo degli Stati Uniti non dovrebbe attivamente promuoverla presso il governo italiano senza che l’azienda passi prima attraverso il D.O.C. advocacy center» (programma del dipartimento del Commercio che aiuta le aziende americane negli affari all’estero). Burisma avrebbe chiesto l’aiuto di Hunter poiché stava avendo difficoltà a ottenere l’approvazione per un progetto geotermico in Toscana. Abbe Lowell, avvocato di Hunter, afferma che il suo cliente avrebbe chiesto a «diverse persone» tra cui l’ambasciatore Phillips se potevano presentare Burisma al presidente della Regione, richieste che il legale definisce legittime. Nel computer di Hunter Biden, sono state trovate email tra un suo socio a un imprenditore italiano che affermava di avere contatti con l’allora presidente della Toscana, Enrico Rossi. Ma Rossi ha detto di non aver mai incontrato Hunter, né di essere stato contattato dall’ambasciata a proposito del progetto. Secondo Lowell, non ci sarebbe stato alcun incontro e il progetto non si sarebbe materializzato. La Casa Bianca ha dichiarato che, quand’era vicepresidente, Joe Biden non era al corrente che il figlio avesse contattato l’ambasciata a Roma per conto di Burisma. L’ambasciatore Phillips ha detto di non ricordare quella lettera. E se Hunter Biden gli scrisse, «certamente vi avrei prestato attenzione. Come cortesia, mi sarei probabilmente assicurato che ricevesse una risposta di qualche genere, non necessariamente da me. E non avrei voluto incoraggiarla, perché non avrei voluto che fossimo coinvolti in qualcosa del genere». Hunter è stato già condannato a giugno per il possesso di un’arma quando era dipendente da droghe nel 2018. Un altro processo per non aver pagato tasse pari a 1,4 milioni di dollari, mentre spendeva in escort e hotel di lusso, inizierà il 15 settembre: i procuratori dicono di avere prove che Hunter avrebbe contattato il dipartimento di Stato Usa anche a nome di un altro cliente straniero, un magnate dell’edilizia incriminato per corruzione in Romania. I repubblicani alla Camera e Trump hanno criticato duramente il fatto che Hunter non sia stato incriminato per gli affari all’estero, a partire da quelli con Burisma. Cercano di colpire il padre attraverso la vita sregolata e le attività all’estero del figlio, ma finora non sono riusciti a dimostrare il coinvolgimento di Joe.