il Giornale, 13 agosto 2024
L’Espresso non si rialza: giù le copie e conti in rosso
Quasi settant’anni fa Eugenio Scalfari e Arrigo Benedetti fondavano l’Espresso, settimanale d’inchiesta che insieme al rivale Panorama è stato lungamente centrale nello scenario giornalistico italiano. Dalla controversa copertina del 1967 sul tentato golpe de Lorenzo, a quella del 1975 sull’aborto con una donna appesa a una croce, fino ai tempi più recenti dei Panama Papers, il giornale dalla cui costola nacque Repubblica ha ormai da tempo imboccato un percorso declinante. Ed è una parabola che si coglie dai numeri del bilancio del 2023 di L’Espresso Media, nel primo anno di pieno distacco dal gruppo Gedi dopo l’acquisizione dell’imprenditore campano Danilo Iervolino nella primavera del 2022.
Ebbene, la società ha chiuso con un perdita di 3,7 milioni di euro contro i 2,1 milioni registrati un anno prima a fronte di debiti totali per 7,3 milioni (in calo da 8,7 milioni). Il tutto, nonostante una crescita dei ricavi del 38% arrivata a 7,1 milioni, divorata tuttavia da «eccessivi costi fissi». Presumibile che l’aumento del fatturato derivi da un aumento degli incassi pubblicitari, visto che i dati di edicole e digitale di certo non hanno dato una mano: nella relazione annuale allegata al bilancio, si vede come il numero di abbonamenti (tra carteceo e digitale) tra il 2022 e il 2023 sia crollato da 39.929 a 29.209 unità. In brusco calo anche le vendite (-35%), scese da 87.032 alle 56.141 dell’anno scorso. Dati su cui ha pesato certamente l’addio alla vendita in accoppiata con Repubblica, terminata a settembre delle scorso anno. Un aspetto, quest’ultimo, che nella relazione del collegio sindacale non sembra preoccupare più di tanto: «La riduzione delle copie non dovrebbe portare a una diminuzione degli incassi» dal momento che il quotidiano diretto da Maurizio Molinari tratteneva due terzi del valore della vendita mentre ora l’Espresso inizierà a incassare al 100%. Tuttavia, certi numeri si leggono anche in un mercato dei news magazine che ormai da anni ha imboccato una crisi senza fine sotto i colpi di internet e con redazioni sempre più scarne – quella dell’Espresso è passata da 36 a 31 persone tra l’anno scorso e l’esercizio corrente – che di conseguenza si sono riflesse sulla capacità di realizzare inchieste davvero incisive.
Avviata con grande entusiasmo, la gestione Iervolino ha puntato sul restyling grafico e ha apportato diversi cambi alla direzione del giornale con l’addio di Marco Damilano e la promozione di Lirio Abbate, poi sostituito alla fine del 2022 dal brillante Alessandro Rossi. Alla fine, dopo appena un anno e mezzo, il presidente della Salernitana famoso per la felice storia imprenditoriale dell’Università Pegaso ha ceduto le redini alla Ludoil dell’amico petroliere Donato Ammaturo proprio nel dicembre 2023, il quale dallo scorso maggio ha scelto per guidare le sorti del giornale l’ex direttore di Sky Tg 24, Emilio Carelli. Dal bilancio, si apprende che dai soci è arrivata anche una robusta iniezione di capitale da 7,5 milioni destinata a coprire le perdite accumulate, dopo che alla fine del 2022 il patrimonio netto era sprofondato in negativo per oltre 916mila euro. Da qui parte un tentativo di rilancio che certamente non si prennuncia in discesa.