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 2024  agosto 13 Martedì calendario

Lo scultore Martalar ha realizzato con 2.500 viti e 3 tonnellate di legno un orso di legno alto 5 metri, lungo 8 e largo 2,5. Lo ha piazzato nel cuore delle Dolomiti e ora teme per la sua vita. I residenti lo hanno minacciato di morte e vogliono bruciare l’opera

«Non volevo mettere il dito nella piaga, ma contribuire a rimarginare una ferita. Il risultato, per colpa di feroci attacchi social, è che ora ricevo minacce di morte contro di me e la mia famiglia». Lo scultore asiaghese Marco Martello, noto con il nome cimbro di Martalar, denuncia l’ultimo capitolo della “guerra dell’orso” che infiamma il Trentino. A scatenare la bufera, le prime immagini del suo gigantesco monumento sopra Molveno, quota 1.550 metri tra le rocce delle Dolomiti, cuore del Parco naturale Adamello Brenta. Noto esponente della Land Art, che colloca le installazioni artistiche nell’ambiente, Martalar ha realizzato un orso usando le radici dei larici abbattuti sei anni fa dalla tempesta Vaia.
Con 3 tonnellate di legno e 2.500 viti, in due mesi ha preso corpo una scultura alta 5 metri, lunga 8 e larga 2,5. Simbolico il luogo scelto per il monumento: il “Tof dell’ors” sopra Pradel, canalone da sempre frequentato dagli orsi, dove sotto gli Asburgo i cacciatori di taglie imperiali abbattevano gli animali. L’inaugurazione dell’opera è prevista dopo Ferragosto, da finire restano gli artigli: nell’era del foto- turismo social le immagini però sono volate e la polemica è esplosa. «Una cosa vergognosa – l’attacco di Carlo Papi, padre il Andrea, il giovane ucciso nella vicina Val di Sole nell’aprile 2023 – e una scelta priva di sensibilità. Mesi fa un conoscente mi aveva chiesto cosa pensavamo, come famiglia, di un orso di Martalar qui in valle. Abbiamo espresso il nostro giudizio negativo, esteso anche al versante opposto del Brenta. Non abbiamo saputo più niente, nessuna comunicazione ufficiale.
A cose fatte abbiamo ricevuto le foto della scultura sul telefonino». A commissionare l’opera, costata 60 mila euro, Comune e Funivie di Molveno. «La famiglia Papi è stata informata per delicatezza – dice Lorenzo Donini, presidente degli impianti di risalita – non ci risultano contrarietà preventive su Molveno. È un’opera d’arte che fa pensare, non ha bisogno di autorizzazioni personali». A far salire la tensione, le minacce di morte contro Martalar e il rischio che il suo grande orso venga dato alle fiamme. Il 22 agosto dell’anno scorso un anonimo rogo doloso ha distrutto il Drago Vaia,realizzato a Lavarone: l’opera- icona della forza della naturaè stata ricostruita a inizio giugno. «Sul cellulare – dice Marco Martello – ricevo insulti e messaggi che augurano a me ai miei cari di morire sbranato da un orso come Papi. Per evitare vandalismi in queste ore stanno collocando otto estintori automatici all’interno della scultura. Sonosaliti i carabinieri per registrare il posizionamento di telecamere e fototrappole. Fa riflettere che un’opera d’arte sul complesso rapporto tra umanità e natura scateni un simile odio e vada protetta dalle forze dell’ordine». Il paradosso è che all’insurrezione di social e di parte della popolazione locale, corrisponde il quotidiano assalto entusiasta di migliaia di turisti e alpinisti diretti verso le pareti del Brenta. «Foto e selfie – dice lo scultore vicentino – solo commenti positivi: chi non è condizionato da pressioni politiche e polemiche populiste, capisce il significato del mio lavoro». Contro l’opera anche il comitato che in Val di Sole raccoglie firme per un referendum anti-orso: e l’altra notte, in Val Rendena, sono comparse scritte anonime che invocano una strage di plantigradi «perché adesso in gabbia ci siamo noi». Nel mirino, dopo il ferimento di un turista francese nell’Alto Garda e il contestato abbattimento dell’orsa KJ1 ordinato dal presidente della Provincia Maurizio Fugatti, è ora lo stesso uso dell’immagine dell’orso. Il Trentino, da secoli, ne è pieno.
All’orso sono dedicati santuari e feste patronali, bandiere comunali e paesi, toponimi e sentieri. L’orso è il simbolo di Andalo e del Parco naturale Adamello Brenta. Il suo profilo promuove scuole di sci e rafting, sculture campeggiano perfino nei parchi gioco per bambini. «Mi spaventa – dice Martalar – scoprire che è diventato un tema tabù di cui non si può nemmeno parlare. Posso capire che per la famiglia Papi perdere un figlio è tragico: la mia visione però è che rispetto all’immensità della natura l’umanità è un microbo. L’unica via da percorrere è l’equilibrio della convivenza, non l’illusione della distruzione. Per questo realizzo gli animali-giganti che ci fanno paura e nello stesso tempo sognare, come la lupa che ho collocato sul Lagorai. La loro sopravvivenza è anche la nostre salvezza». Il monumento all’orso fatto con i larici abbattuti da un tempesta ed eretto tra le Dolomiti, voleva “riaprire un dialogo”: maestri del rancore e specialisti della propaganda cercano un’altra volta di renderlo impossibile.