la Repubblica, 13 agosto 2024
Intervista a Gianfranco Micciché. Parla del suo addio a Forza Italia
Trent’anni in Forza Italia.Adesso Gianfranco Micciché, uno dei pionieri del partito di Berlusconi, decide di lasciare.
Perché?
«Facciamo un salto indietro, proprio al 1994, a quell’idea del Cavaliere di riunire attorno a un unico progetto le forze liberali, laiche, socialiste, riformiste.
Berlusconi nel giro di pochissimi mesi aprì alla destra, con la proposta di votare Fini come sindaco di Roma. Fini prese un impegno che mantenne: provare a costruire una destra che si liberasse dalla nostalgia del fascismo, liberale e moderna. Lui, Tatarella, Fisichella, ebbero il coraggio di fare quel passo. Cancellato dalla destra di oggi».
Stagione controversa, quella della nascita della Seconda Repubblica, fra le ceneri di Tangentopoli e la paura di Berlusconi per le sue aziende. Lei ne parla come un Eden.
«Quell’esperimento funzionò perché con quella destra era facile starci. Di più: ci piaceva, era una forza politica moderata e serena.
Piaceva a tutti noi, all’interno di quel gruppo di pionieri dalle idee certo non fasciste costituito da Pera, Urbani, Martino, Ferrara».
E oggi?
«Oggi, nel centrodestra, non si può più neppure parlare di diritti civili.
Vietato. Quella di Meloni è una destra che sta rimuovendo i valori del congresso di Fiuggi. Sta facendo repressione. È ovvio che la maggior parte degli esponenti di Forza Italia che hanno una concezione riformista e liberale della vita stia male».
Parla così anche perché in Sicilia non ha il potere che aveva fino a due anni fa.
«Vuole sapere se hanno provato a isolarmi? Sì e ci sono riusciti.
Quando ho detto di essere pronto a cedere il coordinamento regionale che ho tenuto per tanti anni a una persona ragionevole come Tommaso Calderone (capogruppo di FI in commissione Giustizia alla Camera, ndr), la reazione del governatore Schifani fu: allora andiamo via tutti. Ci troviamo difronte a una gestione fondata sulle epurazioni. E sull’accondiscendenza alla segreteria nazionale: vede, io sono juventino ma quando avevo 30 anni andavo allo stadio con Berlusconi e per farlo contento esultavo per finta ai gol di Van Basten. Ora non lo farei più, non devo compiacere nessuno, ho percorso la mia carriera. Schifani non ha più 30 anni però si comporta allo stesso modo. E lo fa con Tajani…».
Episodio ameno. Ma la politica?
«Secondo lei non è politico il fatto che un governatore non ha il coraggio di dire no all’Autonomia differenziata, che sarebbe una rovina per il Sud, solo per non dare un dispiacere a Meloni e Salvini?
Berlusconi non avrebbe mai permesso quello che sta accadendo.Questa FI non è quella di Berlusconi, è anonima e succube degli alleati di governo. Ma lei li ricorda i nomi dei ministri di FI? Si conosce solo Tajani, basta questo per dire che c’è qualcosa che non va. Le scelte le fanno gli altri».
Micciché, non ritiene la sua credibilità minata dal fatto di essere indagato per peculato e truffa e per presunti illeciti commessi alle elezioni del 2022?
«Si legga gli atti giudiziari: la “presente indagine”, è scritto, trae origine da una dichiarazione di Gaetano Armao (ex assessore regionale, ndr). Armao un mese dopo aver assunto una consulenza dalla Regione di Schifani per 70 mila euro, afferma di aver sentito dire che io avrei preso 80 mila euro da un aspirante candidato permetterlo in lista. A parte che la circostanza è assolutamente falsa, il concatenarsi dei fatti mi sembra eloquente. Da quell’indagine nascono le intercettazioni e si arriva al famoso gatto portato in autoblù».
E alla sua sciagurata frase sugli inquirenti: “Me la possono sucare altamente”.
«Quella espressione è la prova della mia innocenza, la pronuncio perché sono tranquillo, non perché mi senta forte o sia arrogante. In quel modo ribadisco a chi mi sta vicino di essere in regola con tutto. Mi spiace solo essere stato sboccato, ma io fra amici parlo un po’ così. Capita a tanti».
Ora che farà Micciché?
«Continuo a fare politica. Intanto sto lavorando per la realizzazione di un convegno sui diritti, che non sono più quelli del secolo scorso, lo studio, la religione, il voto. Vorrei battermi per il diritto alla verità, oggi minacciato dalle fake news e da un uso improprio delle intercettazioni. Ma lasciamo stare la giustizia. A lei pare normale che al Comune di Palermo non si riesca a far approvare una mozione che consenta la trascrizione dei bambini delle famiglie omogenitoriali?
Siamo tornati a 50 anni fa. Per compiacere il governo».
Marina Berlusconi chiede che FI sia più attenta a questi temi e lei se ne va.
«Marina esprime il pensiero di suo padre, che ho visto piangere davanti alla tragedia di migranti morti in mare mentre si dirigevano sulle coste adriatiche. Ma non credo che lei e Pier Silvio abbiano interesse a fare politica».
Ha scelto di nuovo di abbracciare l’ex governatore Raffaele Lombardo.
«Mi iscrivo al gruppo dell’Mpa, in Assemblea regionale, intanto per lavorare sull’Autonomia, per opporci al progetto di Calderoli.
Con Lombardo ho fatto molto in passato, lo considero una delle tre o quattro persone che se si impegnano per realizzare una cosa, la fanno. E poi ha letto qualche libro. Anche questo non è frequente…».