13 agosto 2024
L’arte di scrivere, secondo Anton Čechov
«L’arte di scrivere è l’arte di abbreviare» (Anton Čechov).
«[Il tuo lavoro] risulterà un’opera d’arte solo alle seguenti condizioni:1) Assenza di verbose lungaggini di natura politica, sociale ed economica; 2) totale obiettività; 3) veridicità delle descrizioni dei personaggi e delle cose; 4) speciale brevità; 5) audacia e originalità; rifuggire dalla banalità; 6) spontaneità» (Anton Čechov, in una lettera del 10 maggio 1886 al fratello Alksander, a sua volta prosatore).
«Quelli che sanno parlare bene, parlano brevemente» (Fëdor Dostoevskij, Demoni).
Regola delle regole per scrivere bene secondo Anton Čechov: la brevità. Condizione ritenuta così importante da diventare il canone per tutto: dal sistema di personaggi («Centro di gravità devono essere due: lui e lei…»), dalle descrizioni («devono essere assolutamente brevi»), fino alle norme stilistiche («Cancellate, ove possibile, attributi e avverbi»).
Anton Čechov a proposito della macchina da scrivere: «Ho provato questo apparecchio in treno. Niente di che, si scrive, anche se male».
La necessità, secondo Anton Čechov, di cancellare e riscrivere più volte un testo. I tempi di stesura devono necessariamente prevedere un periodo di latenza in cui lo scritto viene messo da parte per poi essere ripreso in un secondo momento. Dopodiché, bisogna rileggere e sottoporre il tutto al labor limae, ma senza esagerare perché si rischia di far perde- re al dettato spontaneità e naturalezza. In questo caso è solo un’apparente contraddizione quanto scrive alla Avilova in lettera del febbraio 1895: «Voi limate poco, una scrittrice non deve scrivere ma ricamare sulla carta, con un lavoro paziente, minuzioso» e l’appunto che muove in un’altra lettera al fratello Aleksander: «Non lisciare, non limare, ma sii sgraziato, audace».
Anton Čechov, laureato in medicina all’età di 24 anni.
«Privo di talento non è chi non è capace di scrivere racconti, ma chi scrive e non è capace di tenerlo nascosto».
«Non posso dirvi niente di preciso, consiglio soltanto di chiudere il racconto in un baule e tenerlo là un anno intero e dopo leggerlo. Allora vi risulterà più chiaro...» (Anton Čechov, lettera a E. M. Šavrova, 28 febbraio 1895).
«Nessuno stampava i suoi romanzi e lui attribuiva ciò a motivi di censura» (Anton Čechov, Appunti su fogli separati.
«In primo luogo io sono in genere contrario alla dedica a qualsivoglia persona vivente. Ma se scrivete una dedica, fatelo possibilmente senza parole superflue, per esempio scrivete soltanto: “Si dedica a tizio” e basta» (Anton Čechov, lettera a M. Gor’kij, 3 settembre 1899).
«Io ancora non ho una concezione politica, religiosa e filosofica; la cambio ogni mese, e quindi bisogna che mi limiti solo alla descrizione di come i miei eroi amano, si sposano, generano, muoiono e di come parlano» (Anton Čechov, lettera a D. V. Grigorovič, 9 ottobre 1888).
«Ci sono molti punti che né la critica né il pubblico capiranno; all’una e all’altro essi sembreranno vuoti, non meritevoli d’attenzione, ma io in anticipo mi rallegro del fatto che questi stessi punti saranno capiti e apprezzati da due, tre letterati buongustai, e questo mi è sufficiente» (Anton Čechov, lettera a Ja. P. Polonskij, 18 gennaio 1888).
«Permettetemi di ripetere un consiglio: di scrivere con più freddezza. Quanto più la situazione tocca la sensibilità tanto più bisogna scrivere e tanto più il dato sentimentale ne verrà fuori. Non bisogna essere sdolcinati» (Anton Čechov, lettera a L. A. Avilova, 1° marzo 1893)
«Gli scrittori sono gelosi come colombe» (Anton Čechov, lettera a I. L. Leont’ev, 4 febbraio 1888)
«Da quando sono diventato una celebrità, la mia grafia è cambiata in peggio» (Anton Čechov, lettera a V. V. Bilibin, 4 aprile 1886).
«L’insoddisfazione costituisce una delle qualità base di ogni vero talento» (Anton Čechov, lettera a A. S. Suvorin, 14 febbraio 1889).
«Ricorda che le dichiarazioni d’amore, i tradimenti di mogli e mariti, le lacrime di vedove, orfani e di ogni altro tipo è da un pezzo che sono state descritte. Il tema deve essere nuovo» (Anton Čechov, lettera a Al. P. Čechov, 11 aprile 1889).
«“Ciò non di meno” e “conformemente a ciò” le hanno coniate i funzionari. Io leggo e sputo» (Anton Čechov, lettera a A. S. Suvorin, 24 agosto 1893).
«La medicina è la mia legittima moglie, la letteratura la mia amante» (Anton Čechov, lettera a A. S. Suvorin, 11 settembre 1888).
«Di scrivere non ho voglia, è difficile coniugare il desiderio di vivere con il desiderio di scrivere» (Anton Čechov, lettera ad Al. P. Čechov, 15 aprile 1894).
«Bisogna essere indifferenti, quando si scrivono racconti pietosi. Quanto più è obiettiva, tanto più l’impressione risulta forte» (Anton Čechov, lettera a L. A. Avilova, 29 aprile 1892).
«Bisogna che ogni frase, prima di essere messa su carta, rimanga nella testa per due giorni per oliarsi» (Anton Čechov, lettera a A. S. Lazarev, 13 marzo 1890).
«Nel Russkie Vedomosti, stampate 2635 righe, ricevuti 900 rubli, a credito 350 rubli e 10 copechi» (Anton Čechov, Taccuino II, 31).
«Evidentemente non mi avete capito. Vi ho scritto non del malvezzo ma della sconvenienza dell’uso delle parole straniere, di quelle che non hanno una radice russa o che sono desuete» (Anton Čechov, lettera a M. Gor’kij, 3 gennaio 1899).
«Rispetta te stesso, per amor di Cristo, non allentar la briglia alla penna, quando il cervello è pigro» (Anton Čechov, lettera a Al. P. Čechov, 6 aprile 1886).
«Dio ci scampi dai luoghi comuni. Meglio di tutto evitare di descrivere lo stato d’animo degli eroi; bisogna fare in modo che esso sia comprensibile dalle loro azioni...» (Anton Čechov, lettera a Al. P. Čechov, 10 maggio 1886).
«Bisognerebbe che voi osservaste più da vicino il pubblico che vi legge» (Anton Čechov, lettera a M. Gor’kij, 27 giugno 1899).
«Io sono capace di scrivere solo a partire dai ricordi e non ho preso direttamente dalla natura. A me serve che la memoria sedimenti il soggetto e che in essa, come in un filtro, resti solo ciò che è importante e significativo» (Anton Čechov, lettera a F. D. Batjuškov, 15 dicembre 1897).
«È più facile scrivere di Socrate che di una signorina o di una cuoca» (Anton Čechov, lettera a A. S. Suvorin, 2 gennaio 1894).
«Il soggettivismo è una cosa orribile. Esso non va bene anche per il fatto che lega mani e piedi del povero autore» (Anton Čechov, lettera a Al. P. Čechov, 20 febbraio 1883).
«Per dare aiuto a un proprio collega, per rispettare la sua persona e il suo lavoro, per non spettegolare su di lui e non essere invidiosi, per non mentirgli e non essere degli ipocriti davanti a lui – per tutto ciò è necessario essere non tanto un giovane letterato, quanto in generale un uomo... Occorre essere gente comune, relazionarsi alla pari con tutti e allora non ci sarà bisogno neppure di una solidarietà sollecitata artificiosamente» (Anton Čechov, lettera a I. L. Leont’ev, 3 maggio 1888).
«A me pare che non debbano essere gli scrittori a decidere su questioni come quelle su Dio, sul pessimismo etc. Compito dello scrittore è soltanto di rappresentare chi, come e in quali circostanze si è parlato o si è pensato a Dio o al pessimismo. L’artista non deve essere un giudice dei suoi personaggi ma solo un testimone imparziale» (Anton Čechov, lettera a A. S. Suvorin, 30 maggio 1888).