Estratto dell'articolo di Adriano La Regina per "la Repubblica - Edizione Roma", 12 agosto 2024
“IL POTERE? VANITÀ DI POMPE"; “LA VITA È OPINIONE” – AI SOLONI DEL GOVERNO DUCIONI FAREBBE BENE A USCIRE DAL PALAZZO E PRENDERE ISPIRAZIONE DALLA COLONNA DI MARCO AURELIO, IL MAXI-MONUMENTO DEDICATO ALLE GESTA DELL’IMPERATORE FILOSOFO, CHE SI ERGE DI FRONTE A PALAZZO CHIGI – LA COLONNA FU ERETTA DAL SENATO ROMANO DOPO LA MORTE DI MARCO AURELIO, E NON È MAI STATA SPOSTATA DA LÌ – LE DIFFERENZE CON LA COLONNA TRAIANA, A CUI SI ISPIRA, E LE CITAZIONI ATTUALISSIME: “IL MONDO È TRASFORMAZIONE; “CIASCUNO TANTO VALE QUANTO QUELLO DI CUI SI OCCUPA…” -
“Il mondo è trasformazione” per Marco Aurelio, il filosofo che resse l’impero per vent’anni, dal 161 al 180 dopo Cristo. Si proclamava cittadino del cosmo e riconosceva all’umanità intera una sola comune cittadinanza.
Le sue concezioni ideali, le sue riflessioni sul significato dell’esistenza (“la vita è opinione”), del potere (“vanità di pompe”) e dei comportamenti (“ciascuno tanto vale quanto quello di cui si occupa”), sono giunte a noi negli scritti «A se stesso».
Annotati durante gli ultimi anni di vita, mentre conduceva la guerra nelle regioni danubiane, questi pensieri, messi a confronto con la violenza usata verso i nemici, quale compare nelle immagini scolpite sulla Colonna a lui dedicata, rivelano il conflitto interiore tra l’inclinazione alla clemenza […] e l’esercizio del potere, inteso come dramma sulla scena del mondo. […]
La Colonna istoriata eretta dal senato romano nel Campo Marzio, laddove tuttora si trova per celebrare l’imperatore morto in un accampamento militare ai confini settentrionali dell’impero, reca sul fusto la rappresentazione scultorea delle imprese di guerra contro Marcomanni e Sarmati tra gli anni 169-175.
Ha in comune con la Colonna Traiana, il capolavoro di Apollodoro di Damasco al quale si ispira, la concezione architettonica e l’idea di una narrazione storica scolpita su una fascia continua che si avvolge a spirale intorno al fusto per 245,92 metri. Le due colonne però si distinguono fortemente tra loro per i caratteri stilistici della scultura. In quella di Marco Aurelio, disegnata da un grande maestro di cui difficilmente potremo mai conoscere il nome, il chiaroscuro delle immagini ad alto rilievo conferisce potente drammaticità al susseguirsi delle scene di violenza sui vinti e di sofferenza impressa sul volto di popolazioni inermi.
Come nella Colonna Traiana, anche in quella di Marco Aurelio vi è una scala a chiocciola, qui di 203 gradini, che conduce alla sommità del capitello, un balcone dal quale ci si può affacciare su Roma, tra cupole di chiese e il Pantheon. Era sormontata dalla statua bronzea dell’imperatore, perduta durante il Medio Evo e sostituita nel 1589, per volontà di Sisto V, con quella di San Paolo.
Le due colonne hanno in comune anche un altro aspetto: la particolare funzione del fregio istoriato, oltre quella ovvia di rappresentare il potere e di glorificare l’imperatore. […] Tanto nell’una quanto nell’altra il contenuto narrativo è in ogni caso comprensibile solamente seguendo lo sviluppo delle spirali.
Questa esperienza è stata resa possibile dalle torri metalliche costruite per i restauri negli anni 1981-1988, allorché furono pure eseguite, per la prima volta, la documentazione fotografica completa e quella grafica a grandezza naturale. In quegli anni il pubblico e gli studiosi poterono salire sui ponteggi per osservare da vicino le raffigurazioni; anche questo non era mai avvenuto.
Non è chiaro quindi quale senso avesse scolpire sulla colonna la meticolosa e fedele descrizione di paesaggi, ritratti e avvenimenti che dovevano comparire nei diari di guerra, nei dipinti e nei disegni eseguiti da pittori e architetti al seguito degli imperatori, se di tutto questo alla fine poco si vedeva e meno ancora si capiva, come del resto ancora oggi avviene.
[…] Le raffigurazioni sono state ben studiate e molto si è compreso del loro significato, della sintassi compositiva, degli accostamenti simbolici; tutto questo però riguarda la concezione dell’artista, meno la percezione dell’osservatore.
Occorre allora rinunciare, forse, a credere che queste narrazioni costituissero un messaggio destinato ad essere letto compiutamente dal pubblico. La loro funzione primaria dovette essere quella di formare nel marmo un monumentum aere perennius, un documento ufficiale più durevole del bronzo, metallo troppo ambito per salvarsi dal riuso in tempi difficili.
Le pergamene erano esposte a perdite, sottrazioni e falsificazioni anche negli archivi, e i libri potevano divulgare narrazioni false o malevole. Il marmo offriva invece maggiori garanzie per la genuinità delle informazioni, per proteggerne la veridicità dall’usura del tempo e dalle deformazioni dell’ignoranza.
Esattamente questo è poi avvenuto: alla perdita delle fonti scritte sulle campagne militari di Traiano e di Marco Aurelio ha posto riparo la sopravvivenza dei fregi scolpiti. Apollodoro, l’inventore della colonna istoriata, preferì il marmo al bronzo, che pure avrebbe potuto usare [...] per conservare indenne la verità storica. Infatti, le statue bronzee di Traiano e di Marco Aurelio erette alla sommità delle Colonne non si sono salvate, proprio come delle imprese di Augusto [...] ci sono giunte solo copie lapidee.
La Colonna di Marco Aurelio è un’opera d’arte di valore incommensurabile, che si offre alla vista nella parte più vitale della città con i suoi significati evidenti e con quelli meno percettibili, fonte di curiosità. Si è guadagnata nei secoli una piazza per il suo pubblico. Si erge lì a ornamento della città e ad exemplum di sofferta saggezza per il nostro Governo. A 36 anni dal compimento del suo restauro meriterebbe nuove cure per la protezione dall’inquinamento che torna ad offuscarne le superfici.