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 2024  agosto 12 Lunedì calendario

Regole per aspiranti scrittori

Regole per aspiranti scrittori 

Regalo di anniversario

al posto di una cassetta postale (1)

 

 

Le regole per aspiranti scrittori (PSS 3, 205-208) furono pubblicate per la prima volta sul settimanale Budil’nik [La sveglia] (n.12, 1885, p.145) senza firma alla fine del numero speciale in cui si celebravano i vent’anni del periodico. Nell’impaginazione esso era l’ultimo contributo e in un certo senso rappresentava la degna conclusione dell’edizione giubilare. Come è ironicamente spiegato nel sottotitolo, le regole venivano offerte al lettore come «un regalo di anniversario al posto di una cassetta postale». 

 

Bisogna lavare con cura ogni bambino che è appena nato e, avendogli dato modo di riposare dalle prime impressioni, con forza batterlo a parole: «Non scrivere! Non scrivere! Non diventare scrittore!». E se dopo una simile pena, quel bambino comincerà a mostrare inclinazioni per la scrittura, occorre provare con le carezze. Se anche le carezze non saranno d’aiuto, allora lasciate stare il piccolo e scrivete: «È perduto». Il prurito dello scrittore è incurabile. 

La strada di chi scrive dall’inizio alla fine è irta di spine, di chiodi e ortiche, e quindi una persona dotata di buon senso deve assolutamente stare alla larga dall’attività di scrittore. E se un inesorabile destino, malgrado tutti gli avvertimenti, spingerà qualcuno su questa via, per mitigare una simile sorte infelice, bisogna che sia guidato dalle seguenti regole: 

1. Occorre ricordare che essere un autore casuale oppure un autore à propos [2] è meglio che essere uno scrittore assiduo. Il fattorino che scrive versi vive meglio del poeta che non fa il fattorino. 

2. Occorre anche mettersi bene in testa che la sfortuna nell’arengo letterario è mille volte meglio della fortuna. La prima è punita soltanto dalla delusione e dalla franchezza ingiuriosa della cassetta delle lettere, la seconda implica penose camminate per l’onorario, la ricezione dell’onorario con cedola nel 1899, «strascichi» e nuovi tentativi. 

3. La scrittura come «arte per l’arte» è più remunerativa della creatività per il vile metallo. Chi scrive non si compra una casa, non viaggia in prima classe, non gioca alla roulette e non mangia zuppa di sterletto [3]. Il suo cibo è miele e cavallette preparate da Savrasenkov [4] la sua dimora sono stanze ammobiliate, il modo di spostarsi è andando a piedi. 

4. La gloria è una toppa splendente sugli stracci vecchi del poeta [5]. La notorietà letteraria è pensabile solo in quei Paesi dove per la comprensione della parola «letterato» non si va a ficcare il naso nel «Dizionario delle 30.000 parole straniere» [6].

5. Possono scrivere tutti senza differenza di ceto, di professione di fede, di età, di sesso, di grado di istruzione e di condizione familiare. Non si vieta di scrivere neanche ai folli, a chi si diletta dell’arte teatrale e a chi è stato privato di tutti i diritti. È auspicabile, inoltre, che chi si arrampica sul Parnaso sia possibilmente gente matura, che sappia che le parole «andare [echat]» e «pane [chleb]» si scrivevano con la «jat» [7].  

6. È auspicabile che essi non siano né allievi ufficiali e neanche dei ginnasiali. 

7. Si presume che chi scrive, oltre alle normali attitudini intellettuali, debba avere dietro di sé l’esperienza. Il compenso più alto lo riceve chi è passato per il fuoco, per l’acqua e per i tubi di rame [8], il più basso chi è passato per la natura intatta e incontaminata. Al primo gruppo appartiene chi si è sposato per la terza volta, i suicidi mancati, chi si è giocato anche la camicia, chi si sfida a duello, chi scappa per debiti, etc. Al secondo chi non ha debiti, chi è senza il fidanzato, chi non beve, le collegiali etc. 

8. Diventare scrittore non è molto difficile. Non c’è nessun mostro che non troverebbe uno simile a sé e nessuna assurdità che non troverebbe un lettore adatto. Quindi coraggio. Metti davanti a te la carta, prendi la penna in mano e, eccitato il pensiero prigioniero [9], scrivi. Scrivi di quello che vuoi: delle prugne secche, del tempo, del kvas di Govoroskij [10], del Grande oceano, della lancetta delle ore, della neve dell’anno scorso... Dopo aver scritto, prendi in mano l’autografo e, sentendo nelle vene un sacro fremito, va’ in redazione. Tolte all’entrata le calosce e chiesto: «Dov’è il signor editore?», entra nel santuario e, pieno di speranze, consegna la tua opera... Dopo, per una settimana stai a casa sul divano a fissare il soffitto e dilettati con i sogni; trascorsa una settimana vai in redazione e ricevi il tuo manoscritto indietro. Dopo di ciò occorre consumare le soglie di altre redazioni... Quando si è fatto il giro di tutte e il manoscritto non è stato stampato da nessuna parte, pubblica la tua opera in una edizione privata. I lettori si troveranno. 

9. Diventare uno scrittore che si stampa e si legge è molto difficile. A questo scopo: occorre essere assolutamente alfabetizzati e avere del talento della grandezza almeno di un chicco di lenticchia. In mancanza di grandi talenti, quelli cari e piccini. 

10. Sii onesto. Non spacciare qualcosa di rubato per tuo, non stampare la stessa cosa simultaneamente in due edizioni, non far passare te per Kuročkin [11] e Kuročkin per te, qualcosa di straniero non chiamarlo originale etc. In generale ricordati dei dieci comandamenti. 

11. Nel mondo della stampa esistono delle convenzioni. Qui come anche nella vita non è raccomandato pestare i calli, soffiarsi il naso nel fazzoletto altrui, mettere le dita nel piatto di altri etc. 

12. Se vuoi scrivere, fai così. Scegli all’inizio un tema. Allora ti è data la piena libertà. Puoi agire d’arbitrio e anche di prepotenza. Ma, per non scoprire una seconda volta l’America e per non inventare per la seconda volta la polvere da sparo, evita i temi triti e ritriti. 

13. Scelto il tema, prendi in mano una penna non arrugginita e scrivi quanto vagheggiato con una grafia decifrabile e senza scarabocchi su un lato del foglio, lasciando l’altro intonso. Quest’ultima cosa è auspicabile non tanto per aumentare le entrare dei fabbricanti di carta quanto per altre e superiori considerazioni. 

14. Dando sfogo alla fantasia, trattieni la mano. Non permetterle di inseguire una quantità di righe. Quanto più brevemente e di rado scriverai, tanto di più e spesso ti stamperanno. La brevità non rovina affatto l’opera. Una gomma morbida non cancella la matita meglio di una dura. 

15. Dopo avere scritto, metti la firma. Se non stai dietro alla fama e temi di essere picchiato, usa uno pseudonimo. Ma ricorda che, per quanto tu abbia deciso di rimanere celato al pubblico, il tuo cognome e il tuo indirizzo devono essere conosciuti dalla redazione. Questo è necessario nel caso in cui l’editore voglia farti gli auguri per l’anno nuovo. 

16. Prendi il compenso solo sul pubblicato. Evita gli anticipi. L’anticipo fa un boccone del futuro. 

17. Ricevuto il compenso, fanne ciò che vuoi: compra un piroscafo, prosciuga una palude, fatti una foto, ordina una campana a Finljandskij [12], ingrandisci la tournure [13] delle donne per tre volte..., in una parola fanne quello che vuoi. L’editore, dando il compenso, dà anche piena libertà d’azione. Inoltre se il collaboratore desidererà inviare alla redazione il conto, dal quale risulta chiaramente come e dove ha speso il suo compenso, essa non avrà nulla in contrario. 

18. A conclusione della lettura rileggere le prime righe di queste «Regole». 

 

Note [2] In francese nel testo: «occasionale»; [3] È un pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia degli storioni; [4] K.E. Savrasenkov, proprietario di un albergo e di un ristorante a Mosca; [5] Citazione non letterale della poesia di Puškin «Dialogo del libraio con il poeta [Razgovor knigoprodavca c poe- tom]» (1824); [6] Il riferimento è al Dizionario esplicativo delle parole straniere, che sono entrate nell’uso della lingua russa, con l’indicazione delle radici [Ob”jasnitel’nyj slovar’ inostrannych slov, vošedšich v upotreblenie na russkom jazyke, sukazaniem ich kornej], a cura di A.D. Michel’son, 1a ed.: Mosckva, 1861; [7] La «jat [ѣ – traslitterata ě]» è una vocale che con la riforma dell’ortografia russa del 1918 venne soppressa, generalizzando la «e»; pertanto secondo l’alfabeto russo in uso all’epoca di Čechov la parola «andare [echat’]» si scriveva «ěchat’» e «pane [chleb]» «chlěb”»; [8] Nel senso che ne ha viste di tutti i colori; [9] Parafrasi del v. 4 («o l’irritazione del pensiero prigioniero») della poesia di Lermontov: «Non credere a te stesso [Ne ver’sebe]» (1839); [10] Il kvas è una bevanda fermentata a basso contenuto alcoolico; in questo caso il riferimento è al kvas di pane della fabbrica di Govoroskij; [11] Vasilij Stepanovič Kuročkin (1831-1875), poeta russo che godette di notevole successo e fu redattore della rivista umoristica Iskra [La scintilla]; [12] P.N. Finljandskij era il proprietario di una fonderia di campane a Mosca; [13] La tournure è una imbottitura posteriore della gonna, ottenuta con cerchi concentrici e stecche, in voga alla fine del XIX secolo.

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