Il Messaggero, 12 agosto 2024
Intervista a Ornella Muti
«Nonna, dov’è il fermaglio?», «Andiamo a disegnare?», «Vieni a fare merenda con noi?». Attraverso il telefono arrivano le voci squillanti dei nipotini di Ornella Muti (sono quattro più un altro in arrivo) riuniti nella grande casa di Lerma, nella campagna piemontese, dove l’attrice vive da qualche anno e dove anche in quest’estate torrida ha riunito i tre figli con i rispettivi compagni e bambini. «Per passare agosto in famiglia ho rinunciato a girare due film», spiega, «ma non potrei fare diversamente: i figli, che ho voluto con tutta me stessa, mi hanno regalato la felicità e mi hanno mantenuta in equilibrio, impedendomi di cadere».
Sempre seducente, da oltre mezzo secolo Ornella è un’icona del cinema: aveva solo 14 anni quando girò il suo primo film, La moglie più bella, e oggi che ne ha 69 vanta una carriera internazionale come poche. Incontri, successi, amori, esperienze: ripercorrendo le mille vite vissute, l’attrice si sofferma su un ricordo che ha lasciato il segno. È l’estate 1984, Ornella è già una star richiesta anche in America, dove ha girato Flash Gordon, e ha appena avuto la seconda figlia Carolina. Il compianto Francesco Nuti (scomparso nel 2023) la scrittura per girare in Valle d’Aosta Tutta colpa del paradiso, sua seconda regia dopo il successo di Casablanca Casablanca. L’attrice mette in valigia biberon, pannolini e raggiunge la baita di montagna che ospiterà le riprese.
In quegli anni la volevano tutti: cosa la spinse a girare il film di Nuti?
«Mi aveva colpito quel ragazzo bizzarro, divertente, dagli occhi un po’ malinconici, che al primo incontro si era presentato infagottato in una tuta militare. Nel film, Nuti faceva un ex carcerato che cerca il suo bambino dato in adozione, io ero la valligiana che lo aveva accolto. Nasce tra noi un sentimento, poi lui decide di ripartire lasciandomi il piccolo. La storia mi era piaciuta e poi girare Tutta colpa del paradiso fu meraviglioso».
Perché?
«Ero abituata a registi ultra-autoritari che sul set urlavano tutto il tempo, terrorizzando attori e maestranze. Per farmi piangere in La moglie più bella, Damiano Damiani mi aveva dato addirittura un ceffone... Invece sul set di Nuti regnava un’aria rilassata, amichevole. Eravamo una famiglia. La costumista Nicoletta Ercole dava fondo alla sua creatività per esaltare la mia bellezza, c’erano gli sceneggiatori Giovanni Veronesi e Vincenzo Cerami. La sera, finite le riprese, Francesco suonava la chitarra. Per poter ritrovare quell’atmosfera magica, alzarsi all’alba e raggiungere la baita in jeep non rappresentava una fatica».
E la piccola Carolina dov’era mentre lei girava il film?
«Veniva con me, sorvegliata da una tata che me la portava ad intervalli regolari perché la allattassi. E tutti, sul set, rispettavano le mie esigenze di mamma. Le riprese venivano interrotte finché non avessi finito».
Aveva portato in Valle d’Aosta anche la primogenita Naike?
«Certo. Ma s’innervosiva, non voleva dividermi con gli altri. Ho avuto per anni dei forti sensi di colpa nei confronti dei figli, come se non facessi abbastanza per loro. Ma è un sentimento comune a tutte le donne che lavorano».
Qualche scena del film fu difficile da girare?
«Sì, ne ricordo una. Avevo appena fatto la doccia e, quando Nuti arrivava all’improvviso, il copione prevedeva che mi cadesse l’accappatoio rivelando una piccola porzione di seno. Io però esitavo, non mi sentivo a mio agio».
Come mai?
«Era l’epoca in cui tutti i registi pretendevano il nudo e i set si trasformavano in un campo di battaglia. Resistere alle loro richieste era uno stress, soprattutto per me che sono sempre stata molto riservata, al limite della timidezza. Ogni volta si accendevano contrattazioni furiose sui pezzetti di carne da mostrare. Un incubo».
E con Nuti come andò?
«Decisi di fidarmi di lui e feci benissimo. “Tranquilla, è solo un attimo”, mi disse prima di girare la fatidica scena, poi mi guidò con pazienza e il massimo rispetto. E io mi decisi a far cadere l’accappatoio».
Le torna in mente un’altra scena che ha lasciato il segno?
«Quando Nuti e io ci baciamo davanti ai fuochi d’artificio. Indossavo una sottoveste di seta azzurra che contribuiva, nella sua risplendente semplicità, a sottolineare la purezza del sentimento nato tra i nostri personaggi».
Al di fuori del lavoro, che ricordo ha di Francesco?
«Era come un bambino indifeso, tenero e dolce. Aveva la fama di latin lover e posso capirlo, non potevi non innamorarti di lui. Con me parlava spesso del suo adorato papà che aveva perso da poco: rappresentava per lui un esempio, un punto di riferimento».
In quegli anni, dati gli incassi che garantiva, lei veniva trattata come una diva?
«Quando mai. Innanzitutto io non sono mai stata consapevole di esserlo. Ma in quell’epoca anche gli attori importanti venivano considerati non tanto delle star ma dei professionisti che contribuivano alla buona riuscita del film e come tali erano rispettati. Sui set c’era uno spirito di collettività che oggi si è perso».
Il momento più bello dei suoi anni Ottanta?
«La nascita dei bambini, un regalo della vita. Guardando indietro, avrei voluto lavorare di meno e stare di più con Naike, Carolina e Andrea. Si è mamme a tempo pieno, ma mi sto rifacendo oggi».
In questo momento ha un amore?
«No, per carità. Sono single ed è meglio così. Mi basta essere super-impegnata tra lavoro, figli, nipoti. Oggi, per rinunciare alla mia libertà, dovrei trovare un uomo davvero speciale».
Che intende?
«Un compagno capace di accettare il fatto che io vivo in funzione della mia grande, faticosa ma meravigliosa famiglia. E se non arriva, pazienza. Sto già benissimo così, non mi manca nulla».