Corriere della Sera, 12 agosto 2024
L’intervista e l’attrazione fatale di Musk verso Trump
Una prossima guerra civile in Europa evocata otto volte negli ultimi dieci mesi usando il potente megafono della sua rete, X. Fino ai recenti disordini in Gran Bretagna: prima alimentati anche da Elon Musk dando credito e amplificando una notizia falsa (i tre bimbi uccisi vicino a Liverpool assassinati da un immigrato clandestino musulmano), poi definendo «inevitabile» una guerra civile nel Regno Unito. Da Londra l’accusa all’imprenditore americano di essere impegnato in attività criminali col progressista Guardian che chiede interventi.
Ma anche dall’altra parte dell’Atlantico il conservatore Wall Street Journal si chiede perché, se gridare «al fuoco» in un teatro gremito è un reato, non debba esserlo anche invocare una guerra civile in un Paese scosso da gravi disordini.
L’imprenditore dinamico e visionario di Tesla e SpaceX che due anni fa ha scelto di cambiare pelle trasformandosi in protagonista del mondo dei social, con la promessa di diventare il paladino del free speech, è ormai in realtà una variabile impazzita del sistema dell’informazione. Follia lucida: usa il suo enorme potere mediatico non solo per far avanzare le idee della destra radicale che ha ormai abbracciato, ma anche per diffondere tesi politiche basate su falsità, giustificare i deep fake, ostacolare account democratici che utilizzano la sua piattaforma social e, addirittura, per disorientare gli elettori fornendo informazioni errate sulla scadenza dei termini per la presentazione dei candidati attraverso Grok AI: l’intelligenza artificiale associata a X.
Quando conquistò Twitter, Musk affermò che ne avrebbe fatto uno strumento libertario neutrale, sottratto alle simpatie per la sinistra delle precedenti gestioni. Quello che sta accadendo è l’opposto: basti pensare all’uso di Twitter-X per accusare Kamala di essere «quasi letteralmente comunista» per via dei riferimenti ai valori di equità ed uguaglianza nei suoi comizi. Nella sua personalissima interpretazione, Musk pensa che Harris stia abbracciando un precetto di Karl Marx: «Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni».
L’uso del suo potere mediatico e della sua immensa ricchezza per sostenere in modo ben visibile la campagna di Donald Trump – che peraltro il miliardario intervisterà stasera in un format ancora tutto da capire – è, però, solo l’inizio della storia. La parte più insidiosa nella prospettiva delle elezioni presidenziali americane (ma anche altrove nel mondo) va cercata nell’uso spregiudicato e gravemente distorsivo delle tecnologie più avanzate come quelle dell’intelligenza artificiale e nelle pieghe di sistemi digitali che possono essere manipolati senza che l’opinione pubblica se ne accorga tempestivamente.
Il fronte più grave è quello dei deep fake. Da quando è diventato evidente che con l’intelligenza artificiale si possono riprodurre immagini, video e voci false ma perfette, facendo dire a un leader politico qualunque cosa, in Occidente i gestori delle tecnologie più avanzate hanno promesso di evidenziare e bloccare i falsi. Anche X ha adottato su questo regole di servizio vincolanti, ma poi il suo stesso padrone, Musk, le ha violate diffondendo un video pubblicitario della campagna di Kamala apertamente fake, ma con una voce identica alla sua: definisce Joe Biden «una marionetta del deep state» e sé stessa un’incapace.
Musk non nega che il finto spot sia stato generato artificialmente, ma rivendica il diritto alla parodia. Trasmesso ai suoi oltre 193 milioni di follower, comunque, è subito divenuto virale. Già visto da decine di milioni di utenti: quanti saranno quelli che lo pr enderanno per buono?
Altri fronti meno evidenti, ma che possono essere sfruttati nel rush finale della campagna elettorale da chi controlla la tecnologia, riguardano altre tre aree. Intanto l’ostruzione della comunicazione dei democratici in rete: account a favore di Kamala come «Progressive for Harris» e «White Dudes for Harris» sono stati sospesi senza spiegazione da X o trasferiti in spam, con successivo, faticoso ripristino. E questo quando mandano ancora 90 giorno al voto.
In secondo luogo un uso spregiudicato di AmericaPAC, l’organizzazione pro Trump finanziata da Musk, non solo per sostenere il candidato repubblicano ma anche per rastrellare i dati personali degli elettori: chi apre un video di AmericaPAC che ricostruisce l’attentato contro l’ex presidente, trova alla fine un bottone digitale per l’iscrizione alle liste elettorali: se lo preme deve fornire tutti in suoi dati. Poi, però, riceverà solo un «grazie»: nulla su come fare per votare.
Il terzo campo è quello delle procedure elettorali. Già ora molti Stati hanno protestato perché Grok, l’AI di X, fornisce indicazioni errate sui termini d’iscrizione alle liste (la candidatura di Harris è stata accettata ovunque). Facile immaginare quello che potrà succedere se queste manipolazioni AI continueranno anche nei giorni del voto e durante gli scrutini.