il Fatto Quotidiano, 12 agosto 2024
Scuola, anche quest’anno sarà record di “supplenti”
Il caso scuola, di nome e di fatto, è l’efficientissima Lombardia: la Flc Cgil della Regione ha avuto, qualche giorno fa un incontro di informativa con l’Ufficio scolastico regionale dal quale è emerso che i posti disponibili per la stabilizzazione del personale docente per il prossimo anno scolastico saranno 11.287 a fronte di un fabbisogno di 16.667 posti vacanti e disponibili che restano dopo la mobilità, quindi dopo gli eventuali trasferimenti richiesti e ottenuti dagli insegnanti: “Dunque – scrivono dal sindacato – l’inizio dell’anno scolastico sarà dominato dalla spasmodica ricerca di supplenti: oltre 5mila posti in organico di diritto da coprire”. Escludendo il sostegno. Il sindacato si concentra anche sul recente concorso: non tutte le graduatorie saranno pronte, visto l’alto numero di partecipanti (64mila in Lombardia) dicono. “Molte classi di concorso saranno pronte soltanto in settembre (36, fra queste quella di posto comune della Scuola Primaria, dove oggi sono previsti oltre 2.500 posti vacanti e disponibili), altre ad oggi non hanno ancora una data precisa di conclusione dei lavori”.
A livello nazionale non va meglio. Il contingente di posti autorizzato dal ministero dell’Economia e comprende in tutto 45.124 posti. Eppure, il totale dei posti vacanti dopo la mobilità, è pari a 64.156. Se si tiene conto che il prossimo concorso dei posti indicati dal Pnrr si terrà in autunno, è chiaro che solo una volta concluso si potranno coprire tutti. Nel mentre, dunque, non resta che sopperire con una soluzione: i precari della scuola. Ormai sono dei tappabuchi istituzionalizzati, per quanto fanno comodo.
La loro condizione nel sistema scolastico è stata evidenziata dalla Corte dei Conti nella sua ultima relazione sul Bilancio dello Stato. Dopo quasi un decennio possiamo dare per certificato il fallimento dei tentativi di stabilizzazione degli insegnanti. Anzi: dal 2017, nonostante il calo della natalità abbia anche iniziato a ridurre il numero di studenti, i contratti a tempo determinato nella scuola sono aumentati. Se nell’anno scolastico 2017/2018 il personale supplente (escluso il sostegno) era di circa 114mila unità, nell’anno scolastico 2023/2024 il numero è salito a 172mila unità. Se si guarda al sostegno, l’aumento è ancora più sensibile: da 58mila circa a 111mila. Quasi il doppio. “La tavola – si legge nella relazione – mostra, dal 2017-2023, un trend in progressivo aumento dell’utilizzo di personale supplente, cui si collega un ammontare in crescita della spesa per tale categoria di personale: in particolare, negli ultimi 3 anni da 5,08 miliardi nel 2021, passa a 5,6 miliardi nel 2022, fino a 6,8 miliardi nel 2023. La dinamica in crescita appare ancora più marcata osservando i docenti di sostegno appartenenti alla medesima categoria”.
Il record dei precari, che ora si stima possa raggiungere quota 250mila nell’anno scolastico 2024/2025, riguarda anche il resto del personale scolastico, quindi quello tecnico e amministrativo: il ministero dell’Istruzione ha infatti stabilito 10.336 nuove assunzioni a fronte d 30.579 posti liberi. Solo il 30% dei posti liberi e vacanti sarà quindi coperto con personale stabile: oltre 20 mila posti saranno dati a supplenza. “Un dato destinato ad aumentare – spiega Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil – almeno fino a quando non sarà modificata la norma prevista dalla legge 107/2015 che finanzia le assunzioni su tutti i posti liberi solo per i docenti. Una chiara discriminazione nei confronti del cosiddetto ‘personale Ata’, le cui assunzioni invece restano bloccate al turn over”. Ora ci si aspetta che il ministro Valditara concordi col Tesoro un piano straordinario.
Eppure negli anni si è provato di tutto: concorsi, ricorsi, sanatorie, abilitazioni. Ogni soluzione, però, è arrivata con i propri annessi limiti: pochi posti, necessità di gestire chi ha lavorato a tempo determinato oltre i tre anni (il limite raccomandato dall’Ue), contro-ricorsi di chi si è sentito defraudato, percorsi di specializzazione e abilitazione sotto-numero rispetto alle necessità e modificati di anno in anno, richieste di integrazione di crediti universitari a pagamento e così via. Al punto che è lecito chiedersi se precarizzare sempre più l’istruzione non sia di fatto una scelta, preludio di un taglio permanente. Certo, se si pensa anche all’approvazione dell’ultima riforma dell’Università, che moltiplicale figure precarie e a chiamata diretta, è difficile immaginare una qualsiasi smentita convincente.