Avvenire, 11 agosto 2024
Come stanno le scuole d’Italia
In Italia – dice un rapporto firmato dalla Fondazione Openpolis sulla base dei dati del Ministero dell’Istruzione – la metà degli istituti è stata costruita tra il 1950 e il 1992 con un picco di edificazioni nel decennio 1960-1970.
Le scuole italiane oggi hanno un’età in cui qualche acciacco è normale. Si va dal distaccamento di intonaco, crepe nei muri e perdite d’acqua alla caduta di finestre, calcinacci e controsoffitti fino a caldaie scoppiate, tetti scoperchiati e voragini aperte nei corridoi. La lista compilata lo scorso anno scolastico da Cittadinanzattiva documenta 56 incidenti strutturali che per puro caso (perché avvenuti prima dell’inizio delle lezioni, durante la pausa pranzo o perché il dirigente di turno aveva preventivamente fatto sgomberare l’aula) non hanno fatto molti danni. Il bollettino conta una manciata di feriti, tra cui alcune insegnanti che, oltre alle mansioni ordinarie, nelle vetuste scuole italiane si trovano persino a dover fare da scudo umano ai propri alunni.
Con un parco scuole così antico, però, non si può contare sulla fortuna. Solo un decimo delle scuole italiane è stata completata dopo il 1997: le più “recenti” (ma stiamo comunque parlando di edifici con 27 anni...) sono state costruite soprattutto nell’hinterland delle grandi città e nei Comuni di cintura, dove negli anni si sono concentrate le famiglie con figli, potendo contare su valori immobiliari più bassi; mentre nei Comuni polo di servizi la quota di scuole fabbricate dopo il 1997 passa a 7,3%. Su 40mila edifici scolastici attivi, poi, quelli edificati dopo il 2018 pesano meno dell’1% (precisamente l’0,8%). A livello geografico sono sparsi sul territorio con il 4,2% in Valle d’Aosta, il 2,7% nelle Marche, il 2,4% in Molise e poi Umbria (2%), Basilicata (1,4%), Abruzzo (1,3%) fino ad arrivare allo 0,1% della Sardegna. Leggendo questa lista si capisce come la costruzione di edifici ex novo in molti casi non sia da imputare alle mutate esigenze della didattica e all’impossibilità di riadattare edifici antichi ma a cause di forza maggiore, essendo molte delle regioni in cima alla classifica interessate negli ultimi decenni da devastanti eventi sismici. Eppure mettere la testa sugli spazi dove si studia non dovrebbe interessare solo in fase in emergenza. Servirebbero scuole non solo che non crollano ma anche più moderne, con aule e laboratori capaci di seguire le esigenze della nuova didattica. Un capitolo di spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza è dedicato proprio agli investimenti per il rinnovamento delle scuole: alcune verranno ricostruite, altre migliorate e dotate di più servizi. Tra il 2021 il 2026 il Pnrr garantisce 1,19 miliardi per la costruzione di nuove scuole: ne beneficeranno 213 edifici. Nello stesso periodo il piano di messa in sicurezza e riqualificazione energetica destinerà 3,9 miliardi a cui sono stati aggiunti ulteriori 50 milioni: 3.219 scuole sono state ammesse con il loro progetto al finanziamento pubblico. Con entrambi, però, siamo in ritardo e ancora in attesa che sia completata l’aggiudicazione dei lavori: lo stato di avanzamento dei piano di messa in sicurezza delle scuole italiane dovrebbe essere ai due terzi, invece secondo il monitoraggio Openpolis siamo ancora fermi al 12%. E i nuovi istituti? La timeline Pnrr prevedeva che di questi tempi il nostro Paese avesse raggiunto il 70% e invece ad oggi è stato completato solo il 20% del previsto.