Corriere della Sera, 10 agosto 2024
Biografia di Cesara Buonamici
Cesara Buonamici, fiorentina, direttore ad personam del Tg5, opinionista del Grande Fratello. Conosce qualcun altro con il suo nome?
«No. Ho conosciuto delle Cesarina. È il nome di un nonno e i miei genitori ci tenevano che fosse pronunciato integro, senza storpiature. Credo si aspettassero un maschio: infatti quando è nato mio fratello lo hanno chiamato Cesare. Una gran confusione: Cesare, Cesara...».
La sua infanzia.
«In una villa a Fiesole con un affaccio su Firenze. Ho avuto una famiglia allargata, con due zie “signorine”, sorelle di papà, e la mia tata carmelitana. Ho sentito intorno tanto amore: le zie, la mamma, che è mancata poche settimane fa ed è un gran dispiacere. Mi vedeva in tivù e mi telefonava: “Che hai fatto ai capelli, sono rossi?”, oppure: “Riposati, sei stanca”».
Come è stata educata?.
«Secondo le regole di un’antica famiglia fiorentina. Non offendendo mai nessuno, sedendo in modo educato a tavola, senza prendere mai troppo cibo dal vassoio: i piccoli mangiavano in cucina. Non eravamo il centro dell’universo, come oggi succede con i figli. Sullo sfondo c’era la campagna, che mi ha dato serenità. Penso che il mio carattere tranquillo sia merito di quegli anni: dopo i compiti andavo a vedere i vitellini nella stalla. La contadina più brava faceva il pane per tutti».
Lei è farmacista mancata.
«Mi sono diplomata a 17 anni, con le idee poco chiare. Uno zio medico disse che con Farmacia avrei potuto fare la ricercatrice. Mentre studiavo frequentavo le redazioni».
Il richiamo del giornalismo si faceva già sentire.
«Erano gli anni delle tivù libere. Cercavano ragazzi per i provini: presi la mia Mini e andai in una di queste, con un kilt e un golf blu. Fui spigliata e mi chiamarono per un secondo provino. Proprio perché non me ne fregava nulla».
Ha iniziato a Tele Libera.
«Era un modo diverso di fare tivù: coinvolgevamo il pubblico, ti raccontavano che mancava l’asilo nel quartiere, era uno sfogatoio. Ci sono stata dal 1978 al 1984: poi fu comprata dal gruppo Mondadori ed entrò nel circuito di Rete 4. E io in Fininvest».
Prima del Tg5, tanta gavetta.
«Scrivevo anche articoli: il mio primo pezzo per la Nazione fu “Un tarlo rode Firenze”. Non era un dubbio amletico, ma proprio un tarlo che stava mangiando le tavole di legno dei dipinti di Santo Spirito».
Il suo arrivo in Fininvest.
«Sotto una buona stella. Fedele Confalonieri mi chiese di seguire il congresso con Giovanni Spadolini a Firenze. Mi disse: “se la sente?”. Avevo un asso nella manica: la mia famiglia era amica di Spadolini. Mi aprì la porta al suo mondo: girai nella sua casa di Pian dei Giullari, tra cimeli garibaldini e una montagna di libri. “Ma li ha letti tutti?”, gli domandai. E lui: “Molti di più”».
Un figurone per lei.
«Grazie a questo sono entrata a far parte della redazione di Arrigo Levi: si chiamava Tivù Tivù. Con lui sono diventata professionista. Subito dopo c’è stato Parlamento in con Emilio Carelli e Dentro la notizia, con Alessandro Cecchi Paone. Nel frattempo mi spostai a Milano da Roma: Emilio Fede con la Guerra del Golfo aveva dato il via alle dirette».
Il 13 gennaio esordisce nella conduzione del Tg5. Edizione notturna.
«Mentana mi chiamò il 2 gennaio, giorno del mio compleanno. Avevo una giacca color cammello e i capelli corti: due cose che non ho mai più portato. Le parrucchiere, forse per creare una diversità con Cristina Parodi, mi avevano convinta a tagliare i capelli: me ne sono pentita subito».
Un insegnamento di Mentana.
«Di fare attenzione al linguaggio. Essere semplici, ma non poveri, comprensibili e colloquiali. Per lui il Tg5 era un piccolo vascello: poteva cambiare la rotta in ogni minuto. Disse: “Non userò il gobbo, voi fate come volete”. Dovemmo seguirlo: ci ha buttato in acqua e abbiamo nuotato».
Qualche strafalcione le è uscito.
«Ho detto “Madre Pio” e “10 ufficiali accusati di alto gradimento”. Ma è meglio un’imprecisione che la fissità: il nostro telegiornale è tuttora molto fresco, Mentana e Mimun sono due innovatori».
La differenza tra i due.
«Con Mentana, quando gli vengono i famosi cinque minuti, conviene scappare. Entrambi sono attenti ai dettagli: non sopportano la sciatteria. Mimun ha un bel pregio: qualunque sia la situazione di contrasto, di diversità di opinioni, alla fine tutto si cancella e si ricomincia in pace».
Che idea si è fatta delle querelle Gruber- Mentana?
«Che l’ho riconosciuto in pieno, è uno che tiene il punto (ride, ndr). Ma penso che Enrico abbia illuminato La7: è un compagno di viaggio fondamentale per Lilli Gruber e 8 e mezzo. E credo anche per Floris».
La rivalità tra lei e la Parodi era vera?
«Macché. Ci è stata costruita addosso, invece a Roma vivevamo quasi insieme. Lei suonava la chitarra e cantava, io preparavo da mangiare, avevamo case minuscole ma c’entrava un sacco di gente: a volte prendevamo l’autista di Mentana per andare a fare la spesa per le nostre seratine».
Silvio Berlusconi.
«Accogliente e capace di ascoltare. Ci riuniva per darci consigli, tipo di non usare le sedie con le ruote: ci saremmo mossi disturbando gli spettatori».
Un suo complimento che ricorda.
«Gli piaceva la mia familiarità verso il pubblico. Era maniacale nei dettagli e fanatico della rassegna stampa, la seguiva tutte le notti: una sera mi vide usare anziché il solito evidenziatore verde, uno di un altro colore. All’una di notte, chiamò in redazione: “Non cambi mai evidenziatore”, mi disse. E poi mi mandò una scatola di pennarelli verdi».
Lei è rimasta sempre fedele a Mediaset. Si è pentita?
«Mai. Ho ricevuto proposte che non ho mai accolto. E ne è valsa la pena: in questa azienda ho sempre goduto di grande libertà e soddisfazione».
Pier Silvio Berlusconi le ha rinnovato la stima del padre.
«E lo ha dimostrato facendomi fare i 3 giorni di dirette quando è morto il papà. Mi ha fatto sentire di famiglia».
Le ha chiesto di fare l’opinionista la Grande Fratello.
«Lo ringrazio tuttora perché ho raggiunto un pubblico che mi conosceva poco».
La rivedremo la prossima stagione al Gf?
«Ho dato la conferma perché se lo guardi nel modo giusto e soprattutto se lo vivi, è un programma che offre squarci di comportamenti umani. L’altra ragione, che dico a bassa voce, è che mi sono divertita e trovata molto bene con Alfonso Signorini».
Dopo 25 anni di convivenza si è sposata con il medico di origini israeliane Joshua Kalman.
«Un giorno ci siamo detti: “Che facciamo noi due? Sposiamoci”. I figli non sono arrivati: dopo qualche insuccesso abbiamo capito che volevamo salvarci come coppia, ho temuto che questa ricerca ossessiva di genitorialità potesse minare il nostro rapporto. Siamo due che stanno bene insieme: penso che si debba essere felici di quello che si ha, mi sento fortunata».