Corriere della Sera, 10 agosto 2024
Stasi, dopo 50 anni via al processo grazie agli storici
Berlino A Czeslaw Kukuczka, polacco, socialista, pompiere, spararono alle spalle a due metri di distanza mentre credeva di poter fuggire a Ovest, a un checkpoint tra le due metà di Berlino; nessuno seppe com’era morto fino a dopo la caduta del Muro. Era il 1974. Ieri mattina, nel tribunale del quartiere di Moabit, non lontano da lì, si è riaperto il processo a Martin Naumann, l’ufficiale della Stasi che è accusato di avergli sparato: omicidio non colposo, dunque senza prescrizione. Va così a processo, 50 anni dopo, grazie alle ricerche degli storici Hans-Hermann Hertle e Filip Gonczak che hanno raccolto per anni gli indizi, non senza difficoltà: erano più di vent’anni che non si processava nessuno della Stasi. Testimone chiave una donna, allora ragazza, che passava di lì e che non ha mai dimenticato di aver visto un uomo ucciso in pieno giorno. Kukuzcka si era presentato all’ambasciata polacca di Berlino, millantando di avere una bomba. Se gli avessero negato il passaggio a Ovest si sarebbe fatto esplodere. L’ambasciata finge di assentire e gli prepara pure i documenti per l’espatrio, ma in realtà un funzionario avverte la Stasi. L’ordine è di «renderlo inoffensivo». Kukuzcka viene accompagnato in auto verso un varco, sulla Friedrichstrasse; passa tutti i controlli; quando crede di camminare verso la libertà, ecco i colpi alla schiena. A sparare, secondo le ricostruzioni, Martin Naumann. Il polacco non viene portato in ospedale ma in una cupa infermeria della Stasi, dove muore per emorragie interne; la moglie e i tre figli – che oggi sono parte civile nel processo – ricevono poco tempo dopo il suo certificato di morte e nessuna spiegazione. Naumann si protesta innocente. Ma all’epoca, hanno ricostruito gli storici, ebbe anche una medaglia in bronzo per «l’azione coraggiosa e decisa e il senso del dovere modello nell’aver evitato una provocazione terrorista al confine». Il processo a suo carico si è aperto solo dopo che la Polonia aveva emesso, nei suoi confronti, un mandato d’arresto internazionale. Le prime udienze si sono celebrate in primavera e poi sospese per il bisogno di acquisire nuove testimonianze; se risulterà colpevole, l’ottantenne morirà da ergastolano.