Corriere della Sera, 9 agosto 2024
Galan e la sua ex reggia nel degrado: «Mi fu confiscata, saprei come salvarla»
«Dove sono ora? Nel mio eremo, tra i boschi dei Colli Berici. Quanto dista da Villa Rodella? Direi 35 minuti di strada. Ci passo davanti una o due volte al mese. Lo stato d’animo nel vederla in malora, sapendo che nessuno vuole acquistarla, è un po’ paradossale: non me ne frega niente... Non sono mai stato attaccato a quella casa, non era quella del cuore, anche se certo, ci ho vissuto a lungo con mia moglie e mia figlia».
Giancarlo Galan, 67 anni, sino al 2014 era considerato una specie di «Doge» del Veneto. Ma poi, proprio in quell’anno, l’ex ministro berlusconiano ed ex governatore fu travolto dall’indagine sul Mose. Arrestato, restò nel carcere di Opera due mesi uscendone grazie a un patteggiamento per corruzione: 2 anni e 10 mesi e 2,6 milioni di euro confiscati. Villa compresa.
Poi un lungo silenzio, interrotto unicamente da un’intervista al Corriere in cui, ad aprile, raccontò di vivere in una casa sperduta in un bosco, senza un centesimo, le ricchezze pignorate, l’aiuto di pochi amici.
A tutto ciò adesso va aggiunta la notizia – che però coinvolge l’ex Doge solo come spettatore – della sorte di quella che una volta fu la sua sontuosa reggia, la cinquecentesca Villa Rodella, a Cinto Euganeo, nel Padovano, dove festeggiò un matrimonio da favola chiamando come testimoni Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, l’uomo che assunse Galan in Publitalia in anni ormai remoti.
In sintesi: nessuno vuole la dimora. Dopo che fu confiscata a Galan – «mi informò il mio avvocato, Niccolò Ghedini» – la proprietà finì allo Stato. Ma poi andò deserta l’asta – prezzo di partenza: 2,6 milioni di euro – in un iniziale tentativo di vendita, finì a vuoto anche il primo bando di concessione agli enti del terzo settore. E mesi fa, racconta il Gazzettino, l’Agenzia del Demanio ha emesso un secondo avviso per l’incanto. Nel frattempo: mantenerla costa, i 13.000 metri quadrati di tenuta sono una jungla, gli interni sono stati vandalizzati.
Il resto sono i ricordi dell’ex governatore: «La comperai indotto da mia moglie, nata lì vicino; per carità, casa bellissima, uno splendore, ma troppo grande. C’erano stanze in cui non ero quasi mai entrato, erano 900 metri quadrati più una barchessa». Ancora: «La acquistai per un milione e 180 mila euro, il medico condotto che me la cedette l’aveva presa dai vecchi proprietari per 560 milioni». Il momento più brutto fu dopo «l’uscita dal carcere di Opera, fui costretto ad andare via da un giorno all’altro. Facevamo gli scatoloni, mettevamo dentro tutte le robe e a un tratto mia figlia, oggi diciassettenne e allora una bimba, mi raggiunse con il suo pacco: a pennarello aveva scritto “giochi Margherita”. Piansi, non lo scorderò mai». Tra i giorni più belli «quelli in cui, con il trattorino, giravo per il giardino nella mia prima casa con giardino: mi sentivo libero nella mia proprietà, piantavo alberi, rose, mi piaceva seguirne la crescita...».
Tempi passati. Al Corriere, Galan ammise: «Non sono un verginello, per ristrutturare Villa Rodella mi feci aiutare da Mantovani», il colosso edile coinvolto nei lavori del Mose. Ora aggiunge di «aver fatto cinque traslochi prima di finire qui, nel bosco». Poi, certo, «il vedere una tale rovina è per me l’esempio più chiaro di danno erariale». L’ex Doge provoca: «Potevano affidarla a me, ne sarei stato il custode giudiziario, in altri casi si è fatto. Cosa farei per salvare Villa Rodella? Cercherei un privato che abbia voglia di rivalutare un pezzo della nostra storia architettonica».