il Fatto Quotidiano, 9 agosto 2024
La lotta di Corrias con il tappo che non si stacca
Direte che non sta bene prendersela con il pelo nell’uovo, va bene, ma questa storia del tappo di plastica che non si stacca più dalla bottiglia d’acqua naturale o frizzante, s’attorciglia, scivola, resiste, ci ride in faccia, può diventare enormemente irritante, travalicare i suoi minuscoli confini di laccio/lacciuolo, per ergersi a ostacolo della nostra intera, inalienabile libertà di gesto, di intenzione, di pensiero, terremotando, in certi momenti di siccità pomeridiana, la nervatura già sovra irritata per il caldo, scheggiando l’umore fino a lasciarci intravedere, per un istante, il baratro della nostra umana impotenza di fronte all’ostilità delle cose che si ribellano al nostro volere, come accade in un memorabile racconto di Richard Matheson, dove il protagonista viene ucciso da tutti gli oggetti del suo studio che si coalizzano contro la sua prepotenza (lo colpisce la lampada staccandosi dal muro, la matita gli cava un occhio, la stilografica lo attacca alla giugulare) a dire che l’umano finirà per soccombere di fronte all’inumano che ha ottusamente prodotto e poi mortificato – pensate al mare che stiamo soffocando con la plastica, al clima che abbiamo avvelenato e che ci schianta – come adesso ci mortifica questo stupido tappo che non si stacca, mi sfida, si ribella, contenendo anche lui un frammento della volontà di potenza dell’universo che ci opprime anche nel dettaglio, stavolta servendosi di un qualche oscuro funzionario, anzi gnomo, di labirinto bruxellese, che con un comma e una virgola ci ha imposto questa intollerabile umiliazione del “tappo-attack” e della nostra intera libertà, al punto di farmi sentire – per un tremendo istante – ostile alla puntigliosa Europa delle postille e dei divieti, e dunque scoprendomi sovranista, nazionalista, trumpiano, financo putiniano. Poi finalmente il tappo si stacca, ho vinto! Bevo il bicchier d’acqua, ripenso con affetto alla sinistra dei diritti e passa tutto.