la Repubblica, 9 agosto 2024
Referendum sull’Autonomia. A sorpresa anche la Lombardia traina la raccolta boom di firme
MILANO – Arrivati a 475 mila firme online per il referendum contro l’Autonomia in neanche 15 giorni, più un altro numero non ancora del tutto definito di adesioni raccolte ai banchetti – una stima spannometrica parla di altre 200 mila –, i promotori stanno cominciando ad analizzare le prime scomposizioni territoriali utili a capire dove il tema è più sentito e dove meno. Ma il fatto di maggior interesse, e in qualche modo non previsto, è che l’argomento non monopolizza l’interesse del solo sud. Segno che la battaglia referendaria contro uno dei provvedimenti simbolo del governo, imposto agli alleati dalla Lega, è già di per sé un fattore unificante per quei mondi che a vario titolo rappresentano l’opposizione al governo.
Ma venendo ai numeri, la suddivisione davvero precisa la si può fare sin da ora solo rispetto alle firme online sulla piattaforma ministeriale, dove basta la certificazione della propria identità, in genere attraverso la Spid, per registrare la firma. In cima alla classifica c’è la Campania con 94 mila firme, al secondo posto il Lazio con 55 mila e terza la Lombardia, 52 mila. Il dato lombardo è particolarmente significativo: in teoria dovrebbe essere un territorio che ha tutto da guadagnare dall’Autonomia. Nel 2017 la Lega Nord con il sostegno di tutto il centrodestra organizzò dei referendum regionali proprioin Lombardia e Veneto, dove i cittadini chiesero per l’appunto maggiore autonomia; la quale in realtà, alla fine, si traduce più che altro nella battaglia leghista di trattenere il grosso del residuo fiscale – una cinquantina di miliardi di euro, secondo le stime – entro i confini regionali. Quarto posto per Sicilia (43 mila firme) e Puglia (42 mila). In una regione del Sud, seppur piccola, come la Basilicata (7 mila firme) le adesioni sono state meno che in Veneto (17 mila).
I dati sono diversi per le sottoscrizioni in carne e ossa. Ma vannofatte delle premesse. La prima è che del comitato organizzativo contro «il grave attacco all’impianto costituzionale del nostro Paese» fanno molte realtà diverse. Sindacali (Cgil e Uil), associative (Anpi, Arci, Acli, Libera, Legambiente, fra gli altri) e partitiche (Pd, M5S, Alleanza verdi sinistra, +Europa, Italia viva, Rifondazione, Psi). In alcuni casi la raccolta viene fatta con banchetti condivisi, in altri casi no. Martedì prossimo dovrebbe esserci una riunione di tutti i promotori in moda da condividere i numeri e avere un quadro il piùpreciso possibile. Ma il dipartimento organizzazione della Cgil, che ha la struttura più solida, tre giorni fa ha condiviso dati non ancora ufficiali delle firme apposte sui moduli del sindacato. In testa c’è la Sicilia, con 22 mila firme; al secondo posto con numeri praticamente identici ci sono Emilia-Romagna, Piemonte e Puglia con 12 mila e rotte firme. Il dato emiliano e piemontese è spiegato anche dal buon radicamento sindacale, unita a un’ottima capacità organizzativa, nelle rispettive strutture produttive.
Rimane comunque l’obiettivo di arrivare a un milione di firme entro la fine di settembre. Il quorum necessario delle 500 mila è raggiunto da diversi giorni ma la mobilitazione va al di là dell’obiettivo minimo. E mette sotto pressione l’esecutivo, dove non ci si aspettava una risposta così forte alla legge Calderoli. Il presidente veneto e leghista Luca Zaia lo va ripetendo ormai da giorni, cioè che se il referendum per l’abrogazione passasse per il governo potrebbe essere il capolinea. Intanto tra gennaio e febbraio la Consulta dovrà dare il via libera (o meno) al referendum, che in caso positivo si terrebbe nella primavera del 2025.
Di certo, come detto, i primi numeri ribadiscono che il movimento contro l’Autonomia differenziata non è un fatto che tocca solo chi vive da Roma in giù.