Corriere della Sera, 8 agosto 2024
In morte di Lino Jannuzzi
Lino Jannuzzi, scomparso all’età di 96 anni, era un giornalista d’inchiesta coraggioso e propenso alle nette prese di posizione. Negli anni Sessanta aveva denunciato le manovre dei servizi segreti di sapore golpista, più di recente aveva criticato le inchieste sulla mafia condotte dalla magistratura di Palermo e in particolare aveva preso le difese di Giulio Andreotti. Per due volte era stato eletto in Parlamento, per la precisione in Senato, con il Partito socialista nel 1968 e molto tempo dopo con Forza Italia nel 2001. Tutte e due le volte per evitare le conseguenze dei suoi interventi sulla stampa.
Nato a Grottolella (in provincia di Avellino) nel 1928, Jannuzzi era stato molto attivo nella goliardia e in particolare nell’Ugi, che riuniva gli studenti universitari laici e di sinistra.
Divenne poi famoso come giornalista dell’«Espresso» per le sue rivelazioni sul «piano Solo», il programma di difesa dall’ordine pubblico, con tanto di deportazione di dirigenti politici, immaginato per sventare l’ipotesi di manifestazioni di piazza della sinistra in caso di grave crisi. Un progetto ideato dal generale Giovanni De Lorenzo e di cui venne ventilata la messa in opera durante la crisi del primo governo di centrosinistra, guidato da Aldo Moro, nell’estate del 1964. Jannuzzi ne scrisse e per questo venne querelato, ma il Partito socialista offrì a lui e al direttore del settimanale, Eugenio Scalfari, l’immunità parlamentare con l’elezione in Parlamento.
In seguito era stato molto vicino a Marco Pannella, aveva diretto Radio radicale ed era stato in prima fila nella battaglia garantista, per il caso Tortora come per altre vicende. Jannuzzi era molto critico verso la magistratura propensa a formulare teoremi soprattutto in materia di criminalità organizzata. Esperto di mafia, aveva scritto anche la sceneggiatura di film in materia e aveva scritto un libro Così parlò Buscetta, molto severo verso l’utilizzo dei pentiti e più in generale sull’operato dei magistrati della Procura di Palermo, compreso Giovanni Falcone.
Il caso Sifar
Nel ‘67 pubblicò con Scalfari l’inchiesta sul Sifar. L’anno dopo venne eletto in Senato
Ovviamente il processo a Giulio Andreotti lo aveva visto in prima fila nella difesa del leader democristiano. Le sue cronache sul «Foglio» di Giuliano Ferrara facevano da contrappunto alle udienze del dibattimento, sempre con una forte vena sarcastica nei riguardi dei pentiti di mafia e della ipotesi accusatoria perseguita dal procuratore Gian Carlo Caselli e dai suoi sostituti. Quegli articoli erano poi stati raccolti in un libro intitolato Il processo del secolo.
Per via dei suoi interventi Jannuzzi era stato anche condannato per diffamazione a mezzo stampa e nel 2005 era stato graziato dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Dopo aver diretto il settimanale «Tempo Illustrato» e poi il quotidiano «Il Giornale di Napoli», Jannuzzi aveva fondato una sua agenzia, che giocando con il suo nome aveva chiamato «il Velino», nella quale dispensava indiscrezioni sempre bene informate sull’attualità politica e giudiziaria. Un grande professionista, certamente spregiudicato, ma al tempo stesso coerente nelle sue battaglie.