Corriere della Sera, 7 agosto 2024
Si lancia con cinque amici Muore in Alto Adige base jumper di 36 anni
Gli amici, cinque giovani con la stessa passione, lo aspettavano giù a valle. Il punto concordato: un prato in località Collefosco, frazione di Corvara, in Alta Badia. Ma Raian Kamel (nome d’arte) all’appuntamento non si è presentato. Si è schiantato in un canalone ghiacciato a 2.400 metri di quota. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato dai soccorritori dell’Aiut Alpinisc Alta Badia, che hanno sorvolato la zona con l’elicottero. Raian era un base-jumper di 36 anni nato a Breno (Brescia) ma residente a Cinisello Balsamo. Si è lanciato ieri dal Piz da Lech. Una zona molto frequentata dagli appassionati di questa pericolosa disciplina. Sono stati gli amici ad attivare i soccorsi quando si sono resi conto che non era atterrato nel luogo stabilito.
Raian amava raccontare i suoi voli. Voli spericolati, radenti le rocce di gole tra le montagne ad alta quota. Che documentava attraverso video (girati con il drone o Go Pro), mentre scendeva a velocità folli. Sui profili social, l’atleta si definiva un amante di «qualsiasi tipo di cosa avesse a che fare con il volo e l’esplorazione del mondo». Un modo avventuroso di vivere la natura. Si lanciava, riprendeva paesaggi spettacolari e poi postava tutto sui social a benificio dei suoi non pochi follower, oltre cinquemila seguaci, ipnotizzati dalle discese. L’ultima, sempre mozzafiato ed elettrizzante, l’aveva postata qualche giorno prima dell’indicente mortale. Raian era molto attivo anche su YouTube: esattamente due anni fa, a fine luglio, circa 1.200 persone avevano potuto guardare un’altra discesa da Piz de Lech, cioé dallo stesso identico luogo da cui s’è lanciato ieri per l’ultima volta.
Tecnicamente, Raian era skydiver (è il paracadutismo praticato come attività sportiva) e un base jumper (le persone che amano lanciarsi nel vuoto da qualunque tipo di superficie, come edifici, ponti, rilievi naturali, e che atterrano con un paracadute). Si definiva un «amante della montagna», una descrizione confermata dalle numerose foto postate sul suo profilo Instagram. In un video girato sul Monte Breno in Trentino, Raian ha definito il base jumping come una «sensazione unica, perché in pochi secondi vivi una storia, un momento, la vita».
Raian non è il primo a morire sul Piz da Lech. Per sorvolare la strettissima val di Mezdì, nel 2020 ha perso la vita Simone Rizzi, un brianzolo di 33 anni. Nello stesso punto è morto l’anno scorso un base jumper finlandese di 33 anni. Il base jumping è considerato uno sport altamente pericoloso e in molti Paesi è addirittura illegale. Tra il 1981 e il 2019 ci sono state almeno 382 morti.
Le riprese
Pochi giorni fa aveva postato un filmato in cui aveva ripreso una discesa record
Quando si registra un incidente mortale, molti si chiedono se le vittime fossero o meno sportivi esperti. Raian sicuramente era bravo. Ma il punto è un altro. Il base jumping è una disciplina che non perdona. Si indossa una tuta alare, si allargano le braccia e si vola a una velocità compresa tra i 180 e i 210 chilometri orari. Per poi planare con il paracadute. Il rischio è finire contro la roccia, soprattutto se ci si infila nei canaloni. Come amava fare Raian. Basta il minimo errore e non c’è scampo. Perché non c’è possibilità di rimediare: con la tuta alare si può solo perdere quota, non si può risalire.
Raian si era laureato tre anni fa in Ingegneria gestionale al Politecnico di Milano. Ma chi lo conosceva argomenta che la vita sedentaria, d’ufficio, ancorata a una scrivania, gli stava strettissima. Si sentiva libero solo tra le vette delle Dolomiti. Le aveva sorvolate, filmate, pensate un sacco di volte. Ieri l’ultimo atto.
I soccorritori hanno faticato a individuare e recuperare il suo corpo. Si lavora per accertare le cause dell’incidente. Sotto osservazione le condizioni meteo al momento del lancio, l’attrezzatura utilizzata e le manovre compiute durante il volo.