Corriere della Sera, 7 agosto 2024
Nei bunker di Tel Aviv
La stanza rinforzata è ormai diventata la serra domestica dove coltivare la marijuana, «per uso personale» specifica M. La guerra che tutti aspettano – e da cui nessuno sa cosa aspettarsi – lo mette davanti al dilemma: distruggere le piantine per ricavare spazio sicuro o conservarle in vista di lunghi periodi passati in casa? La maggior parte degli israeliani si limita ad accumulare bottiglie d’acqua minerale, casse di birra e cibo in scatola, le borse frigo – come in un picnic della paura – già riempite nei mamad (le camere blindate di un singolo appartamento) e nei mamak, quelle che devono essere costruite al piano di ogni palazzo. Devono o dovrebbero.
La legge risale al 1951 ed è stata aggiornata nel 1992, quando Saddam Hussein lanciava missili Scud su Tel Aviv e i ragazzi approfittavano della paura chimica dei genitori per ballare al Penguin con indosso le maschere antigas come sulla copertina di Never Say Die dei Black Sabbath, un titolo che vale per questi giorni di quotidiana anormalità: non è questione di coraggio, ma di non scoraggiarsi.
Così gli abitanti della metropoli sfacciata – è più vecchia dello Stato d’Israele, ne resta la bambina ribelle – continuano a dormire poco, però tendono l’orecchio alle sirene di allarme e studiano il percorso dal bar o ristorante al più vicino bunker pubblico. La musica classica risale dalle pietre bianche di piazza Habima, di fronte ai teatri, sotto il silenzio diventa sempre più profondo fino al quarto piano del rifugio. È il più grande della città e può contenere fino a 1..600 persone, vicino è stato scavato un parcheggio di 35 mila metri quadrati, non è fortificato, protegge di più che restare sotto le jacarande di viale Rothschild.
Le norme indicano che i muri dei mamad devono essere ispessiti con almeno 20 centimetri di cemento rinforzato, sono previste tre prese elettriche e una per l’antenna radio/televisione così da ricevere le notizie, c’è un sistema per il filtraggio dell’aria e l’unica porta è blindata. Chiusura che in tempi di pace traballante molti hanno smontato perché troppo pesante da muovere e l’hanno sostituita con un normale battente in legno: la maggior parte delle stanze è stata trasformata in ripostiglio o cameretta dei bambini. In questa settimana d’attesa chi ha potuto le ha svuotate, rimosso gli ostacoli per correrci dentro al buio.
Tel Aviv viene bersagliata dai razzi lanciati da Hamas per la prima volta durante gli oltre 50 giorni di guerra nell’estate del 2014. Allora un gruppo di giovani comici aveva ironizzato in un video diventato celebre sulle possibilità offerte dalla città che non dorme mai, pure sotto le bombe: alle prime sirene la vicina suona per raggiungere insieme il rifugio condominiale e il ragazzo risponde assonnato stropicciato, alla seconda occasione è già sbarbato, mentre alla terza tiene in mano una bottiglia di champagne e due calici.
Questa volta sarà diverso perché l’Hezbollah libanese ha accumulato un arsenale di missili, razzi e droni, il quotidiano Washington Post calcola tra i 130 e i 150 mila: lanci a raffica possono bucare il sistema Cupola di Ferro e l’attacco potrebbe essere attuato in contemporanea dall’Iran e dai suoi alleati. Gli ospedali in tutto il Paese hanno allestito i piani per ricevere migliaia di vittime, la clinica Ichilov a Tel Aviv ha sgomberato il parcheggio sotterraneo e lo ha trasformato in corsie d’emergenza.
L’ingresso al bunker del governo sta nascosto tra le montagne che salgono verso Gerusalemme, le piante e le erbacce non hanno coperto del tutto i sentieri terrazzati di Lifta, il villaggio palestinese poco lontano. Gli abitanti fuggirono o furono cacciati tra il 1947 e il 1948, adesso resta spopolato. I servizi segreti interni hanno allestito il comando operativo da dove dirigere la guerra per settimane, le gallerie lo collegano ai palazzi ministeriali. È a prova di testate nucleari, non dell’arroganza del premier Benjamin Netanyahu: la moglie Sara e il figlio Yair – scrive la rivista digitale Walla — progettano di rifugiarsi nel bunker, anche se l’accesso è consentito solo a persone con il più alto di livello di autorizzazione.