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 2024  agosto 06 Martedì calendario

Spiegazione del crollo in Borsa

adesso Donald Trump e i trumpiani più fedeli hanno già iniziato a usare i crolli di Borsa ribattezzandoli il «Kamala Crash». Ed era inevitabile che in una campagna per la Casa Bianca così dura, un uomo come il candidato repubblicano raccogliesse qualunque materiale per gettarlo addosso alla sua sfidante. Ma, se si mettono da parte i social media, se si taglia fuori il rumore di fondo, la vicenda che si delinea è meno semplice e forse – per il momento – meno drammatica di quella che presentano i più o meno interessati profeti di sventura.
I
l Nikkei 225, il principale listino azionario di Tokio, ha perso oltre il 12% ieri e quasi il 20% dall’ultimo giorno di luglio; ma ieri sera i futures – contratti basati sulle aspettative – davano una riapertura in ripresa del 5%. Il Nasdaq, il principale listino tecnologico americano, ha perso il 13,4% dall’8 luglio; ma dall’inizio dell’anno a quel giorno aveva guadagnato il 26,5%. E sicuramente l’economia americana sta rallentando; ma non mancano i segnali che la sua tenuta per il momento sia più che buona.
Certo, gli sforzi di voler trovare a tutti i costi il bicchiere mezzo pieno non servono a niente. Ma i mercati non sono sistemi in bianco e nero. Sono ricchi di sfumature, anche se a volte gli uomini e le macchine digitali che li fanno vivere se ne dimenticano. Più utile è dunque cercare capire cosa c’è di strutturale e cosa di passeggero in questo improvviso ritorno del panico di agosto.
Perché, in effetti, una delle ragioni dei crolli di borsa di questi giorni è realmente strutturale. Con l’enorme crescita delle Big Tech americane in questi anni – legata a sua volta alla rivoluzione digitale, all’intelligenza artificiale e alla rivoluzione della mobilità elettrica – i mercati azionari sono diventati poco a poco incredibilmente concentrati. Mai così poche aziende avevano pesato così tanto sul valore totale dei mercati mondiali.
Apple, Microsoft, Nvidia, Alphabet (Google), Amazon, Meta (Facebook) e Tesla – in ordine di capitalizzazione – sono arrivate a valere collettivamente oltre 13 mila miliardi di dollari. Ed è vero, bisogna stare attenti ai paragoni impropri. Ma quei 13 mila miliardi di dollari di valore di mercato concentrati in sole sette aziende è più del prodotto lordo di un anno dell’area euro. La sola Apple, a oltre tremila miliardi di dollari, vale una volta e mezza l’economia italiana.
Quelle sette aziende oggi valgono da sole circa un quarto della capitalizzazione di mercato delle oltre 2.500 società quotate negli Stati Uniti. E il mercato azionario americano è arrivato a valere quasi il 70% di tutti i mercati mondiali. In sostanza il valore di mercato delle nuove «Sette sorelle» tecnologiche, da solo, è pari quasi a quello degli interi indici azionari sommati degli altri principali Paesi del G7: le borse di Giappone, Francia, Gran Bretagna e Germania messe insieme. È come se il sistema finanziario internazionale fosse un organismo con una testa molto grossa e pesante in proporzione al resto della struttura; dunque prono a perdere l’equilibrio quando la testa oscilla paurosamente.
E quelle oscillazioni arrivano, come in questi giorni, quando quelle sette imprese ogni tre mesi rendono noti i loro conti. Ogni loro relazione è seguita con ansia esistenziale sui mercati globali, soprattutto se circola il sospetto che il prezzo delle loro azioni inizi a essere eccessivo rispetto ai guadagni che quelle potranno registrare nei prossimi anni. È dunque inevitabile che le fluttuazioni delle «Sette sorelle» siano destinate a diventare scosse telluriche per il resto del sistema. A maggior ragione, perché soprattutto Nvidia, Amazon, Tesla, Microsoft e Meta (di nuovo, in quest’ordine) negli ultimi mesi sono arrivati ad avere valutazioni così elevate che scontavano già fortissime progressioni future degli utili. Quando su queste progressioni si è creato il dubbio, sono partite le correzioni.
Ma la chiave finanziaria non spiega tutto. Gli smottamenti sono diventati crolli nell’ultimo paio di giorni quando sono emersi dubbi sulla tenuta dell’economia americana. Ha impaurito i mercati il fatto che il numero di posti di lavoro aggiunti negli Stati Uniti in luglio (114 mila) sia stato il secondo più basso dall’inizio del 2021. Questo e l’aumento del tasso di disoccupazione al 4,2% fanno temere che la prima economia del mondo, dopo aver sfidato la forza di gravità di tassi ufficiali piuttosto alti, sia diretta verso una recessione. Questi timori sono probabilmente esagerati. E l’aumento della disoccupazione sembra spiegabile, più che con dei licenziamenti, con i nuovi immigrati arrivati negli Stati Uniti e ad altre persone che ora si sono messe in cerca di un posto.
La Federal Reserve è naturalmente consapevole di tutto, sia delle vulnerabilità che della capacità di tenuta dell’America. Per questo per il momento nella banca centrale americana non si pensa affatto di tagliare in emergenza i tassi prima nella prevista riunione di settembre. I tassi americani restano ai massimi dal 2001 (5,25%-5,50%) e scenderanno ora forse più rapidamente di quanto la Fed pensasse un mese fa. Ieri governi e banchieri centrali del G7 si sono parlati, alcuni di loro oggettivamente sorpresi dall’enorme aumento della volatilità di mercato. La Fed sa che ha ampio margine per tagliare rapidamente i tassi, se necessario, e riportare la calma sui mercati così come la crescita nell’economia. Ma per ora non intende abusare di quel potere e farsi piegare dalla pressione del panico finanziario.
Anche se quest’ultimo c’è ed è l’aspetto più minaccioso. Molti investitori americani nell’ultimo anno si erano indebitati in yen per investire nelle sette Big Tech americane. La valuta giapponese offriva tassi bassissimi e una debolezza di fondo. Di recente però la Bank of Japan ha iniziato ad alzare i tassi, lo yen è risalito del 12% sul dollaro in un mese e gli investitori hanno subito violente perdite sul Big Tech. Ora sono costretti a vendere altri titoli per coprire i loro debiti in yen; e quelle vendite innescano nuovi crolli. Sarà lo tsunami più duro a cui tutti dovranno resistere nei prossimi giorni, senza capitolare all’irrazionalità.