La Stampa, 5 agosto 2024
Flop rottamazione
La storia anche recente ci insegna che quando un governo deve fare cassa non si fa scrupoli a raschiare il fondo del barile varando un condono, o se vogliamo – più elegantemente, negli ultimi anni – una rottamazione, o una «definizione agevolata» come la chiamano all’Agenzia delle entrate. Peccato che puntualmente gli obiettivi vengano miseramente mancati, come in occasione della quarta rottamazione tutt’ora in corso.
Nel 2023 il governo puntava infatti ad incassare circa 12,4 miliardi di euro; finora, scadute le prime 4 rate, secondo le stime ne sono entrati appena 3,2 per effetto della differimento al 2024 previsto dal Milleprorghe contro i 5,3 stimati ed i 6,4 indicati dalla Corte dei Conti nella sua ultima Relazione sul rendiconto generale dello Stato. Questo perché un 30% circa dei contribuenti che avevano aderito alla nuova sanatoria, per scelta o per necessità, non hanno più versato il dovuto ben sapendo che in questo modo il Fisco avrebbe poi richiesto il pagamento della somma iniziale in un’unica soluzione. In pratica su una platea iniziale stimata in circa 3 milioni di contribuenti, un milione di soggetti ha pagato la prima rata e poi si è fermato.
Con la scusa di evitare la sovrapposizione con altre scadenze fiscali, la scorsa settimana il governo ha deciso di posticipare dal 30 luglio al 15 settembre il versamento della quinta rata nella speranza che i contribuenti, avendo più tempo davanti, possano tener fede ai loro impegni anziché aumentare la schiera di chi rinuncia alla sanatoria.
I precedenti, però, non fanno ben sperare. Dalle prime tre rottamazioni e dal «Saldo e stralcio» messe in campo tra il 2016 ed il 2018 il Fisco si aspettava di incamerare circa 53,4 miliardi, in realtà in cassa ne sono entrati poco più di 20. Un buco pari a 33 miliardi che salgono a più di 35 tenendo conto del nuovo flop della rottamazione quater.
La prima rottamazione, varata nel 2016 dal governo Renzi, puntava a riscuotere ben 19,7 miliardi di euro ma in cassa ne ha portati meno della metà, appena 9,27 ha certificato la Corte dei Conti. Nel 2017 è toccato poi al governo Gentiloni fare il «bis» con l’obiettivo questa volta di incamerare circa 9,33 miliardi, mentre in realtà nelle casse dello Stato ne sono arrivati appena 2,27. Tra prima e seconda rottamazione si calcola che siano stati circa 2,3 milioni i contribuenti che hanno potuto regolarizzare la loro posizione beneficiando dello sconto su sanzioni e interessi.
Col governo Conte I nel 2018 è arrivata poi la «Rottamazione ter» che ha esteso il periodo a cui applicare la sanatoria allargando poi progressivamente la possibilità di adesione anche a chi in precedenza non aveva completato il percorso di regolarizzazione sospendendo il pagamento delle rate previste.
Anche in questo caso il risultato non è stato quello atteso: alla Rottamazione ter hanno infatti aderito 1,4 milioni di contribuenti che hanno versato nelle casse dello Stato 8,89 miliardi contro i 29,4 indicati come obiettivo rispetto ad un ammontare lordo di 49,6 miliardi. Infine, sempre nel 2018, c’è stato il «Saldo e stralcio» a produrre un’altra delusione nonostante consentisse un risparmio che in alcuni casi arrivava anche al 50% delle somme dovute al Fisco. A consuntivo questa misura ha consentito allo Stato di incamerare in tutto 769 milioni di euro contro una aspettativa di 1,43 miliardi.
A poco o nulla sono servite le successive proroghe e riaperture dei termini, tant’è che poi si è arrivati alla «Rottamazione quater» che riguarda i debiti con l’erario relativi al periodo tra il 2000 e giugno 2022. Già a fine marzo era stato introdotto un piano di recupero per consentire di rientrare in questa procedura chi non aveva versato le prime due rate. Sul filo di lana è poi arrivato lo slittamento della quinta rata a metà settembre, ma vista la fame di risorse che ha il governo da più parti si dà per scontato che in vista del varo della nuova legge di Bilancio verrà introdotta una sanatoria nella sanatoria, facendo rientrare anche questa volta i contribuenti in arretrato coi pagamenti. Oltre a questo la previsione è che nella Rottamazione quater, una volta «pesato» l’effetto dei rinvio a metà settembre, vengano comprese anche le cartelle esattoriali relative al 2023 in modo da ampliare la platea degli interessati.
È bene ricordare che la Rottamazione quater riguarda tutti i carichi affidati all’Agenzia delle entrate a partire dal 2000, incluse le cartelle non ancora notificate, interessati da provvedimenti di rateizzazione o sospensione, ma anche già oggetto di altri interventi di rottamazione o del Saldo e stralcio anche se decadute perché il pagamento non è stato effettuato, lo si è fatto in ritardo oppure in misura insufficiente. Dalla sanatoria sono invece escluse il recupero degli aiuti di Stato, le sanzioni comminate dalla Corte dei Conti come pure multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a provvedimenti e sentenze passate in giudicato.
Ma non è tutto perché in previsione del piano di abbattimento del magazzino di tasse finora non riscosse (una montagna di soldi pari a 1.200 miliardi di euro), per l’anno prossimo non è da escludere una Rottamazione 5, con termini e modalità ancora tutte da definire, e che però rischia di perpetuare all’infinito la possibilità di non pagare le tasse, aderire poi ad una sanatoria azzerando le procedure di riscossione coattiva (pratica censurata anche di recente dalla Corte dei Conti), quindi di fermare i pagamenti, per poi rientrare nella rottamazione vecchia oppure aderire a quella nuova continuando così a buttare la palla (delle tasse) avanti. Una soluzione tutt’altro che equa rispetto a chi le tasse le paga e anche a chi le ha pagate comprese di arretrati e sanzioni. —