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 2024  agosto 05 Lunedì calendario

Umiliato e spaventato, Khamenei ora vuole ferire (puntando sulla sorpresa)

Secondo gli oppositori, per farsi un’idea di come sta l’ayatollah Ali Khamenei dopo l’uccisione di Ismail Haniyeh e la sua guardia del corpo, bisogna analizzare attentamente il video del funerale del leader di Hamas, a Teheran. Mentre la folla del regime, raccolta davanti alle due bare avvolte nella bandiera palestinese, grida preghiere in arabo, il leader supremo aggrotta la fronte, guarda verso il cielo a destra e a sinistra, con un’espressione preoccupata. Sembra non sentirsi al sicuro, nonostante intorno ci siano i suoi – in teoria – fidatissimi Guardiani della rivoluzione, schierati per difendere l’anziano signore di 85 anni che ha in mano le sorti del Medio Oriente.
Mai è stato così chiaro alla Repubblica islamica che il Mossad – il servizio segreto israeliano – è ovunque. «Khamenei, già paranoico di suo – racconta un ex fedelissimo che deve rimanere anonimo – è terrorizzato e teme di essere il prossimo obiettivo. Ma vuole vendicarsi e salvare l’onore oltraggiato». L’omicidio di Haniyeh, avvenuto il 31 luglio nella sorvegliatissima guesthouse dei pasdaran, a nord della capitale iraniana, è stato non solo l’umiliazione delle umiliazioni per il regime, ma anche la prova che la sua intelligence è corrotta o ha grosse falle interne. Sabato, la magistratura ha aperto un’inchiesta: «Stiamo indagando per capire se Israele abbia usato infiltrati, agenti e spie, o se abbia commesso direttamente questo crimine».
Dopo lo choc iniziale, sono partite ricerche, interrogatori serrati e analisi di foto e video del palazzo colpito per comprendere la dinamica dell’attentato che alla Repubblica islamica conviene raccontare essere stato fatto con un missile. E per smentire la versione del New York Times e del Telegraph che parlano di una bomba nella stanza di Haniyeh: la conferma di infiltrati nei pasdaran. Sempre secondo il quotidiano di New York, ci sarebbero già stati oltre venti arresti tra cui alti ufficiali dei servizi segreti e personale della foresteria dove è stato ucciso Haniyeh che si trovava a Teheran per l’insediamento del presidente iraniano, il riformista Massoud Pezeshkian, un giorno dopo l’uccisione a Beirut del comandante militare di Hezbollah Fuad Shukr.
Due colpi in 24 ore che hanno indebolito, umiliato, e fatto infuriare la dittatura, che oggi si dice pronta a una dura vendetta contro il nemico Israele.
«L’attacco sembra imminente. Ci aspettiamo una pioggia di missili dalla Repubblica Islamica, da Hezbollah e dagli alleati dell’Asse della Resistenza. Vorranno colpire obiettivi militari vicino a un centro abitato, come Tel Aviv», racconta da Beirut Paul Salem, già presidente del Middle East Institute, ora vice. Salem spiega che a differenza di aprile – quando per la prima volta l’esercito di Khamenei ha bombardato direttamente Israele —, oggi l’Iran punta sull’effetto sorpresa. Niente attacchi telegrafati, coordinati: per riscattarsi deve «ferire». «L’Iran parla di guerra totale, ma dobbiamo ricordarci che i mullah sono soliti fare la voce grossa. In verità non vogliono entrare in un conflitto diretto: sanno che perderebbero».
Intanto, è la diplomazia sotterranea che gioca le sue carte. Gli Stati Uniti lavorano per convincere Netanyahu a una de-escalation e chiedono all’Europa che ha più contatti con le autorità iraniane di mandare un messaggio di moderazione agli ayatollah, a fronte anche dell’insediamento del nuovo presidente più aperto a un dialogo con l’Occidente. Ieri, mentre la Giordania inviava il ministro degli Esteri a Teheran, quello libanese raggiungeva il Cairo: tutti alla ricerca di un accordo che scongiuri la guerra regionale. Ma secondo il Wall Street Journal, Khamenei avrebbe già respinto il tentativo di mediazione degli Stati Uniti e dei Paesi arabi.