la Repubblica, 5 agosto 2024
In morte di Mario Paglieri
È morto il “naso” e patriarca di Felce Azzurra
di Maurizio CrosettiEra il profumo dei boomer da piccoli, la bianca nuvola di talco che circondava mamma come un’aureola: Felce Azzurra Paglieri, “basta la parola”, come il confetto Falqui o la Brillantina Linetti. Ma dietro quell’aroma c’era un naso, e dietro quel naso un uomo, Mario Paglieri il profumiere. Se n’è andato a 91 anni: era il patriarca, ma soprattutto il custode di segreti che durano da un secolo e mezzo, in particolare della misteriosa ricetta inventata da nonno Ludovico, trascritta da papà Luigi e protetta da lui, Mario. Nella cassaforte di famiglia c’è ancora il vecchio quaderno dove Luigi Paglieri aveva copiato in bella scrittura l’intuizione del padre, e che per una settantina d’anni ha guidato Mario Paglieri, che aveva fiuto non solo per i profumi.
Il destino stava tutto in quelle narici, come per Jean-Baptiste Grenouille, indimenticabile protagonista de Il profumo di Suskind, con la differenza che la storia di Mario Paglieri era tutta vera. Classe 1933, laurea in chimica a Genova, apprendistato a Ginevra, poi quel dono messo a disposizione degli affari di famiglia, nella fabbrica alessandrina diventata leader mondiale con oltre 200 milioni di fatturato, all’avanguardia per i servizi alle madri lavoratrici, per decenni la stragrande maggioranza del personale: un asilo nido direttamente in azienda, dove deporre i pargoli prima di andareal lavoro, naturalmente dopouna bella passata di borotalco.
Mario Paglieri si vantava di distinguere con una sola sniffata la lavanda dal “lavandino”, che è la parte meno nobile dell’essenza. «Vado tutti i giorni in laboratorio, annuso, seleziono, doso gli ingredienti ed è come ricominciare ogni volta da capo» raccontava, orgoglioso. Tutta questione di proporzioni. Dentro i computer della Paglieri, nel circuito informaticoaziendale, nessuno ha mai trascritto il segreto, che nel Piemonte del lavoro ben fatto è un po’ la Nutella dei profumi, i Paglieri come i Ferrero, dinastie glocal con il “gheddo”, il tocco in più, magia e fantasia per essere come i cani da tartufi che cercano, scavano, trovano e non sanno neanche come.
La storia del formidabile naso di Mario, all’opera dagli anni Cinquanta al 2020, non è soltanto una gloriosa epopea familiare (la ditta venne fondata nel 1876, la magica ricetta risale al 1926), ma un piccolo riassunto del costume nazionale. Felce Azzurra fu infatti tra i protagonisti di Carosello, piccoli spot con Ornella Vanoni, Mina e il Quartetto Cetra. Tutto ruotava attorno alla cura del corpo, a quel tempo solo femminile: un malizioso manifesto del disegnatore Gino Bocassile, che ritraeva un seno prosperoso, nel 1946 venne prontamente ritirato da un giudice bacchettone, e questa fu la prima e più clamorosa “réclame” per la felce color del cielo.
E poi il bucato: saponi, saponette, bagnoschiuma, detersivi, ammorbidenti, tutti i prodotti nati nella scia del talco, purissimo e proveniente dalle miniere della Val Chisone, il capostipite di una gigantesca fortuna. Ne sanno qualcosa intere generazioni di sederini di bimbi impanati come sogliole dopo il bagnetto, e sempre quell’aura dolciastra a impregnare l’aria: dal naso direttamente al cervello, perché è così che odori e profumi ci trafiggono come frecce, percorrendo la stessa strada del respiro e dell’aria, dunque della vita