Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  agosto 04 Domenica calendario

A un mese dall’insediamento, viaggio nell’universo del primo ministro Keir Starmer. La sua tabella di marcia prevede un riavvicinamento all’Ue a partire da Sicurezza e Difesa. E in patria farà cose di sinistra: dalla riforma dei Lord alla nazionalizzazione delle ferro vie

«Keir Starmer, ti voglio bene». Fa rima con Berlinguer e l’hanno scritto e pensato molti britannici online, quando si sono imbattuti nelle foto del loro nuovo primo ministro a Parigi, durante la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi lo scorso weekend. Mentre i leader intorno a lui indossano tutti poncho di fortuna per ripararsi dalla pioggia, Starmer si gusta lo spettacolo. Senza curarsi di coprirsi. Rain man. «Questa è la cosa più britannica che ci possa essere!», «Un vero patriota», sono i commenti più virali ed orgogliosi dei connazionali sui social. E quando la pioggia aumenta, ecco che Sir Keir indossa l’elegante tuta blu water-proof con cappuccio della squadra olimpica britannica, mentre i pari soffrono sotto gli impermeabili di plastica. L’account X del Labour non perde occasione per «trollare» i conservatori e il predecessore Sunak, che annunciò le elezioni anticipate del 4 luglio fradicio sotto un acquazzone: «Essere preparati è la chiave del successo». A un mese esatto dal trionfo di Starrner alle urne, nelle alte sfere del partito laburista a Downing Street e Whitehall continuano a ridacchiare sotto i baffi, in privato e off the record: «Ancora non riusciamo a credere a quanti regali ci abbiano fatto i tories...». Come se Sunak e i suoi avessero voluto srotolare il tappeto rosso all’avversario e nuovo leader britannico, entrato in politica solo nove anni fa. La catastrofica scelta del voto anticipato non solo ha facilitato la vittoria di Sir Keir, ma gli ha già scolpito la statura internazionale, vedi la partecipazione al delicatissimo vertice dei 75 anni della Nato a Washington lo scorso mese – incluso bilaterale con Joe Biden alla Casa Bianca –, la vetrina delle Olimpiadi, e il summit dell’European Political Community, da padrone di casa. In cui, a Blenheim Palace dove guarda caso nacque Winston Churchill, ha avuto l’opportunità, in un sol colpo, di incontrare una cinquantina di leader europei e porre le fondamenta di una sua magnifica ossessione: il reset con la Ue, come lo chiama Starmer. Ossia, riavvicinarsi, sensibilmente, all’Unione europea. Nonostante la Brexit, che lui ha sempre osteggiato. Qui il leader appena eletto gode sempre di una honeymoon, una luna di miele con gli elettori, che per qualche mese gli danno il tempo di ambientarsi a Downing Street e magari gli perdonano pure qualche errore, disastri umani ed epocali dell’ex premier Liz Truss a parte. In realtà, anche per il carisma e la scioltezza dimostrati con i contraltari sul palcoscenico internazionale, Starmer ha già conquistato nuovi elettori e clienti del suo pub londinese preferito, il Pineapple a Kentish Town. «He fills the space», riempie la scena, ci dice il suo biografo e amico Tom Baldwin. Secondo un recente studio di Opinium, se dopo le elezioni il tasso di popolarità di Starmer è rimasto stabile al 40 per cento, la disapprovazione dei britannici nei suoi confronti, anche’ essa al 40 per cento pre-voto, si è dimezzata, crollando al 20 per ento in pochi giorni. Già, non poteva esserci esordio migliore per il 6lenne Sir Keir al Numero 10. In Parlamento a Westminster ha una maggioranza monstre grazie al controverso uninominale secco «First Past the Post», ma su scala nazionale guida il governo che nella storia democratica britannica ha ottenuto alle urne la quantità di voti più bassa su scala nazionale (34%). In questo senso, persino il disastroso Jeremy Corbyn nel 2019 ha fatto meglio. Ma poco importa per Starmer. Ora, come ci ha detto qualche giorno fa a Downing Street, «tocca trasferirsi qui con tutta la famiglia», inclusa la riservatissima moglie Victoria e i due figli adolescenti, di cui non si conosce neanche il nome ufficiale. «Per loro è un bel cambiamento. Anche per me. Ma, soprattutto, adesso abbiamo una occasione unica per cambiare il Paese». segue nelle pagine successive Certo, come premonivano i predecessori Harold MacMillan («events, dear boy, events») e Margaret Thatcher, gli imprevisti per un leader sono sempre dietro l’angolo. La prima brutta notizia per Starmer è stata la strage di bambine a Southport, per cui, dopo una marea di fake news sul 17enne arrestato, gli estremisti di destra potrebbero ora scatenare una estate di violenza. Ma da ex procuratore generale della Corona, il nuovo inquilino di Number 10 ha già promesso il pugno duro, «come contro gli hooligan del calcio».
Per il resto, cosa ci ha mostrato Starmer in questi trenta giorni? Cosa abbiamo capito di lui e del suo Labour? Questo figlio di un attrezzista può davvero ispirare la sinistra? E che cosa ha in mente Sir Keir, «la cui canzone preferita è l’Inno alla Gioia» secondo Baldwin, quando dice di volersi «riavvicinare all’Europa»?
La prima tabella di marcia di Starmer è stata annunciata dal Discorso del malato re Carlo III in Parlamento a metà luglio. Tra una quarantina di disegni di legge del nuovo esecutivo, ci sono riforma della Camera dei Lord, per cui il Labour abolirà il diritto di ereditare la carica da un genitore e installerà un limite di età di 80 anni. Poi la nazionalizzazione delle ferrovie, uno dei progetti più spigolosi di Starmer, anche se il leader lo ha annunciato da molti mesi e i sondaggi sembrano essere con lui, visti i costi elevati, o talvolta spaventosi, dei biglietti dei treni oltremanica. Dopo le privatizzazioni di Major e Blair, il piano sarà di riprendere il controllo nazionale di treni e linee ferroviarie nel giro di cinque anni.
Ci sono poi nuovi diritti per i lavoratori, per cui saranno praticamente eliminati i famigerati e super-flessibili «Zero-hours contracts» che permettono di licenziare e ri-assumere con grande facilità. Inoltre, è prevista la creazione di Gb Energy, ovvero un fondo di investimento nell’energia verde, con lo Stato che immetterà 8,3 miliardi di sterline iniziali per attrarre privati e che accompagnerà i cittadini nella transizione energetica verso le fonti pulite: una bella scommessa, vista l’incertezza su prezzi e sostenibilità delle nuove fonti. In più, la costruzione di 1,5 milioni di nuove case popolari, devolvendo maggiori poteri alle autorità locali.
Ma soprattutto, c’è la questione tasse alle scuole private. Per Starmer è una questione di principio, come molte altre: tutti i bambini e ragazzi devono avere le stesse opportunità. Il governo conta di recuperare così circa 1,5 miliardi di sterline per assumere altri 6.500 insegnanti e creare 3.300 strutture nelle scuole materne per assistere i figli dei genitori che lavorano – e far risparmiare così soldi su babysitter o tate. «Education, education, education!», invocava del resto Tony Blair. Ma molte scuole private già lanciano allarmi bancarotta, e pure diverse università, visto il crollo degli studenti stranieri dopo il taglio dei visti del governo Sunak, sono a rischio fallimento.
La ossessione del servizio pubblico
Insomma, quello di Starmer, almeno nei suoi primi 12 mesi, è un programma ambizioso e più di sinistra di quanto si pensasse. Certo rischierà grosso sulla complicatissima rinazionalizzazione delle ferrovie – chi ricorda l’epocale disastro della vecchia British Rail sa di cosa stiamo parlando. Ma il nuovo primo ministro, e questa è già una prima differenza dal profeta Blair, ha una fissa: la centralità del servizio pubblico, come un altro vecchio leader laburista che lui ammira, Harold Wilson. Non a caso, uno dei primi provvedimenti della sua Iron Lady, la ministra delle Finanze Rachel Reeves e prima donna Cancelliera dello Scacchiere della storia britannica, è stato quello di alzare lo stipendio del 22 per cento ai giovani dottori della sanità pubblica Nhs. E anche insegnanti, poliziotti, infermieri e altri dipendenti del settore pubblico otterranno un aumento in busta paga del tra il 4,75 e il 6 per cento. Per una spesa complessiva di almeno 9 miliardi di sterline all’anno, oltre 10 miliardi di euro.
L’ossessione del servizio pubblico per Starmer non è solo ideale. Il partito ha uno stretto legame con i sindacati dei lavoratori che lo finanziano copiosamente e che rappresentano milioni di dipendenti pubblici. Questi ultimi, alle ultime elezioni, hanno votato Labour per il 41 per cento, contro il 20 per cento nel settore privato.
Dì qualcosa di sinistra, Sir Keir
Detto, fatto. «Starmer – sostiene Baldwin – crede nel libero mercato ma nella sua storia ha anche un rapporto con le associazioni di categoria, a differenza di Blair e del successore di quest’ultimo, Gordon Brown. Nazionalizzerà le ferrovie. Ha lanciato una nuova piattaforma nazionale per l’energia pulita. Detto questo, non credo sarà un governo particolarmente di sinistra. Ma ci sono numerose misure che piacciono molto ai sindacati. E una donna operaia e di sinistra è vicepremier e viceleader del partito, ossia Angela Rayner».
Proprio a Rayner, 44 anni, ex sindacalista cresciuta in assoluta povertà in una casa popolare della periferia di Manchester e anello di congiunzione tra Starmer e gli operai del nord e delle Midlands inglesi, è stato affidato il compito di costruire 1,5 milioni di nuove case popolari. Obiettivo da raggiungere ogni costo, vista l’emergenza abitativa e i prezzi alle stelle degli immobili. Perciò Starmer ha chiesto di scavalcare resistenze locali e restrizioni dei piani regolatori: per esempio, in alcuni casi, approvando costruzioni anche a ridosso della cosiddetta Green Belt, ossia quel 13 per cento del territorio del Regno su cui sinora non si sono potuti ergere palazzi in nome della sostenibilità ambientale e naturalistica, per evitare la fusione di giganteschi centri urbani.
Prosa e poesia
In questi giorni, il Labour ha anche cambiato i parametri estetici dei progetti di case popolari avviati dai conservatori. Nelle carte di Whitehall, è sparita la parola «beautiful» per i nuovi alloggi, come ha notato stizzito lo Spectator, il celebre magazine vicino ai tory. Perché l’importante è costruire, senza sosta. Build, baby build. Che siano case «cool» o meno. Già. perché questa non è la «cool Britannia» di Blair, che conquistò un liberatorio potere nel 1997 pure lui dopo un lungo dominio conservatore. È un’altra era, più cupa, pessimista, di risorse limitate, per cui l’inno di quel Labour Things can only get better dei Dream oggi è pura malinconia. Se Blair era poesia o una canzone degli Oasis, Starmer è prosa o un romanzo di Martin Amis: niente unicorni o promesse insostenibili. Ma, come diceva Churchill, l’ottimista vede le opportunità nelle difficoltà. Keep calm and carry on.
Ventisette anni fa, al suo primo giorno a Downing Street, lo spavaldo Blair rese indipendente la Banca d’Inghilterra, un evento rivoluzionario. E nei successivi 99 giorni al potere, Sir Tony introdusse il salario minimo, raggiunse un accordo con l’Ira riducendo le tensioni in Irlanda del Nord, avviò un’altra epocale riforma come la devolution di Scozia e Galles.
Cautela o austerity?
Starmer invece, in questo primo mese al potere, si è dimostrato molto più cauto soprattutto sulle finanze, nonostante il mantra «Take the brakes off Britain», toglie i freni al Regno Unito. Tanto che diversi commentatori, economisti e media di sinistra quali Jacobin hanno accusato l’attuale Labour di essersi votato all’austerity come i conservatori.
Per i suoi critici, Rachel Reeves, la 45enne cancelliera di ferro dello scacchiere britannico, ne è l’incarnazione fatale. Solo qualche giorno fa, la titolare alle Finanze ha annunciato di aver scovato un buco nelle casse dello Stato ereditato dai tories da 22 miliardi di sterline, circa 25 miliardi di euro. Un annuncio controverso, perché Reeves in Parlamento ha sostenuto di averlo scoperto solamente dopo esser entrata nelle stanze del potere. Tuttavia, alcune sue recriminazioni di oggi sui conti in realtà erano già state citate dal suo partito in campagna elettorale. «Siete falsi e opportunisti», hanno reagito i disastrati tory.
Il lato Macbeth
In ogni caso, queste spese non s’hanno da fare: cestinati decine di progetti infrastrutturali del Regno, incluso il contestatissimo tunnel che doveva passare sotto Stonehenge. Via anche alcuni benefit contro il carovita, ma soprattutto, stop alla riforma del welfare agognata alla sinistra del partito, composta di due pilastri cruciali: l’addio al limite di sussidi per chi ha più di due figli e quello al tetto di 86mila sterline per chi ha un malato grave da assistere in casa o in strutture dedicate, per cui, secondo il piano redatto anni fa dall’economista Sir Andrew Dilnot, oltre quella soglia sarebbe toccato allo Stato pagare le cure.
Niente da fare, invece. «Una tragedia», protesta Dilnot. E così, proprio sul limite dei benefit a chi ha più di due figli, la settimana scorsa in Parlamento Starmer ha dovuto affrontare la prima rivolta nel partito. La piaga dei bambini poveri nel Regno è vergognosa: 4,3 milioni, ossia 3 su 10. Ma, nella House of Cards britannica, si è visto quanto Sir Keir possa essere spietato come un Macbeth dietro il suo volto rassicurante. Sette parlamentari hanno votato per un emendamento a tema degli indipendentisti scozzesi. Risultato: tutti sospesi per addirittura sei mesi dal Labour, incluso l’ex vice di Corbyn, John McDonnell. Nonostante la maggioranza enorme di Starmer ai Comuni.
Il “test della virilità”
Questo primo atto brutale di Starmer evidenzia un altro aspetto di quella che sarà la sua premiership: se il suo programma può considerarsi di sinistra, lui e il suo massimo e misterioso stratega Morgan McSweeney considerano l’ala sinistra del partito di un oltranzismo controproducente. E così, è in corso un hippy punching, un prendere a pugni quella corrente, come lo ha ribattezzato l’Economist. Già prima delle elezioni, McSweeney, che ha vinto tutte le sue campagne elettorali puntando al centro, ha provato a sbarazzarsi di questa costola scomoda del Labour di Starmer, ma goffamente e senza successo. Ora, invece, abbiamo assistito al primo virility test di Starmer, secondo il progressista New Statesman. Se a sinistra non obbediranno, ci saranno altre punizioni. E forse defezioni per una nuova lista di sinistra radicale, con magari Corbyn leader.
Attenti, boomer
Ma «country first, party second», come ama ripetere Starmer: prima il Paese, poi il partito. Non solo. Oltre a puntare al recupero di decine di miliardi dall’evasione fiscale, il Labour e Reeves promettono «crescita, la migliore del G7» – obiettivo già mancato per l’anno prossimo, secondo l’Fmi, con Usa e Canada che corrono molto di più. Ma la cancelliera ha fatto capire che, sempre per il buco nelle finanze, alzerà le tasse in occasione della legge di bilancio del 30 ottobre prossimo. Probabili dunque nuove imposte sugli utili finanziari, sulla successione, forse addirittura ci saranno interventi sulle pensioni, oltre al taglio già previsto per gli aiuti sulle bollette agli over 65. Politicol’ha già definita una vera e propria «sfida ai boomer». Gli ultra 60enni di norma votano in massa per i conservatori – non a caso i tories gli hanno concesso di tutto negli ultimi anni – ma, secondo uno studio del Times, un anziano su sei morirà entro le prossime elezioni.
I rischi del rigore economico
Questo è dovuto a due fattori. Il paziente inglese del debito pubblico è salito dal 64,7 per cento al 99,5 cento dal 2010 a oggi. E, come hanno ribadito 34 storici in uno studio della Anglia Ruskin University, nel sentimento popolare il Labour è spesso associato a gravi crisi finanziarie, vedi nel 1931, 1976 e 2008. Quindi il neo premier si è dannato per ribaltare questa concezione e sfruttare l’assist dei 49 catastrofici giorni di Truss al potere: «Siamo noi laburisti i più credibili in economia». Per questo, Starmer ha legato ogni nuovo disegno di legge all’approvazione preventiva di un ente di bilancio indipendente, l’Office of Budget Responsibility.
Una misura avveduta, che però rischia anche di ingessare la visione del governo e i piani dell’era Starmer, che ha ereditato tra le altre cose lunghissime liste di attesa negli ospedali pubblici e carceri stracolme che lo costringeranno a una amnistia. Di recente, il primo ministro non si è impegnato pubblicamente a lungo termine sul capitale progetto Gcap del nuovo caccia Tempest con Italia e Giappone. In nome dei bilanci, il Tesoro potrebbe mettere la Difesa di fronte a un aut aut tra Tempest e il progetto di sottomarini nucleari australiani “Aukus” con gli Stati Uniti.
La strategia di Starmer con la Ue
Eppure, la Sicurezza e la Difesa europee sono vitali per Starmer. In privato, il primo ministro teme che gli Stati Uniti di Donald Trump si stacchino dalla Nato e dall’Europa. Proprio da qui parte il necessario riavvicinamento del Regno Unito all’Ue. Starmer è pronto a condividere con l’Unione il deterrente nucleare britannico: per lui non c’è più tempo da perdere. Per questo e per ricostruire relazioni cruciali con gli europei sfilacciatesi dopo l’addio di Londra all’Ue, David Lammy e John Healy, i suoi ministri degli Esteri e della Difesa, sono in un frenetico tour in Europa da settimane.
A Sir Keir, dopo aver affondato il progetto di deportazioni in Ruanda di Boris Johnson e Sunak, serve un appoggio dall’Ue anche sui migranti illegali, che sono sbarcati in oltre 3mila dalla Manica da quando è entrato a Number 10. Soprattutto nell’azione preventiva di «distruggere le gang di trafficanti, come ho fatto con i terroristi da procuratore capo». In questo la collaborazione con Francia, Germania, Spagna e Italia è fondamentale, come ci ha detto lui stesso a Blenheim Palace: «Voglio portare avanti la relazione privilegiata, storica con l’Italia e con la premier Meloni costruita dal mio predecessore Rishi Sunak».
«Keir ha sempre voluto un rapporto più stretto con l’Ue», racconta il biografo Baldwin, «sul secondo referendum invece è sempre stato scettico, ma alle elezioni 2019 lo avevo convinto. Ha sottolineato più volte che in Ue e nel mercato unico per ora non si rientra. Creerebbe troppe spaccature nel Paese: nei prossimi 4 anni non si parlerebbe di altro, mentre lui vuole accelerare sulla crescita. Ma, a differenza dei tories, Keir cercherà un accordo migliore con la Ue, sui controlli fitosanitari e allineando altri standard, per rimuovere quante più barriere commerciali con l’Europa».
Insomma, riaprire una ferita ferale e profonda come la Brexit non se ne parla, nonostante oltre il 70% dei britannici dica di stare peggio, secondo i sondaggi. È un vaso di Pandora che fa tremare i polsi. Fuori discussione anche l’ingresso nel mercato unico, perché implicherebbe la libera circolazione dei lavoratori. L’immigrazione è una linea rossa per Starmer e Reeves: la «Brexit è stata votata per i migranti, non per il commercio». Per questo, i negoziati con la Ue sulla mobilità giovanile o sui visti a lavoratori non qualificati potrebbero presto finire in un vicolo cieco. Ma questo processo di riconciliazione tra Uk e Ue resta molto fluido. E potrebbe portare, tra qualche anno, a rivalutare un nuovo ingresso di Londra nell’Unione doganale, secondo diversi insider. Soprattutto se l’economia dovesse arrancare: «Non potranno congelare questo Paese al 23 giugno 2016, giorno del fatale referendum Brexit», ci dice profetico lo scrittore Robert Harris.
Il populismo “olio di serpente”
Inoltre, Starmer sa bene di rappresentare la forza di centrosinistra e progressista più viva in una Europa preda di destre e instabilità. Oltre a sostenere graniticamente l’indipendenza dei tribunali – per questo ha dato l’ok all’eventuale mandato di arresto della Corte dell’Aja contro Netanyahu – il nuovo leader crede che non bisogna cedere di un millimetro sui valori di libertà e democrazia. Sa che la sua missione politica non è puramente britannica, ma continentale. Quando lo abbiamo incontrato in campagna elettorale qualche settimana fa, ce lo ha detto chiaramente: «Voglio riunire le forze progressiste europee, perché noi siamo l’unico antidoto al populismo», da lui definito «fascinoso come un oil snake», olio di serpente, «che illude e divide il popolo».
Per questo Sir Keir, dopo il suo primo mese di governo, sa che non può fallire. Ma come sostiene un colosso del Labour come Neil Kinnock, «Starmer ha ereditato una situazione grave, come dopo la Seconda guerra mondiale. Con la differenza che, nel 1945, la società britannica era molto più coesa».
La vera sfida di Sir Keir
Il rapporto Damaged Politics? del National Centre for Social Research sottolinea come «la fiducia nei governi non sia mai stata così bassa». Il 45 per cento dei britannici sostiene di non voler mai più credere, o quasi, nel proprio esecutivo. Il 58 per cento dice che non crederà quasi mai alle promesse di qualsiasi politico. E se «nel 2004 il 18% dei britannici pensava che la democrazia funzionasse molto male, oggi sono il 32 per cento».
L’exploit di Nigel Farage alle elezioni – quasi il 15 per cento dei voti, ma solo 5 seggi per il sistema elettorale – potrebbe essere solo l’inizio. Martin Wolf sul Financial Times ha scritto che «la sfida per Starmer non sarà solo quella di governare bene, ma anche di ristabilire credibilità e fiducia alla politica. Altrimenti, la politica convenzionale collasserà e un’ampia fetta di elettorato si prostrerà ai mendaci demagoghi». Questa sfida campale per Starmer e il Paese è appena cominciata. «In Keir we trust», si caricano i suoi a Westminster.
 
 
 
 
@font-face {font-family:"Cambria Math”; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536870145 1107305727 0 0 415 0;}@font-face {font-family:Calibri; panose-1:2 15 5 2 2 2 4 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:swiss; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536859905 -1073732485 9 0 511 0;}@font-face {font-family:"Times New Roman (Corpo CS)”; panose-1:2 2 6 3 5 4 5 2 3 4; mso-font-alt:"Times New Roman”; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536859921 -1073711039 9 0 511 0;}p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-unhide:no; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:"”; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:30.0pt; mso-bidi-font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman”,serif; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman (Corpo CS)”; mso-fareast-language:EN-US;}.MsoChpDefault {mso-style-type:export-only; mso-default-props:yes; font-size:30.0pt; mso-ansi-font-size:30.0pt; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman (Corpo CS)”; mso-fareast-language:EN-US;}div.WordSection1 {page:WordSection1;}