la Repubblica, 4 agosto 2024
Intervista a Cosimo Ceccuti. Parla di Spadolini
Una certa idea dell’Europa. Quale proiezione di una gobettiana (il suo Gobetti) certa idea dell’Italia.
Giovanni Spadolini, il professore, il giornalista, il primo presidente laico del Consiglio, scomparso il 4 agosto di trent’anni fa, la coltivò anche qui, sulla collina opposta a quella che ha per epicentro Fiesole, nella casa dei libri dove accolse l’Imperatore del Giappone presentandosi: «Io sono l’Imperatore di Pian dei Giullari». Ne coltiva la memoria Cosimo Ceccuti, suo segretario particolare, stessa passione, il Risorgimento, in cattedra come lo storico del Tevere più largo al Cesare Alfieri, nonché presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia.
Spadolini se ne andò poco dopo la quarta elezione diretta del Parlamento europeo. Non pensò mai di candidarvisi. Perché?
«No, non ci pensò mai. Pur essendo un europeista di stretta osservanza.
Serviva l’Europa come parlamentare italiano, dal 1991 in veste di senatore a vita.Grand commis della politica, fu lui a favorire l’elezione a Strasburgo di Rosario Romeo, lo storico impareggiabile di Cavour».
Alla clinica Quisisana, dove trascorse gli ultimi giorni della sua vita, Spadolini ricevette, fresca di stampa, una copia del suo libro L’idea d’Europa, tradotto in russo.
«Mazziniana la radice storica della sua idea d’Europa. Attraverso il patriota genovese la Repubblica letteraria di Voltaire diveniva Repubblica politica. Dove gli ambasciatori sapevano che in caso di guerra sarebbero tornati incolumi in patria».
Fra Illuminismo e Romanticismo…
«Per li rami risalendo, Spadolini, a Erasmo e a Machiavelli. Erasmo, che lega l’intuizione cristiana dell’universo alla scoperta delle moderne libertà democratiche. E Machiavelli, che per primo aveva intuito e difeso l’Europa come terra della Repubblica, ossia la libertà contro il dispotismo asiatico».
Mazzini, il Romanticismo, l’idea di nazione. Non contrasta forse con l’idea di Europa?
«Non per Mazzini. Che dalla Giovine Italia nel 1831 giunge a fondare la Giovine Europa nel 1834. È la religione delle patrie».
L’Europa delle patrie, profondamente anti-gollista. Quale lo statista francese più vicino a Spadolini?
«Di sicuro Mitterrand. Spadolini lo aveva conosciuto a Firenze sul finire degli anni Cinquanta, quando il futuro Presidente francese si documentava per un saggio su Lorenzo il Magnifico. Li divideva l’interpretazione dell’esprit florentin. In Francia evoca la mancanza di morale. Mentre è la quintessenza dello spirito moderno».
Dalla Francia alla Germania…
«Speciale il rapporto fra il cancelliere Schmidt e Spadolini. A loro soprattutto si deve lo spiegamento degli euromissili. Una scelta non nella direzione del riarmo. Si pensava così, riequilibrando le forze in campo (dominante l’Urss), di ricondurre le parti al negoziato, favorendo una riduzione bilanciata e controllata della potenza nucleare».
L’Unione Sovietica verso la perestroika e la glasnost, l’epoca di Gorbaciov che si sarebbe esaurita a fine ’91…
«Spadolini stimava Gorbaciov che gli si rivolse volendo creare a Mosca una Università simile alla Bocconi (Spadolini, della Bocconi, presidente fino alla fine). Gorbaciov che, rispetto a Mitterrand affascinato da Machiavelli, prediligeva Guicciardini».
L’Europa e le radici cristiane ignorate nel Trattato di Lisbona del 2007…
«Che invece Spadolini, laico di ascendenza crociana, non esitava a riconoscere. Nel solco di Altiero Spinelli, ovvero l’artefice del Movimento federalista. Di lui diceva: “Non ammainò mai la fede nell’Europa come res publica christiana”».
Spadolini si espresse per l’ingresso di Israele in Europa?
«Il legame fra Spadolini e Israele era nitido, infrangibile. A Israele guardava come avamposto di civiltà contro la barbarie fondamentalista del Medio Oriente».
Circa la Shoah, che cosa esigeva dall’Europa?
«Affermava che l’Olocausto non può essere soltanto un tragico ricordo o una colpa collettiva da meditare ed espiare. Deve invece costituire un monito quotidiano. Come non riandare ai Moniti all’Europa di Thomas Mann?».
Tra i problemi dell’Europa, l’immigrazione…
«Spadolini ebbe occasione di pronunciarsi, fra l’altro, intervenendo come presidente del Senato al Parlamento europeo nel 1989. Denunciò le “barriere piscologiche e sociali” troppo spesso opposte all’immigrazione. Osservò: “Nascono solo dall’illusione di poter risolvere il problema dei rapporti Nord-Sud considerando la comunità europea una specie di castello assediato”».
Che cosa auspicava?
«Un’Europa aperta, degna dell’Illuminismo moderno, non potendo il Vecchio Continente rinunciare al cosmopolitismo che esso stesso produsse nell’età della ragione».
Spadolini autore fra l’altro di Gli uomini che fecero l’Italia, naturalmente aperti al mondo…
«Giovanni Agnelli, intuite le potenzialità del mercato cinese, scelse il libro di Spadolini, tradotto nella lingua di Confucio, come biglietto di visita. Quando la Cina era lontana. Quando Spadolini, nella scia di Paul Valéry, delle sue amarezze, si domandava: “L’Europa diverrà il promontorio del continente asiatico, o tornerà a essere quello che è nella realtà spirituale, la parte preziosa dell’universo, la perla della sfera?”».
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