il Fatto Quotidiano, 3 agosto 2024
Libri? Meglio tardi che mai. Scrittori esordienti, ma attempati
Il talento letterario non ha età. Basti pensare alla traduttrice Franca Cancogni che nel 2018, spente 98 candeline, pubblica per Bompiani Il pane del ritorno. Oppure all’ex presentatrice Rai Elda Lanza che nel 2012, raggiunti gli 88 anni, si reinventa giallista per Salani con Niente lacrime per la signorina Olga. Ultima all’appello la palermitana Milena Palminteri. A 75 anni – già direttrice dell’Archivio notarile di Salerno – licenzia per Bompiani un romanzo che, uscito a fine giugno, ha già raggiunto la vetta delle classifiche e insidia la corsa della collega premio Strega Donatella Di Pietrantonio con il suo einaudiano L’età fragile (la dentista pediatrica abruzzese aveva atteso anche lei gli “anta” per il suo battesimo letterario nel 2011 al giro di boa del mezzo secolo). Non sorprende il successo di Come l’arancio amaro perché, in una stagione editoriale scandita da storie di emancipazione femminile, sembra raccogliere il testimone da debutti best-seller come La portalettere della quarantenne Francesca Giannone (Nord).
Il romanzo di Palminteri si snoda tra gli anni 20 e gli anni 60 in una Agrigento trasfigurata dove gli uomini sono sempre i padroni dei destini femminili. Carlotta, aspirante avvocato, scopre la verità sulle sue origini affondando in una trama torbida: Nardina sposa Cangialosi, rampollo di famiglia nobile, ma non riesce a dargli l’atteso erede mentre la domestica Sabedda cova in grembo una creatura alla quale non può garantire un futuro… Il baratto determina due madri mancate e un monito finale: “Non c’è amore di uomo che possa essere più importante di te stessa”.
Palminteri sembra rinnovare il fatale contrappasso senile che segna la vena creativa di tanti autori isolani. A cominciare da Andrea Camilleri, che è vero che pubblica il primo libro poco più che cinquantenne nel 1978, ma è altrettanto vero che La forma dell’acqua, il primo giallo con protagonista il commissario Montalbano e che gli darà la fama, lo firma a 69 anni nel 1994. Gesualdo Bufalino, professore di Comiso scoperto da Leonardo Sciascia, nel 1981 vince a 61 anni il premio Campiello con il suo acclamato esordio targato Sellerio Diceria dell’untore. Giuseppe Tomasi di Lampedusa completa Il Gattopardo a 60 anni senza mai vederne la pubblicazione, uscito postumo per Feltrinelli nel 1958. Stefano D’Arrigo ha 55 anni quando pubblica per Mondadori nel 1975 il suo monumentale Horcynus Orca. Simonetta Agnello Hornby, avvocata palermitana emigrata a Londra, ha la stessa età quando inizia nel 2002 la sua fortunata carriera con La mennulara (Feltrinelli).
Dismettere la vita precedente e scegliere la maturità per dare respiro alla propria vocazione letteraria è un destino scelto da svariati autori e autrici. Sveva Casati Modignani, alias Bice Cairati, in coppia con il marito, attende i 53 anni per pubblicare nel 1981 con Sperling & Kupfer il suo primo Anna dagli occhi verdi; Carmen Covito i 44 per il suo best-seller La bruttina stagionata (Bompiani, 1992). Oltreoceano Toni Morrison, futura premio Nobel, si affaccia solo quarantenne nel 1970 con L’occhio più azzurro mentre un’altra autrice acclamata come Elizabeth Strout ha già 42 anni quando nel 1998 dà alle stampe Amy e Isabelle. Sempre per restare dentro i confini degli States: Il grande sonno nel 1939 esce quando Raymond Chandler è già cinquantenne; Charles Bukowski abbandona il suo lavoro alle poste e si consacra alla scrittura nel 1971 con Post Office quando ha 51 anni; Henry Miller irrompe all’età di 43 anni nel 1934 con Tropico del cancro.
Debuttano in età matura anche il Nobel portoghese José Saramago che attende i 52 anni per pubblicare il suo esordio, La vedova, benché poi ripudiato. Così come il cileno Roberto Bolaño, che nel 1993 ha già festeggiato i 40 anni quando tira fuori La pista di ghiaccio.
Per tornare a casa nostra emblematici i casi di esordienti poco più che cinquantenni come Piero Chiara con Il piatto piange (Mondadori, 1962) o Francesco Biamonti con L’angelo di Avrigue (Einaudi, 1983). A ridosso del mezzo secolo, tra i 46 e i 47 anni, debuttano nella narrativa altri tre italiani come Antonio Moresco nel 1993 con i racconti di Clandestinità, Walter Siti nel 1994 con Scuola di nudo e Maurizio De Giovanni con Le lacrime del pagliaccio nel 2006. Certo, nulla di comparabile con la parabola dell’americano James Arruda Henry, pescatore di aragoste in pensione, che analfabeta fino a 90 anni esordisce nel 2013 a 98 anni con la sua autobiografia. Non è mai troppo tardi, non c’è che dire.