il Giornale, 3 agosto 2024
L’Iran dovrebbe attaccare il 12 agosto
Supermercati presi d’assalto: cibo in scatola, carta igienica, acqua, cereali a riempire le dispense degli israeliani. Che sono addomesticati dalle autorità grazie a dei dépliant con le linee guida su come comportarsi in caso di bombardamento: dove sono i rifugi antiaerei più vicini, da raggiungere in massimo novanta secondi, e come prepararli e pulirli in anticipo, facendo scorte di alimenti, torce, medicine per almeno tre giorni. Perché da queste parti un attacco iraniano è considerato qualcosa di più di una lontana prospettiva. Probabile, se non quasi sicuro. Al punto che secondo il sito israeliano Ynet ai ministri del governo israeliano e ad alti funzionari sarebbero stati forniti dei telefoni satellitari per consentire il flusso delle informazioni al massimo livello qualora l’attacco iraniano dovesse colpire le infrastrutture di telecomunicazione.
Niente panico, anzi sì. Dopo l’uccisione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Beirut, l’escalation è dietro l’angolo, anche la Casa Bianca è convinta che l’Iran colpirà Israele nei prossimi giorni come rappresaglia. Washington si aspetta che l’azione iraniana possa seguire lo stesso schema dell’attacco del 13 aprile scorso a Israele, ma potenzialmente di portata più ampia, e potrebbe coinvolgere anche Hezbollah. Il sospetto è che l’Iran possa scegliere di colpire nel «giorno più triste del calendario ebraico», ovvero l’anniversario della Distruzione del Tempio, detto Tisha B’Av, che cade quest’anno tra il 12 e il 13 agosto.
Quanto alle modalità dell’attacco, secondo l’analisi dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito, potrebbe avvenire tramite droni lanciati da aree nei pressi di Damasco e dal deserto siriano con l’obiettivo di far credere si tratti di attacchi delle milizie sostenute dall’Iran in Iraq. In vista di una possibile escalation, Hezbollah ha iniziato a evacuare il quartier generale e i centri di comando nella sua roccaforte nel sud di Beirut. Secondo l’emittente saudita Al-Hadath, citata dai media israeliani, il movimento sciita filoiraniano ha anche avvertito gli inquilini degli edifici in cui vivono alti esponenti dell’organizzazione e di quelli adiacenti di evacuare e trasferirsi in «un luogo più sicuro». Il numero due di Hezbollah, Naim Qassem, ha promesso una «risposta significativa» che «sarà un passo verso la vittoria». E anche il premier libanese Najib Miqati ha parlato di «sistematica e pericolosa escalation israeliana» di fronte alla quale il Libano «può solo sottolineare il suo diritto a difendere la sua terra, la sua sovranità e dignità con tutti i mezzi a disposizione».
Ieri a Doha, in Qatar, è stato il giorno dei funerali di Haniyeh, dopo la cerimonia tenuta giovedì a Teheran alla presenza dell’ayatollah Ali Khamenei. In migliaia si sono radunati nella moschea Mohamed bin Abdelwahab, la più grande del Paese, tra imponenti misure di sicurezza. Il corpo di Haniyeh è stato sepolto nel cimitero nella zona di Lusail a Doha, dal 2019 residenza del leader di Hamas e sede politica del gruppo islamista. La cerimonia si è svolta alla presenza di leader arabi e islamici, tra i quali indicato anche funzionari turchi e il vice premier del governo talebano, Mawlawi Abdul Kabir. La Turchia, come altri Paesi, ha annunciato una giornata di lutto per onorare Haniyeh. E la bandiera a mezz’asta esposta all’ambasciata turca a Tel Aviv per commemorare Haniyeh, ha fatto arrabbiare Israele. «Ho incaricato i funzionari del ministero degli Esteri di convocare il vice ambasciatore turco in Israele per un severo rimprovero», ha scritto il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz.
Intanto Joe Biden ha avuto una difficile telefonata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, nel corso della quale il presidente Usa ha espresso la sua frustrazione per non essere stato avvertito dell’assalto a Haminyeh e ha cercato invano di far ragionare il suo alleato supplicandolo ad accelerare sulla tregua per Gaza. Gli Stati Uniti si preparano, secondo il New York Times, a inviare altri aerei da combattimento in Medioriente per aumentare la prontezza di combattimento e per proteggere le truppe e gli alleati statunitensi da qualsiasi minaccia proveniente dall’Iran o da gruppi di miliziani sostenuti dall’Iran. Biden ha sentito anche il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan. Quest’ultimo ha sottolineato il duro colpo che la morte di Haniyeh ha inflitto alle speranze di dialogo tra le parti, ma anche il rischio che il conflitto si espanda. Una prospettiva che Turchia e Usa sono determinate a evitare