La Stampa, 3 agosto 2024
Passaporti facili
Uno, due ma anche tre. I passaporti non bastano mai, soprattutto se vuoi andare alle Olimpiadi. Cambiare nazionalità per potersi qualificare ai Giochi è una prassi consolidata. Ne sa qualcosa il calcio, ma restano i grandi eventi internazionali come Olimpiadi e Mondiali in ogni disciplina a scatenare la corsa al passaggio da una nazione all’altra, sul filo dei regolamenti che nel frattempo si sono fatti sempre più rigorosi e meno flessibili.
Il Cio, ha stretto parecchio le maglie mettendo su una procedura ancora più controllata (e quindi lenta), tale da mettere in serio dubbio la possibilità di mettersi in regola per tempo in prossimità dei Giochi di Parigi 2024.
Sette atleti di diverse discipline sono stati tra gli ultimi a ottenere il via libera per la modifica della nazionalità sportiva. A promuoverli, dopo un accurato iter, il Comitato esecutivo riunitosi a Losanna. Due di loro sono russi: la nuotatrice Anastasiia Kirpichnikova, diventata atleta della Francia, e il lottatore Aleksandr Komarov, ora serbo. In questo modo hanno eluso il veto alla partecipazione olimpica posto alla Russia in conseguenza all’invasione dell’Ucraina. Kirpichnikova, argento nei 1500 stile libero alle spalle della fuoriclasse americana Katie Ledecky, da quasi un anno aveva ottenuto la cittadinanza francese e aspettava con ansia quella sportiva. Komarov, sposato con una serba, è atteso in gara con i nuovi colori nazionali nella categoria 87kg della Greco Romana. Come serbo ha già vinto un oro agli Europei di Bucarest. La lista dei promossi è completata da Chahrazed Ayachi (lotta, dalla Francia alla Tunisia), dalle nuotatrici Lisa Pou (dalla Francia a Monaco) e Levenia Sim (dagli Usa a Singapore) e dalla ginnasta Ingrid Simao Souto Maior (dal Brasile al Portogallo). Sempre quest’anno via libera per un’altra ginnasta Georgia-Rose Brown (dall’Australia alla Nuova Zelanda) e per la ciclista Rachel Neylan (dall’Australia all’Irlanda).
Ai Giochi ci sono storie davvero singolari come quella di Josh Hawkinson, nazionale giapponese di basket che viene da Shoreline, Washington, e non ha alcun legame con il Giappone. Sabato scorso contro la Francia il suo debutto con il team nipponico. Sui social lo paragonano al personaggio interpretato da Tom Cruise nel film “L’ultimo Samurai” e a John Blackthorne, un pilota inglese della serie “Shogun” ambientata nel Giappone feudale. Questo perché nel basket è consentito un giocatore naturalizzato in ogni roster di 12 giocatori. Hawkinson è diventato cittadino naturalizzato l’anno scorso dopo aver giocato dal 2017 nella League giapponese. Una sua scelta: «Mi sono innamorato della cultura giapponese». Sarà.
Nel judo la medaglia d’oro della categoria -57kg è andata a Christa Deguchi, 28 anni, nata e cresciuta a Shiojiri, nella prefettura di Nagano, dove ancora oggi risiede e si allena. Deguchi indossa però i colori del Canada, non quelli del Giappone. Di padre canadese e madre nipponica, nel 2012 viene contattata per rappresentare il Canada, prima di gareggiare per il Giappone, ma rifiutò. Arrivare alle Olimpiadi con il kimono griffato Sol levante per lei sarebbe stata una impresa. Deguchi nel 2017 accetta così di rappresentare il Canada. La sua medaglia d’oro vinta a Parigi è la prima in assoluto del judo canadese alle Olimpiadi. Rilascia interviste in giapponese.
La storia che intreccia passaporti e sport riguarda anche l’Italia. Ed è quella di Andy Diaz e sembra proprio una favola. Arrivato in Italia per sfuggire alla povertà, si è ritrovato prima con lo status di rifugiato e poi con la cittadinanza italiana dal 2023 perché «straniero che abbia reso eminenti servizi all’Italia». I suoi servizi sono quelli di eccellere nel salto triplo. Cubano nato all’Avana, pupillo di Fabrizio Donato, bronzo a Londra 2012, ora gareggia per le Fiamme Gialle. Per partecipare a questi Giochi mancava però l’eleggibilità del Cio. Gli è arrivata quattro giorni fa. Adesso è a Parigi. Un passaporto può davvero cambiare la vita. —