Tuttolibri, 3 agosto 2024
A Malta, la lingua colta era il dialetto siciliano
Confini, incroci: ci sono luoghi in Europa in cui le grandi lingue del continente si toccano e un po’ si mescolano. Un esempio poderoso è quello della dorsale che divide i paesi di lingua romanza (cioè neolatina) da quelli di lingua germanica, che corre lungo la valle del Reno (Belgio, Germania, Francia, Svizzera) e l’arco alpino. Su quella frontiera, fin dal medioevo, da una parte tedesco, neerlandese, lussemburghese, e dall’altra francese, romancio, italiano danno luogo a fenomeni suggestivi di bilinguismo. Più frastagliato è il confine tra aree di lingua romanza e di lingua slava, che corre sulle Alpi ma anche attraverso i Carpazi e lungo il Danubio.
Quanto all’incontro tra lingue e culture romanze da una parte e arabo dall’altra, non si tratta nemmeno di una vera linea di frontiera. Quel confine si materializza in un’isola, Malta, posta sul limite meridionale dell’Europa, ma centro nevralgico di una storia linguistica vivacissima: sono, per essere esatti, i pochi chilometri quadrati di un arcipelago (Malta, Gozo, Comino) posto nel bel mezzo del Mediterraneo.
Malta ha oggi due lingue ufficiali: il maltese e l’inglese. Il primo, lingua propriamente locale, ha una composizione peculiare: la sua base è l’arabo, che fu qui portato da invasori con i quali finisce la preistoria (nel senso di epoca priva di documenti scritti) e inizia la storia documentaria dell’isola, nel pieno Medioevo, a partire dal 1050 circa. Sul fondo arabo, di cui restano ben chiare tutte le strutture della grammatica con la sua impalcatura generale e circa un terzo delle parole del vocabolario (il 32 per cento del lessico maltese è fatto di voci arabe), si eleva una componente poderosa di materiale d’origine latina, transitata perlopiù attraverso il siciliano. Un discorso in maltese è fatto in molti casi d’elementi di raccordo di matrice schiettamente araba, semitica, su cui fiorisce un’intera copertura di termini propriamente romanzi, siculi, riconoscibili a tutti i livelli, e vistosissimi nel lessico. Arabo popolato di latino, per tramite siciliano: una lingua in cui fede si dice fidi, legge si dice li?i e buongiorno si dice bon?u, ma latte si dice ?alib e casa si dice dar.
Parlato dal 97 per cento della popolazione (circa mezzo milione di persone) di questo stato dell’Unione europea (il Partito Laburista e quello Nazionalista si spartiscono sei seggi a Strasburgo, e il secondo ne ha appena strappato uno al primo), il maltese è un laboratorio linguistico, laboratorio di ibridazione che accosta e incrocia le sue lingue, tanto che in molti casi singole voci del parlare quotidiano dispongono di almeno due sinonimi: uno romanzo (di solito siciliano) e uno arabo. Così, vari oggetti o concetti possono essere indicati con termini arabi o latini (battaglia si può dire taqbida o battalja, stella si dice stilla ma anche kewkba, e così via).
La seconda lingua di Malta per molti aspetti oggi è la prima. L’inglese, lingua coufficiale ma non colonialisticamente opprimente, è gestita con naturalezza dalla popolazione, e almeno in teoria deve proprio a Malta (e all’Irlanda) la permanenza tra le lingue ufficiali dell’Unione dopo Brexit. Per combinazione, l’inglese ha un assetto simile al maltese, essendo una lingua a base germanica ma sovrassatura d’elementi latini, o meglio romanzi (mediati in quel caso dal francese): ciò che spesso gli anglofoni o anglofili di tutto il mondo ignorano.
Malta è insomma un caso linguistico e culturale peculiare, completamente diverso da situazioni in apparenza simili di altri paesi d’Europa: molto spazio resta qui alle lingue che fanno da basso continuo nella polifonia di quest’isola meravigliosa. Il siciliano, certo, ma anche l’italiano, che sull’isola è stato per secoli lingua di tutte le persone colte, anche dopo l’inizio della dominazione inglese (1798), e a dispetto dei tentativi britannici di limitarne la diffusione e l’impiego (specie durante il periodo fascista): tentativi infrantisi, alla fine del secolo scorso, contro il travolgente successo popolare dei canali televisivi italiani, che anche qui hanno assicurato gradimento e diffusione alla lingua standard della vicina penisola. Le scritte in italiano a Malta non sono solo insegne di negozi, come in tutto il mondo: sono anche lapidi incise nel marmo, da secoli. E l’italiano qui è di casa dai tempi dei Cavalieri che si stabilirono sull’isola nel 1530, e – pur distinti in sette, poi otto lingue, che in realtà ne individuavano la provenienza: Provenza, Alvernia, Francia, Italia, Aragona, Castiglia, Inghilterra e Alemagna – presto adottarono appunto il toscano, screziato di elementi di varia origine, per i testi di leggi e regolamenti.
Per secoli bastione della cristianità europea in faccia all’Impero ottomano, oggi Malta è avamposto di un’Europa talvolta esitante, talora eroica, spesso contraddittoria. Quella di Daphne Caruana Galizia, la battagliera giornalista anti-corruzione uccisa sette anni fa, e della presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola: forse le due maltesi più famose dei nostri giorni. —