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 2024  agosto 03 Sabato calendario

Nadia Terranova ha messo la cucina nel centro della casa. Intervista

Nadia Terranova ha lasciato da poco la sua piccola e storica casa al Pigneto per un appartamento più grande dove vive con il compagno, la figlia di due anni, Luna, e le gatte Venere e Aida. È qui che scrive i suoi romanzi, i suoi articoli, i suoi libri per bambini. L’ultimo, illustrato da Mara Cerri, si intitola Nina, pubblicato da Orecchio Acerbo. Ma è qui, pure, che fa il pane. Perché Terranova è una di quelle persone che per far lavorare la mente, ha bisogno di lavorare con le mani.
Dunque la cucina le è necessaria. Questa volta se l’è scelta, come si sceglie l’amore. Che posto è per lei la cucina e che spazio occupa nella sua casa?
«Ho voluto una cucina non separata dal resto della casa ma proprio in mezzo, nell’ingresso-soggiorno dove mangiamo, parliamo, leggiamo, guardiamo la televisione e io lavoro. Volevo che il rapporto con il cibo, sia prepararlo sia consumarlo, fosse sempre giocoso e comunitario per nostra figlia. Facciamo il pane insieme e ci arrampichiamo sugli sgabelli per mescolare gli impasti delle torte, è una cosa che ho sempre fatto con mia mamma, piano piano passerò a lei il nostro vecchio ricettario. Sulla cucina in mezzo alla casa, c’era chi si preoccupava: e gli odori? Ma io amo gli odori del buon cucinato, del caffè, del pane. Poi se non piacciono basta un po’ di incenso e passa tutto».
Le case scandiscono la nostra esistenza. Più che cambiarle dentro, preferiamo cambiarle del tutto. Lei ha lasciato la vecchia casa come si lascia una vecchia vita. Ma cosa si è portata dietro da quella casa, da quella parte di vita?
«L’amore. Io del passato voglio tenere quello, quanto amore c’è stato anche nei luoghi e quindi anche e soprattutto nelle case. Invece in senso più materiale: la mia inseparabile poltrona viola, quella dove ho scritto quasi tutti i miei libri e che adesso uso più che altro per leggere. Una serigrafia di Piero Guccione, pittore amatissimo, che mostra l’orizzonte sul mare siciliano».
Abitare in un luogo che ci assomiglia ha a che fare con la felicità. Questa è la casa che ha sempre desiderato?
«Sicuramente si avvicina tanto, l’abbiamo scelta per sentimento, la volevamo luminosa e nel quartiere dove entrambi ci sentiamo a casa, l’abbiamo ristrutturata quando aspettavamo Luna e abbiamo giocato a proiettare i nostri desideri, aggiustandoli con la realtà di possibilità economiche limitate. È stato tutto nuovo e anche un po’ vertiginoso».
Le case funzionali di solito devono sacrificare un po’ di bellezza, al contrario quelle belle non riescono a essere molto funzionali. Per far coesistere i due aspetti bisogna avere abbastanza soldi e molto tempo da dedicare. Quando lei sceglie un arredo, in base a cosa compie quella scelta, spinta da quale bisogno?
«Io sono del Capricorno e ho la luna in Vergine, come lei sa meglio di me ho la tendenza a pensare in termini di organizzazione, anche perché abbiamo cinquemila (letteralmente) volumi, organizzati da una bravissima archivista, quindi la prima domanda è stata: come li sistemiamo? Dopodiché mi concedo le mie follie, tipo un lampadario composto dai rami di un albero o la scatola in latta di un panettone dove ho piantato un arbusto».
Scrivere in casa è comodo, ma pieno di insidie. Lei ha un luogo dove scrivere, una stanza tutta per sé?
«Non ho voluto lo studio, mi mette un’ansia pazzesca l’idea di dovermi separare dal mondo, riesco a scrivere benissimo con un paio di cuffiette o anche senza, praticamente ovunque. Poi la mattina mia figlia è a scuola, il mio compagno al lavoro: il tavolo in soggiorno, con la cucina a portata di mano e il balcone aperto sui colli va benissimo. Mi piace che la vita disturbi quello che scrivo, rendendolo meno asfittico».
Le case con i bambini non sono case qualunque, ma si devono adattare a un piccolo corpo, a grandi necessità. Che ambiente ha creato per Luna? E Luna che abitante è?
«Abbiamo voluto una stanza grande e luminosa, completamente arredata con mobili ad altezza di bambina. Non c’è niente che Luna non possa fare da sola, anche se ha due anni e mezzo: il letto ha le doghe a terra, l’armadio è alto un metro così come lo specchio, il tavolo e le sedie sono uguali a quelli che ha all’asilo. Tutta la casa è in sicurezza, ma la sua stanza è proprio sua e lei lo sente, aveva poco più di un anno quando ci siamo trasferiti e nella casa precedente non aveva uno spazio per sé, ci chiedevamo: lo capirà? Il primo giorno, ancora non camminava, ha gattonato fino alla sua camera e non si è più mossa. Ah, c’è anche una tenda da circo, la cui storia è finita nel mio prossimo romanzo. È presto per parlarne, ma ogni volta che mi ci infilo insieme alla bambina provo un misto di euforia, tenerezza e malinconia». —