Corriere della Sera, 3 agosto 2024
Dario Pallotta, il dirigente di banca che salvò una decina di persone dalle macerie del terremoto dell’Aquila, ha salvato un uomo dall’annegamento
«L’avevo notato già dal lungomare mentre stavo raggiungendo il lido, per la pausa pranzo. Mi era parso in una posizione pericolosa, al largo, piuttosto lontano dalla riva. Il mare era molto mosso. Poco dopo, mentre ero seduto a un tavolo della sala ristorante, ho sentito il fischio del bagnino. Ho capito subito che l’allarme riguardava quello sconosciuto e mi sono buttato in acqua».
Dario Pallotta, 38 anni, di Avezzano, avvocato e dirigente di banca, si direbbe uno abituato a sfidare il pericolo. Già il 6 aprile 2009 – la data del terremoto che sconvolse l’Abruzzo – all’Aquila, tirò fuori dalle macerie una decina di persone. Quello di lunedì scorso a Termoli (provincia di Campobasso) è stato il suo secondo intervento prodigioso, con una «sgroppata» (un po’ di corsa e un po’ a stile libero) tra il lido e i cavalloni considerata del tutto normale da questo marcantonio di 190 centimetri che, tra l’altro, gioca come «ala» nell’Avezzano rugby.
Dunque, Dario, racconti il seguito.
«Dopo averlo individuato tra le onde, sono riuscito ad afferrare quel signore sui cinquant’anni, trascinandolo a riva. Nel frattempo, a darmi manforte erano arrivati in mare anche i bay watcher dei lidi La perla e Mistral. Rientrare non è stato semplice, c’era un fortissimo risucchio. Bracciata dopo bracciata, m’è sembrata un’eternità».
Lei però è in forma...
«Ogni mattina, dopo la sveglia alle 5.30, faccio un’ora di nuoto in mare. Poi ci sono le otto, dieci ore di lavoro in banca e, tre o quattro volte a settimana, gli allenamenti con l’Avezzano. Sono stato anche nella massima serie con L’Aquila».
A proposito: racconti dov’era alle 3.32 del 6 aprile 2009.
«Proprio a casa, all’Aquila. Eravamo tornati da una trasferta vittoriosa in Sardegna e la sera avevamo fatto baldoria con la squadra».
Degli istanti del terremoto, cosa ricorda?
«La violenza della terra, la consapevolezza fulminea di essere nulla rispetto alla forza della natura. Difficile spiegarlo, ma se sopravvivi a quell’incubo, il resto viene facile».
Vada avanti...
«La mia casa crollò per metà, misi il naso nell’androne e vidi che la tromba delle scale non c’era più. Sentii delle urla, ma era un’alluvione per via dei tubi dell’acqua spaccati. Scorsi due figure, uno era un uomo sotto a una pietra e a un groviglio di ferraglia, sollevai tutto mentre le scosse si susseguivano. Poi, non so come, riuscii a caricarmi sulle spalle sua moglie, un’anziana con la bombola d’ossigeno indispensabile per la respirazione, e portai in salvo anche lei».
Dario non lo racconta, ma fece avanti e indietro tra il caseggiato pericolante e l’esterno almeno una decina di volte, portando al sicuro anche dei bimbi. Nel ricordarglielo s’emoziona.
«Fu terribile, ma in quei momenti non pensi e credo d’aver fatto quello che avrebbero fatto tutti. Perché è naturale farlo. Però fui felice quando tre anni dopo il presidente Giorgio Napolitano mi consegnò una medaglia di bronzo al valor civile».
Anche il governatore Marsilio l’ha ringraziata per il soccorso di lunedì scorso. E a proposito: ma di quel signore che ha riportato a riva cosa sa?
«Poco o nulla. Mi ha abbracciato, si è scusato con me perché era stato incauto nell’entrare in mare. Senonché sono stato costretto a salutarlo lì in spiaggia. Erano le tre del pomeriggio e sono dovuto correre via per un appuntamento di lavoro».