La Lettura, 3 agosto 2024
Jim Baggott e John L. Heilbron ricostruiscono le vicende della discussione tra Niels Bohr e Albert Einstein sulla fisica dei quanti. Un contrasto che ha consentito di aprire nuove vie
«Al successivo incontro con Einstein», ricorderà il grande scienziato danese Niels Bohr molti anni più tardi, riferendosi al sesto Convegno Solvay, svoltosi a Bruxelles nel 1930, «le nostre discussioni presero una piega alquanto drammatica»: l’ultimo libro di John L. Heilbron e di Jim Baggott, Quantum Drama (Oxford University Press), prende il titolo da queste parole per ricostruire in modo avvincente e non banale il dibattito sulla natura della fisica dei quanti che ha visto su posizioni contrapposte due fra le menti più brillanti del Novecento.Lo «scontro» – filosofico, prima che scientifico – tra Einstein e Bohr riguarda la natura stessa della teoria fisica più potente e di maggiore successo di cui oggi disponiamo. Il problema è se alcuni fenomeni tipicamente quantistici che appaiono assurdi e inaccettabili agli occhi di un fisico classico (quali il dualismo onda/particella, o l’entanglement), rientrino o meno legittimamente nell’ambito della teoria.
Un precedente celebre è costituito dalla contrapposizione fra cartesiani e newtoniani circa l’ammissibilità, in fisica, dell’azione a distanza: i primi lo ritenevano un concetto «occulto», e dunque da respingere; i secondi, di fronte all’apparente impossibilità di spiegare la gravità, preferivano accettarla senza prendere posizione sulla sua natura (hypotheses non fingo). Il disagio provato da molti di fronte al ricorso a forze non meccaniche e non locali si è dimostrato tuttavia estremamente fecondo, e alla fine ha condotto a teorie di campo che presentavano caratteristiche di entrambi gli schieramenti.
Allo stesso modo, le «assurdità» – o, come Bohr preferiva chiamarle, le «irrazionalità» – abbondavano nelle fasi di sviluppo della meccanica quantistica e, per molti fisici (compresi gli stessi Einstein e Bohr), nella teoria risultante, e hanno finito per aprire la strada a nuove e importanti acquisizioni teoriche.
Nonostante una consolidata tradizione storica, passata e recente – basata, in buona parte, sul resoconto offerto dallo stesso Bohr nel 1949, nel suo contributo al volume Albert Einstein Philosopher-Scientist, curato da Paul Arthur Schilpp – presenti la posizione sostenuta dal fisico danese come quella risultata vincente, la questione alla radice del loro confronto ha accompagnato entrambi gli scienziati fino alla fine dei loro giorni, né è stata mai risolta successivamente. Come nel caso di quello che ha separato cartesiani e newtoniani, il loro disaccordo ha dato vita a scontri spesso aspri, rivelatisi poi estremamente fruttuosi. Considerato «filosofico» (e quindi irrilevante) da molti fisici, il dibattito tra Einstein e Bohr non ha portato a evidenze sperimentali decisive per una parte o per l’altra, ma il loro modo di affrontare il tema ha dato vita a una serie di straordinarie scoperte sperimentali, in ambiti come la crittografia quantistica, il teletrasporto e l’informatica quantistica. Il «dramma», in altre parole, non ha ancora trovato il suo ultimo atto – né, forse, lo troverà mai: incertezza e instabilità, d’altra parte, sono le condizioni stesse della vita.