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 2024  agosto 02 Venerdì calendario

Intervista a Federica Pellegrini


Il caso PilatoQuando parte la finale dei 200 stile libero a Parigi un pensiero attraversa l’immaginazione di Federica Pellegrini: «Forse dovevo rientrare. Alla Phelps…», poi lo sguardo si sposta dalla corsia alle ginocchia dove c’è la figlia Matilde, nata in gennaio e l’idea si spegne lì. Fine dell’unico secondo nostalgico in una Olimpiade molto impegnativa, da membro del comitato olimpico, in quota atleti.Che cosa pensa del caso sollevato dall’incontro di boxe tra l’azzurra Carini e l’algerina Khelif?«Tema ultradelicato. L’algerina è nata con un tasso di testosterone più alto della media ed è come le persone che hanno un ematocrito alto di natura, magari sfiorano il doping e allora l’unica regola possibile resta che quando rientrano nei parametri fissati dalla scienza possono competere».Molte atlete ed ex atlete sono insorte.«Io sono inclusiva sempre e a prescindere, nello sport però esiste la fisiologia ovvero il come ci presentiamo non il come siamo o come ci sentiamo ed esistono delle regole. Siamo tutti socialmente aperti e io sono felice se una persona trans decide di cambiare genere perché significa che ha trovato il proprio benessere, ma poi non credo che sia lecito vedere chi decide per una transizione da uomo o donna rientrare nella categoria sportiva femminile. I tempi di un effettivo cambio ormonale e di forza e di potenza sono troppo lunghi e non sono compatibili con la competizione. Per tropo tempo non ci sarebbe equità, ma Khelif non appartiene a questa categoria, ha sempre gareggiato. Non c’è tema di protesta».Carini ha detto non è giusto sul ring.«Le ho parlato la sera prima del combattimento. Le ho detto: “Mi spiace tu sia costretta a gareggiare nel caos”. Lei era motivata, ripeteva “sono pronta, ce la metto tutta”. È un’atleta, reagisce in questa modalità, ma Angela non poteva essere serena, non era nelle condizioni per concentrarsi sulla sua boxe. Così come l’avversaria, che si è ritrovata definita in qualsiasi modo. La caccia alla streghe non si sopporta e mi fa vomitare».L’italiana sostiene di non aver mai ricevuto pugni così forti.«Esistono le caratteristiche di base, ci sono tanti avversari ingiocabili, al meno in un dato momento. Se mi fossi mai tuffata contro Katie Ledecky nei 1500 metri avrei perso prima di iniziare e non ci avrei magari provato perché in quella distanza è infinitamente più forte di me. Detto ciò ognuno ha diritto di decidere quale è il limite per sé e l’azzurra non è da criticare perché si è ritirata».Altro sport e altro problema etico. Il risultatismo denunciato da Benedetta Pilato.«Questa però è diventata una bella storia, ne nasce un messaggio bello e un’attenzione diversa. Non si può essere felici solo se si vince e neanche bacchettare per un risultato magari non celebrato: ognuno valuta in soggettiva, dipende dalla storia, dal punto in cui stai. Io ai Mondiali del 2005 sono andata per vincere, ho preso l’argento e ho pianto. Non lo volevo».Carattere o condizionamento al successo a tutti i costi?«Sono felice che questa generazione abbia spostato lo sguardo, preteso di poterci provare senza la paura di fallire e di gioire per una soddisfazione personale, negarla è violenza. Ora anche chi racconta e intervista gli atleti deve almeno capire l’approccio».Ha mangiato alla mensa del Villaggio?«Sì, c’è poca varietà, scelta contro gli sprechi. E anche sugli spazi, sono piccoli e si forma la coda, lo so. Hanno protestato in tanti e certi non mangiano lì».Non solo, in generale sembra che Parigi abbia scelto di esaltare sé senza considerare troppo gli atleti.«Parigi? Le Olimpiadi rispondono sempre alle esigenze della politica e noi siamo esclusi, estraniati. Da nuotatrice so bene che cosa può voler dire svegliarsi il giorno in cui devi dare il meglio e non conoscere le condizioni di gara. La Senna, il bacino, oggi o domani».Adesso lei è in commissione atleti, ha un ruolo politico.«Noi possiamo far notare delle problematiche, non decidere. Per esempio la questione aria condizionata è stata fatta presente, ma Parigi si presenta come la Olimpiade più ecosostenibile di sempre… ci vuole un compromesso, un equilibrio tra la sacrosanta ambizione a ridurre l’inquinamento e l’esigenza di dormire».La nazionale del nuoto la soddisfa?«Due ori non sono banali e la staffetta veloce che si conferma a podi. Siamo strutturati, preparati e sappiamo emozionare. Martinenghi con una prova bella e inaspettata, Ceccon nei 100 dorso da brividi».È davvero un campione fuori dal comune?«È poliedrico, un talento fatto per nuotare. Quando fai sembrare facili le cose complicate vuol dire che sei un fuoriclasse».Oltre agli italiani chi l’ha trascinata?«Leon Marchand. Fino al successo dei 400 misti va bene, poi due ori in un’ora, 200 farfalla e rana combinazione mai provata, esci dal nuoto conosciuto».Ha visto la cerimonia di apertura?«Per due ore sotto la pioggia, con le mantelline, poi c’era la bambina e non ce la faceva più».Quindi si è persa l’ultima cena queer?«Ho letto le polemiche, che non capisco: queste cose non mi turbano mai, anzi, mi fanno pensare che andiamo avanti».Quando sarà più grande racconterà a sua figlia di averla portata a vedere…«Nadal e Djokovic al Roland Garros e il beach volley sotto la torre Eiffel. Soprattutto le dirò di averle mostrato un pezzo di cuore della sua mamma». —