Corriere della Sera, 1 agosto 2024
Intervista a Giuseppe Conte
Giuseppe Conte, freudianamente parlando per i 5 Stelle è giunta l’ora di «disfarsi» del padre Grillo?
«Non è questo il tema».
E allora qual è il tema? Il fondatore va da una parte e lei, con buona parte del Movimento, dall’altra. Il vostro scambio epistolare è cristallino.
«Con Grillo abbiamo visioni diverse sullo svolgimento dell’assemblea costituente, ma ora dobbiamo concentrarci su questo processo. È arrivata l’ora di rilanciare la nostra azione politica, di reagire a un contesto di disimpegno e di disaffezione dei cittadini. Tutto ciò non si può fermare».
Ossia neppure Grillo può fermarlo. Con il garante vi siete più sentiti o visti dopo l’uno-due sul sito del Movimento? O avete in programma di farlo prima dell’assemblea costituente?
«No, non ci siamo né visti né sentiti. Ma non ho alcun problema a farlo».
Marco Travaglio, direttore del «Fatto quotidiano», giornale molto attento alle vostre dinamiche, ha attribuito la sortita del garante, stigmatizzandola, a un «fatto caratteriale, psicologico, umorale». Concorda?
«Non voglio ridurre la questione a un fatto personalistico».
Appartiene a Grillo il logo del M5S?
«No, appartiene all’associazione Movimento 5 Stelle».
Rispondendo alla lettera del fondatore, lei ha respinto la proposta di incontri «del gruppo ristretto» per predefinire i temi di cui discuterete. Ma non è quello che avete sempre fatto all’hotel Forum a Roma?
«Non bisogna fare confusione. Grillo lo incontravo e continuerò a farlo. Ma sarebbe sbagliato se i quesiti di cui parleremo in assemblea venissero predeterminati da noi con lui. Non saremo a noi a decidere».
E chi li deciderà quindi?
«I cittadini, in un processo che si svolgerà in tre fasi».
Si riferisce agli iscritti al Movimento?
«Iscritti e non iscritti, via web, inoltreranno i loro progetti, le possibili modifiche del regolamento. Poi approfondiranno le proposte 300 delegati rappresentativi della nostra comunità. Saranno estratti a sorte tra gli iscritti, così da massimizzare la diversità di posizioni, e affiancati da mediatori imparziali della società Avventura urbana. Ascolteremo anche giovani minorenni, a partire dai 14 anni. Infine sarà tutto messo ai voti in una assemblea di due giorni a cui parteciperanno gli iscritti e gli eletti del Movimento».
È quella che lei ha definito democrazia partecipativa. Si può affermare che la tanto sbandierata democrazia diretta delle origini si è rivelata un clamoroso buco nell’acqua?
«No. Rispetto a partiti strutturati con correnti che nei fatti si rivelano strutture di potere il nostro è stato un metodo innovativo. Ma il Movimento è tale perché è in continua evoluzione. Adesso bisogna andare oltre la democrazia diretta: per coinvolgere i cittadini non basta più chiamarli a votare su un quesito predisposto dall’alto, serve farli partecipare anche nella fase della proposta e della discussione».
Comunque i numeri della partecipazione, quando mettevate ai voti le vostre proposte, a volte erano imbarazzanti.
«Per questo apriamo a un coinvolgimento più intenso e apriamo anche ai non iscritti e ai minorenni, per questo vogliamo la democrazia partecipativa. L’astensionismo e il calo di partecipazione ha avuto un impatto su tutta la società. E quindi anche su di noi».
Cambierete nome?
No a personalismi
No a vecchi schemi,
non esiste un fatto personalistico, ma
continueremo a vederci Adesso una nuova fase partecipativa
«Decideranno i cittadini che parteciperanno al nostro processo se questo è un tema da mettere sul tavolo».
Quindi non lo esclude?
«Non dipende da me, ma dalla nostra comunità. Non ci sarà alcuna intermediazione politica da parte mia e dell’attuale vertice politico. Non sarò io a indirizzare questa rifondazione decidendo di che cosa si deve o non si deve discutere. Si deve svolgere tutto senza indebiti condizionamenti dall’esterno. Quindi sì, se la questione sarà posta la voteremo».
E la revoca del tetto ai due mandati?
«Idem».
Lei parla di democrazia partecipativa, ma c’è chi la critica per non aver messo ai voti l’adesione al gruppo di Left a Strasburgo.
«È una prova di sei mesi. Si potrà discutere anche di questo nella Costituente».
Presidente Conte, il M5S ha governato con Salvini, con il Pd, con Draghi. Vi fermerete a sinistra?
«Il nostro obiettivo è mandare a casa questo governo disastroso e portare avanti un progetto politico di grande qualità sia per contenuti sia per alleanze».
Però non mi ha risposto.
«Diciamo che siamo al centro dello schieramento progressista. Nel senso che siamo centrali».
Al centro del campo largo con cui andrete in Emilia-Romagna, Umbria e vedremo Liguria. Con Renzi quindi tutto ok. L’ha stupita la sua apertura?
«Di Renzi ormai non mi stupisce nulla».
Allora tutto bene, vi alleerete.
«Per battere Meloni servono progetti seri e compagni di viaggio affidabili. Per noi è imprescindibile l’etica pubblica, che rimarrà sempre al centro al centro della nostra azione politica. Possiamo progettare solo con chi nei fatti e nei comportamenti dimostra di condividere questo principio».
E con il Pd invece? Potrete andare d’accordo nonostante le differenze, importanti, sulla politica estera?
«Il Pd si vanta di essere un partito plurale perché contiene tante sensibilità, ma sulla politica estera dovrà chiarire bene la sua linea perché le sfide da affrontare sono essenziali e richiedono lungimiranza e fermezza».
La premier Giorgia Meloni è andata in Cina dopo essere uscita dalla Via della Seta. Quel memorandum l’aveva firmato il suo governo nel 2019. Pentito?
«Meloni è dovuta andare in Cina per ricucire uno strappo che lei stessa ha prodotto. Tutta la politica estera del governo, dal piano Mattei alla governance europea, si sta rivelando fallimentare e temo davvero che questo governo difficilmente riuscirà a tutelare i nostri interessi nazionali».
Alle elezioni americane ora è in campo Kamala Harris. Elly Schlein è schierata con la vicepresidente e Matteo Salvini con Trump. Lei?
«Io penso che sia se vince Trump sia se vince Harris l’Italia dovrà portare avanti il suo tradizionale dialogo con gli Usa».