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 2024  agosto 01 Giovedì calendario

Intervista a Toti



AMEGLIA (La Spezia) A Giovanni Toti è stata appena notificata la revoca degli arresti domiciliari che ha trascorso nella villetta familiare di Ameglia. Il suo cellulare squilla in continuazione. 
Come sono stati questi tre mesi? 
«Non voglio drammatizzare oltre misura, non è lo Spielberg e io non sono Silvio Pellico. Il posto è gradevole, la famiglia mi ha coccolato, ma ritengo francamente che le accuse, la tempistica, la dinamica e la carcerazione siano state un eccesso». 
Chi l’ha chiamata? 
«Il presidente Mediaset Fedele Confalonieri. Ho parlato con tanti, Crosetto, Donzelli, Lupi. C’è un lungo elenco». 
E Salvini? 
«Certo, e l’ho ringraziato per la sua vicinanza». 
Quando il 7 maggio le hanno notificato i domiciliari cosa ha provato? 
«Ho preso la cosa con la fatalità con cui prendi un incidente. Sai che ti è capitato e cerchi di superarlo». 
E in questi tre mesi? 
«Un profondo senso di ingiustizia e un po’ di impotenza, anche quella di un sistema politico che si è fatto mettere molto in subordine dal sistema giudiziario». 
Non sarebbe stato meglio che con Aldo Spinelli avesse un rapporto meno familiare di quello che emerge dall’ inchiesta? 
«Le intercettazioni dimostrano solo un pezzettino della scena. Ho trovato uno spaccato della mia vita costruito, montato, indirizzato e analizzato sul rapporto con un’unica persona, ma il trattamento che Spinelli ha avuto da me è stato lo stesso di tutti gli imprenditori della Liguria ai quali abbiamo sempre dato attenzione perché crediamo nell’impresa, che poi finanziassero i miei comitati oppure no, non aveva importanza». 
Ha molto colpito che andasse a trovare Spinelli in barca. Lo faceva con tutti? 
«Questo fa parte del moralismo di certa politica italiana che frequenta le barche però punta il dito contro gli altri. Ho incontrato gli imprenditori ovunque». 
Niente moralismi 
Ho preso l’intervento 
dei pm con la fatalità dell’incidente 
Le mie foto in barca con Spinelli? Sono contrario al moralismo 
Ma è accusato di aver favorito solo Spinelli. 
«La narrazione è la seguente: io ho davanti come presidente due imprenditori. Uno è un finanziatore dei miei comitati elettorali da sempre, l’altro non mi ha mai dato un soldo. Entrambi hanno una pratica legittima pendente negli uffici regionali e chiedono un interessamento della politica per un celere disbrigo. Se alzo il telefono e sollecito per il mio finanziatore sono corrotto, se lo faccio per l’altro ho fatto un atto di indirizzo politico. C’è qualcosa che non torna». 
La Procura di Genova, ad esempio, mette il finanziamento in relazione diretta all’intervento per il terminal Rinfuse. 
«Spinelli mi ha finanziato nei sei anni precedenti in cui non risultano interventi e ha continuato dopo. La pratica era legittima ed è stata approvata dall’Autorità portuale comunque». 
Però ci sono anche alcune altre pratiche. 
«Tutti atti legittimi istruiti dagli uffici e approvati da un comitato dell’Autorità sovrano. I finanziamenti sono tracciati. Il resto vuol dire valutare e giudicare la politica». 
Anche soldi legittimi per una pratica legittima, sono corruzione se legati a un accordo. 
«Non c’era alcun accordo, nessun do ut des. Io non ce l’ho con la magistratura, ce l’ho con la politica che ha dato strumenti e leggi che hanno rotto l’equilibrio tra i poteri. Ho un profondo rispetto delle istituzioni e penso che i magistrati facciano il loro dovere. Dopodiché, penso che alcuni interpretino le norme in un modo che non condivido. Io sono convinto di non aver commesso alcun reato, loro pensano il contrario. La politica non si rende conto di aver abbassato talmente tanto le difese immunitarie e che oggi la giustizia si è arrogata una sorta di giudizio morale sulla politica. Vorrei che le forze politiche prendessero spunto da questa vicenda per un ripensamento del sistema politico, delle responsabilità dei politici, degli strumenti di controllo e del finanziamento della politica per tornare a darle almeno la dignità degli altri poteri dello Stato. Io oggi vivo l’espressione più grave di questo conflitto di poteri». 
Cosa ha provato quando il centrosinistra è sceso in piazza per chiederle di dimettersi? 
«Intanto erano poche persone per quattro leader nazionali insieme. Sembrava uno di quei film western dove la folla vuole linciare quello che sta in prigione. Qualcosa di culturalmente, giuridicamente e democraticamente stonato». 
Poi si è dimesso. Scelta politica o strategia nel procedimento? 
«Proseguendo il braccio di ferro con la magistratura di Genova avremmo di fatto paralizzato la presidenza della Regione. Essendo un’inchiesta dai connotati politici molto spiccati è giusto che i cittadini esprimano il loro parere con il voto». 
Ci sarà alle elezioni? 
«Ci sarà una lista civica, con o senza il nome Toti. Io non mi candido». 
La piazza contro 
La manifestazione del centrosinistra? Come uno di quei film dove la folla vuole linciare quello in prigione, qualcosa di culturalmente stonato 
In autunno potrebbe esserci già il processo. 
«Ho un sacco di cose che non ho avuto modo di dire».