Corriere della Sera, 1 agosto 2024
Chi sono i 24 prigionieri scambiati
Agosto 2019, Tiergarten Park: nel cuore di Berlino. Un uomo in bici ne segue un altro e gli spara in pieno giorno con una Glock, di fronte ai bambini che giocano. Arrestato grazie al terrore dei passanti, il killer si identifica come Vadim Sokolov, turista, e nega di aver sparato. Non cede mai, e alla fine la polizia tedesca lo identifica come Vadim Krasikov, agente del servizio russo Fsb (ex Kgb) distaccato all’estero sulle missioni clandestine più sporche. Come quella del Tiergarten, dove aveva «giustiziato» un ceceno. La sua lealtà è stata premiata: Putin lo ha definito «un patriota», e il suo nome ha avuto un peso massimo nelle pragmatiche trattative, concluse ieri, per il più grande scambio di prigionieri tra Russia e Occidente dai tempi della Guerra Fredda.
Quindici detenuti in carceri russe e uno in Bielorussia sono stati rilasciati, in cambio del rimpatrio di otto cittadini russi che erano incarcerati in Germania, Polonia, Norvegia, Slovenia, Stati Uniti. Tra questi Krasikov, alla cui libertà Putin mira da mesi: è ormai noto che fosse previsto uno scambio con Aleksei Navalny, prima della sua morte.
Dall’altra parte, l’altro peso massimo Evan Gershkovich, reporter del Wall Street Journal arrestato da innocente a marzo 2023 per «spionaggio», mentre raccoglieva materiale su una fabbrica di armi vicina a Yekaterinburg.
Gli americani
Ieri Gershkovich, 32 anni, si è visto per la prima volta sorridere, in un video della tv russa, sul volo verso Ankara. Nelle carte che ha compilato – in un russo impeccabile, imparato dai genitori esuli e affinato in prigione – ha aggiunto alla richiesta di grazia una preghiera: intervistare Putin.
Donald Trump si era vantato che se eletto lo avrebbe fatto liberare, aggiungendo che era una questione «di molti soldi». Alla Casa Bianca, ieri, lo ha accolto Biden, artefice dell’accordo che si è chiuso nei giorni in cui le pressioni erano più forti perché lasciasse la campagna. Con lui sono arrivati anche gli altri due cittadini americani rilasciati, il marine Paul Whelan, detenuto dal 2018 per «spionaggio» e condannato a sedici anni di lavori forzati per una chiavetta Usb contenente materiale classificato che si era trovato in mano senza ben capire come. E Alsu Kurmasheva, russa del Tatarstan con cittadinanza americana a cui toccavano sei anni e mezzo di carcere per aver «diffamato l’esercito russo». Giornalista, Kurmasheva lavorava per la testata internazionale Radio Free Europe. Alla Casa Bianca l’ha aspettata tra gli altri sua figlia, che oggi compie 13 anni.
Negli Stati Uniti è volato anche Vladimir Kara-Murza: dopo la morte di Navalny è per molti osservatori il possibile leader di un’opposizione russa, e come Navalny era rientrato in patria nel 2022 sapendo che sarebbe stato arrestato. Oppositore da anni del regime, accusato di alto tradimento e già avvelenato (con danni permanenti al sistema nervoso) era condannato a 25 anni di prigione.
Gli oppositori
Kara-Murza non è il solo dissidente russo scarcerato dal regime. Con lui Ilya Yashin, 41 anni, «allievo» di Navalny e di Boris Nemtsov (oppositore di Putin, ucciso nel 2015). Il diciannovenne russo-tedesco Kevin Lik, incarcerato per aver fotografato siti militari. Le due collaboratrici del Fondo di Navalny Lilia Chanysheva e Ksenia Fadeyeva.
E Oleg Orlov, «grande vecchio» della dissidenza, tra i fondatori della rete di associazioni Memorial che subito dopo la fine dell’Urss si impegnò per documentare la memoria dei gulag, e da allora lotta per i diritti umani e ha meritato nel 2022 il Nobel per la pace. Orlov ha 71 anni, ed è un dissidente da tutta la vita. Al processo per aver «diffamato» l’esercito russo, a febbraio, ha letto un testo di Kafka e rinunciato a difendersi.
I russi e i segnali
Con Krasikov, tornano in Russia altri sette tra hacker, finanzieri e spie. E una famigliola: Artem Dultsev e Anna Dultseva, spie dormienti arrestate in Slovenia, coi loro due figli.
In retrospettiva, molti analisti indicano «segni» della trattativa nelle cronache delle ultime settimane. La grazia inaspettata a Rico Krieger, tedesco arrestato in Bielorussia per terrorismo con un processo di cui si sa assai poco; la scorsa settimana aveva supplicato Lukashenko in tv di rilasciarlo, e il dittatore di Minsk aveva incredibilmente assentito. La rapidità delle sentenze per Gershkovich e Kurbasheva: normalmente i processi politici durano anni, e invece si è giunti subito alle condanne (secondo alcune fonti, senza, non ci sarebbe stata liberazione). La scomparsa «improvvisa» di molti dei detenuti dalle loro celle; l’hanno segnalata i legali di Kara-Murza, ma anche il russo Vadim Konoshchenok, detenuto a Brooklyn per avere esportato in Russia tecnologia militare americana. La sua avvocata è andata a visitarlo pochi giorni fa, ma lui, come Lazzaro, in cella non c’era già più.